Storia della Chiesa
Capitolo 6: Il nostro desiderio e la nostra missione


“Il nostro desiderio e la nostra missione”, capitolo 6 di Santi – La storia della Chiesa di Gesù Cristo negli ultimi giorni, volume 3, Risolutezza, nobiltà e indipendenza, 1893–1955 (2021)

Capitolo 6: “Il nostro desiderio e la nostra missione”

Capitolo 6

Il nostro desiderio e la nostra missione

Immagine
pila di rotoli di carta con delle scritte

Il volto di Hirini Whaanga si illuminò quando un gruppo di santi maori accolsero lui e i suoi compagni di missione nel loro villaggio, Te Horo, nell’Isola del Nord della Nuova Zelanda. I santi maori amavano Hirini come un nonno ed erano fieri del lavoro che svolgeva come missionario a tempo pieno. Ogni qualvolta visitava i loro insediamenti, accoglievano lui e i suoi colleghi con la stessa frase familiare: “Haere mai!”, cioè Entrate!

A Te Horo, alcuni credevano alle voci sui maltrattamenti subiti dalla famiglia Whaanga nello Utah. Alcuni di loro avevano persino sentito dire che Hirini era morto. Smentendo tutte queste dicerie, Hirini chiese: “Vi sembro morto? Vi sembro una persona che viene maltrattata?”1.

I missionari tennero una conferenza di due giorni con i santi provenienti dai dieci rami della zona. Quando fu il suo turno di rivolgersi alla congregazione, Hirini si sentì ispirato a parlare della salvezza dei morti. In seguito, la maggior parte dei santi della congregazione gli diedero i nomi dei loro antenati defunti in modo che lui e la sua famiglia potessero celebrare il lavoro di tempio in loro favore.2

Poco dopo la conferenza, Hirini si recò insieme a Ezra Stevenson, il presidente di missione, e ad altri due missionari in un villaggio remoto chiamato Mangamuka. Alcuni anni prima ai missionari era stato ordinato di andarsene dal villaggio ed erano stati avvertiti di non tornare mai più. Hirini però aveva un parente che viveva lì, così decisero di fargli visita.

I missionari si avvicinarono a Mangamuka con cautela. Quando chiesero di Tipene, il parente di Hirini, fu loro detto di aspettare fuori dal villaggio. Il benvenuto fu decisamente meno amichevole di quello ricevuto in tutti gli altri luoghi visitati nel loro viaggio e Hirini era scoraggiato.

Dopo un po’, Tipene arrivò dal villaggio e abbracciò Hirini piangendo e facendo il rito tangi dei maori per esprimere affetto e rispetto. Consumarono insieme un pasto e Tipene portò i missionari in un’abitazione confortevole. L’atteggiamento nel villaggio si fece più amichevole e gli anziani furono invitati a parlare a coloro che si erano radunati.

Prima di parlare, Ezra rassicurò i suoi ascoltatori di non essere venuto per condannarli, ma per invitarli a prendere parte alla verità del suo messaggio. La congregazione ascoltò con interesse e alcuni uomini reagirono positivamente alle sue parole. Anche Hirini parlò, predicando con ardire fino a mezzanotte, quando i suoi colleghi andarono a dormire. Egli poi continuò a parlare fino alle prime ore del mattino.3

Ezra e uno degli altri anziani dovevano partire quella mattina, ma gli abitanti del villaggio invitarono Hirini e l’altro missionario, George Judd, a insegnare loro altre cose. I missionari si fermarono per quattro giorni, tennero cinque riunioni e battezzarono due giovani. Hirini e George poi predicarono in altri villaggi, battezzando altre diciotto persone prima di riunirsi con Ezra alcune settimane dopo.4

Hirini continuò a viaggiare con il presidente di missione, istruendo i santi e raccogliendo le loro genealogie. Spesso, quando ascoltava Hirini predicare, Ezra si meravigliava della capacità del suo amico di coinvolgere gli ascoltatori maori. “Rende una testimonianza possente e fa colpo sulle persone”, scrisse Ezra sul suo diario. “Sa esattamente come risvegliare i sentimenti maori, molto meglio di noi”5.

Nell’aprile del 1899 Hirini fu rilasciato con onore dalla sua missione. In un articolo di giornale che annunciava il suo ritorno a Salt Lake City, venivano lodati i suoi sforzi in Nuova Zelanda. “All’opera in quell’isola lontana è stata dato un grande slancio”, riportava. “In ogni distretto sono state raccolte informazioni genealogiche e la fede e lo zelo dei santi maori sono stati rafforzati e accresciuti”6.


Quella primavera, John Widtsoe studiava chimica all’università di Göttingen, nella Germania centrale. Il suo lavoro presso l’Agricultural College a Logan lo aveva portato a studiare i carboidrati, e a Göttingen poté studiare sotto la guida dello scienziato più esperto in quel campo. Ora gli mancavano solo pochi mesi per completare il dottorato.

John aveva sposato Leah Dunford nel Tempio di Salt Lake il primo giugno 1898, due mesi prima che la coppia si trasferisse in Europa. Prima di partire, John era stato messo a parte come missionario in Europa dallo zio di Leah, Brigham Young jr, e questo lo autorizzava a predicare il Vangelo quando non era occupato a perseguire la sua istruzione. Dal momento che la Germania era rinomata per i suoi conservatori, la sorella diciassettenne di Leah, Emma Lucy Gates, si unì a loro per studiare musica. Dal 2 aprile 1899 John e Leah diventarono anche i fieri genitori di una bambina, Anna Gaarden Widtsoe, chiamata così in onore della madre di John.7

Benché John continuasse a sostenere la madre e il fratello minore, Osborne, che stava svolgendo una missione a Tahiti, John e Leah potevano permettersi di vivere in Europa in parte grazie a una generosa borsa di studio assegnata da Harvard. Göttingen era un’antica città universitaria circondata da colline ricche di alberi e da ettari di terre coltivate. Essendo gli unici santi degli ultimi giorni in città, John, Leah e Lucy tenevano in privato le riunioni sacramentali e lo studio del Vangelo. Occasionalmente, i missionari della Missione tedesca andavano a Göttingen per fare loro visita.8

In Germania, la Chiesa contava circa mille membri. Esistevano traduzioni in tedesco delle opere canoniche ed esisteva anche una pubblicazione bimestrale della Chiesa: Der Stern. Tuttavia, solo cinque santi tedeschi detenevano il Sacerdozio di Melchisedec e la crescita era lenta.9 Molti tedeschi erano scettici nei confronti delle chiese provenienti da terre straniere e spesso i missionari venivano banditi dalle città. A volte i santi dovevano incontrarsi in segreto o sopportare di essere sorvegliati dalla polizia.10

A primavera inoltrata, Lucy partì per studiare al Conservatorio di musica di Berlino. Sua nonna Lucy Bigelow Young arrivò dallo Utah per farle compagnia. Una volta completata la tesi di dottorato, John, Leah e la piccola Anna le raggiunsero a Berlino. John iniziò a studiare per l’esame di dottorato, l’ultimo passo per ottenere il titolo di studio. Fece anche un viaggio di sei settimane in Norvegia e in Danimarca per predicare il Vangelo, fare visita ai parenti e risalire alla sua genealogia.11

Dato che aveva lasciato la Norvegia all’età di undici anni, John era emozionato di ritrovarsi con i parenti. “Ho trascorso dei momenti meravigliosi con i parenti di mia madre”, scrisse a Leah in settembre. “Sono stato accolto come un re e trattato come una persona importante”12.

Quando ritornò in Germania, John si recò di nuovo a Göttingen per affrontare l’esame, mentre Leah e la bambina rimasero a Berlino. I suoi professori sembravano ottimisti in merito alla sua riuscita, ma John temeva di deluderli.

“Ho rimesso la questione nelle mani del Signore”, scrisse a Leah il 20 novembre, il giorno dell’esame. “Se non ci riesco, che Dio me ne scampi, non avrò nulla da rimproverarmi. Il digiuno e le preghiere di voi tutti mi incoraggiano più di quanto io possa esprimere”13.

Arrivato il momento dell’esame, John si presentò davanti a una commissione composta da più di una dozzina di professori, ciascuno pronto a interrogarlo sulla sua ricerca. John fece del suo meglio per rispondere esaurientemente alle loro domande. Due o tre ore dopo, quand’ebbero finito, lo fecero accomodare fuori dalla stanza mentre decidevano il suo destino.

Quella sera, dopo aver concluso il digiuno, Leah ricevette un telegramma da John che leggeva: “Magna per grazia di Dio”. Sapeva esattamente cosa significasse. John aveva superato l’esame e aveva completato il suo dottorato con l’onore accademico magna cum laude.14


Alcune settimane dopo, il 4 dicembre 1899, B. H. Roberts aspettava nervoso a Washington, DC, di fare il giuramento come rappresentante di nuova nomina nel Congresso degli Stati Uniti. Impilati davanti alla sala della Camera dei Rappresentanti c’erano ventotto rotoli di carta, ciascuno del diametro di circa sessanta centimetri. B. H. sapeva che scritti sui rotoli c’erano i nomi di sette milioni di persone che non volevano che lui fosse lì.15

Tre anni dopo aver perso l’elezione del 1895, B. H. si era candidato di nuovo al Congresso, questa volta con il permesso della Prima Presidenza.16 La sua campagna era stata un successo, ma i critici della Chiesa subito avevano sfruttato la vittoria per danneggiare l’immagine emergente dei Santi come persone rispettose della legge, patriottiche e monogame. I ministri protestanti e le organizzazioni femminili erano a capo dell’attacco, avvertendo le persone in ogni dove che B. H., un dirigente della Chiesa poligamo che aveva avuto figli con una moglie plurima dopo l’emanazione del Manifesto, stava andando a Washington per sostenere il matrimonio plurimo, corrompere la morale pubblica e accrescere il potere politico della Chiesa.17

Con il crescere dello sdegno nei confronti dell’elezione di B. H., il direttore di giornale William Randolph Hearst si buttò nella mischia. Ansioso di sfruttare la controversia per aumentare le vendite del suo giornale di New York City, Hearst pubblicò degli articoli pungenti su B. H. e sulla Chiesa, dipingendoli entrambi come una minaccia per i principi morali americani. La petizione con sette milioni di nomi sul pavimento della sala della Camera, infatti, era stata raccolta dal giornale di Hearst per fare pressioni sui legislatori affinché negassero a B. H. il suo seggio al Congresso.18

Poco dopo mezzogiorno, B. H. fu convocato per fare il suo giuramento di fedeltà. Mentre lui avanzava nella sala, un membro del Congresso si alzò e con calma propose una mozione per escludere B. H. dalla Camera a motivo dei suoi matrimoni plurimi. Un altro membro del Congresso sostenne la mozione. “È un poligamo”, disse l’uomo, “e la sua elezione è un attacco alla famiglia americana”19.

Il giorno seguente B. H. cercò di rassicurare i legislatori che non aveva intenzione di sfruttare la sua nuova posizione per difendere il matrimonio plurimo. “Non sono qui per sostenerlo”, disse loro. “Non c’è motivo di perorare quella causa. È una questione chiusa”20.

Non convinta, la Camera scelse una commissione speciale formata da membri del Congresso per rivedere il caso di B. H. e la natura dei suoi matrimoni plurimi. In particolare, erano preoccupati che avesse continuato a vivere e ad avere figli con le sue mogli plurime. Quando la commissione presentò le prove di questi rapporti, B. H. insistette di non aver apertamente trasgredito la legge. Molti santi degli ultimi giorni continuavano a vivere, con discrezione, con le mogli plurime sposate prima del Manifesto e, nel farlo, non ritenevano di violare l’accordo secondo cui da quel momento in poi avrebbero obbedito alle leggi degli Stati Uniti. La commissione, tuttavia, non si trovò d’accordo e il 25 gennaio 1900 la stragrande maggioranza della Camera dei Rappresentanti votò a favore della sua esclusione.21

Il congedo di B. H. dalla Camera dei Rappresentanti occupò le prime pagine dei giornali di tutta la nazione. Nello Utah, la Prima Presidenza ammirò il modo coraggioso in cui B. H. aveva difeso i suoi principi a Washington, ma si rammaricò della reazione negativa che la sua elezione aveva suscitato nei confronti dei Santi degli Ultimi Giorni. La stampa americana guardava di nuovo la Chiesa con occhio critico.22

Benché parte di ciò che i giornali riportavano fosse inaccurato, erano corretti su un punto fondamentale: il matrimonio plurimo esisteva ancora nella Chiesa. E non si trattava solo di uomini e donne che continuavano il loro matrimonio plurimo dopo l’emanazione del Manifesto.23 Avendo vissuto, insegnato e sofferto per il matrimonio plurimo per più di mezzo secolo, molti santi non riuscivano a immaginare un mondo senza di esso. In effetti, alcuni membri dei Dodici — agendo con l’approvazione di George Q. Cannon, Joseph F. Smith o dei loro intermediari — negli otto anni dopo il Manifesto avevano celebrato, senza clamore, nuovi matrimoni plurimi. In quel periodo, anche quattro degli apostoli avevano sposato delle mogli plurime.

I santi che si sposarono dopo l’emanazione del Manifesto lo fecero credendo che il Signore non avesse rinunciato completamente al matrimonio plurimo, ma avesse semplicemente rimosso il mandato divino che i Santi lo sostenessero e difendessero come pratica della Chiesa.24 Inoltre, nel Manifesto, Wilford Woodruff aveva avvisato i Santi di sottomettersi alle leggi contro la poligamia negli Stati Uniti. Tuttavia, nel documento non veniva detto nulla delle leggi del Messico o del Canada. La maggior parte dei nuovi matrimoni plurimi avevano luogo in quelle nazioni e un piccolo numero era stato celebrato negli Stati Uniti.25

Ora, viste le conseguenze negative dell’elezione di B. H. Roberts, i dirigenti della Chiesa iniziarono a rendersi conto dei danni subiti per aver consentito a un santo poligamo di candidarsi a una carica federale. Non volevano che la cosa si ripetesse.26


Nell’aprile del 1900, Zina Presendia Card, la figlia della presidentessa generale della Società di Soccorso, Zina Young, tornò a casa a Cardston, in Canada, dopo aver trascorso diverse settimane a Salt Lake City con la madre di settantanove anni. Durante la sua permanenza, Zina Presendia e sua madre si erano recate nel Palo di Oneida, nell’Idaho meridionale, per parlare a una conferenza della Società di Soccorso.

“Ha sopportato bene il viaggio e ha parlato alle sorelle come un angelo”, riferì Zina Presendia in una lettera alla sorella minore Susa Gates. “Sono molto fiera di lei”.

Eppure, Zina Presendia era preoccupata per l’età avanzata della madre. Cardston distava circa mille e cento chilometri da Salt Lake City. Se la salute di sua madre fosse peggiorata all’improvviso, Zina Presendia non sarebbe riuscita a rivederla prima che morisse.27

A Cardston, Zina Presendia riprese a esercitare le responsabilità di presidentessa della YLMIA del Palo di Alberta. Erano trascorsi quattordici anni da quando il presidente John Taylor aveva chiesto a suo marito, Charles Card, di condurre un gruppo di santi poligami in Canada. Da allora, i santi avevano fondato più di una decina di insediamenti nell’Alberta meridionale. Il Palo di Cardston era stato organizzato nel 1895, con Charles come presidente. Benché l’era della colonizzazione dei santi degli ultimi giorni fosse giunta al termine, nella zona continuavano a insediarsi nuove famiglie e ad aprire nuove attività, contribuendo a consolidare la Chiesa.28 Ora nella zona c’erano molti giovani della Chiesa quasi maggiorenni e Zina Presendia era molto preoccupata per loro.

Cardston era relativamente isolata, ma i suoi giovani non erano immuni ai mali del gioco d’azzardo e dell’abuso di alcolici. Sapeva che in città alcuni adulti stavano dando un cattivo esempio alla generazione più giovane.29

Inoltre, era chiaro che i giovani santi degli ultimi giorni di Cardston e di altre comunità avevano bisogno di ulteriori insegnamenti sulla castità. Prima del Manifesto, le ragazze avevano più opportunità di sposarsi e spesso lo facevano in giovane età. Ora, tuttavia, la nuova generazione tendeva a sposarsi più tardi e alcuni, soprattutto le donne, non si sposavano affatto. Questo significava che c’erano più giovani che dovevano rimanere casti per periodi di tempo più lunghi.30

Zina Presendia affrontò questi problemi all’inizio di maggio, durante una riunione congiunta delle associazioni YLMIA e YMMIA del Rione di Cardston. “Il piacere di un momento spesso porta dolore per tutta la vita”, ammonì i giovani. “Dovremmo ricercare l’umiltà e la carità e fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi”31.

Quella primavera e quell’estate partecipò anche a svariate riunioni della YLMIA del Rione di Cardston. L’associazione si incontrava ogni mercoledì pomeriggio. Mamie Ibey, la presidentessa ventitreenne dell’associazione del rione, spesso dirigeva le riunioni, mentre altre persone tenevano le lezioni. A mesi alterni, le giovani donne tenevano anche una riunione di testimonianza, offrendo ad ogni membro del gruppo la possibilità di rendere testimonianza ai coetanei.32

Per tutto l’anno 1900 il Young Woman’s Journal pubblicò una serie di lezioni in dodici parti dal titolo “Ethics for Young Girls” [etica per ragazze giovani]. Ogni mese veniva pubblicata una nuova lezione, pensata per aiutare le giovani a discernere tra giusto e sbagliato. Tra gli argomenti trattati si annoveravano l’onestà, l’autocontrollo, il coraggio, la castità e la riverenza. Ad ogni lezione seguiva una serie di domande che stimolavano le giovani a rivedere il materiale e a discuterne.33

Zina Presendia credeva che partecipare regolarmente alla MIA avrebbe rafforzato le giovani e avrebbe avuto un effetto positivo sulle loro azioni. Alle riunioni, le giovani venivano incoraggiate a stare lontane dalla mondanità e dall’errore. “Non dovremmo mai vergognarci della verità”, insegnava loro Zina Presendia, “né di far sapere che siamo mormoni”34.

Inoltre, incoraggiava i loro genitori a guidarle lungo il sentiero della rettitudine. All’inizio di quell’anno, mentre facevano visita a un palo nell’Idaho, aveva sentito sua madre ripetere una cosa che Joseph Smith aveva insegnato alla Società di Soccorso a Nauvoo: “Piantate nella mente dei bambini idee buone. Loro notano l’esempio che diamo”. Zina Presendia riteneva che questa verità si applicasse anche a Cardston.

“Dovremmo dare il buon esempio ai nostri figli”, ricordò alle altre dirigenti a luglio, “prendiamoli tra le braccia e amiamoli e insegniamo loro a rifuggire ogni male”35.


Il pomeriggio del 10 dicembre del 1900, George Q. Cannon vide le isole Hawaii per la prima volta dopo la sua missione sul posto a metà del diciannovesimo secolo. A ventitré anni era stato il più giovane dei primi dieci missionari mai inviati dalla Chiesa nelle isole. Ora, come consigliere della Prima Presidenza, vi faceva ritorno per celebrare il cinquantesimo anniversario del loro arrivo e l’inizio della Chiesa alle Hawaii.36

Alcune ore dopo aver intravisto le isole, George e i suoi compagni di viaggio approdarono a Honolulu, sull’isola di Oahu. Passò la notte con i santi hawaiani Abraham e Minerva Fernandez e trascorse il giorno seguente in compagnia di un migliaio di santi in una casa di riunione. Alcuni dei presenti erano stati battezzati da George quando era lì in missione. Altri erano i figli e i nipoti di persone a cui aveva insegnato.37

George si svegliò il mattino successivo, il 12 dicembre, preoccupato di dover parlare agli hawaiani durante la celebrazione dell’anniversario. Quando era un giovane missionario veniva ammirato per la sua abilità nel parlare e nello scrivere in hawaiano. Tuttavia, da quando era tornato a casa l’aveva parlato di rado e ora era preoccupato di deludere i santi per la sua goffaggine con la lingua.38

La celebrazione fu tenuta a Honolulu, in un teatro appena costruito. I dirigenti locali della Chiesa avevano ingaggiato un’eccellente orchestra, due cori da Honolulu e Laie e altri gruppi musicali. In un edificio governativo non lontano, i santi avevano poi preparato uno straordinario banchetto con piatti tipici hawaiani e avevano invitato tutti i membri della comunità a partecipare. A George sembrava che la città intera si fosse unita ai festeggiamenti.39

Quando arrivò il suo momento di parlare, George iniziò il discorso in inglese ricordando i primi giorni della sua missione, quando alcuni dei suoi colleghi avevano abbandonato l’opera e gli abitanti delle isole di lingua inglese non mostravano alcun interesse per il Vangelo. “Fu allora che io protestai”, raccontò George, “e mi dissi determinato a rimanere in queste isole e a lavorare tra il loro popolo”40.

Mentre parlava, George sentì che lo Spirito si posava con potere su di lui. All’improvviso, le parole hawaiane gli tornarono in mente e la sua agitazione svanì mentre iniziava a parlare in quella lingua. I santi hawaiani furono contemporaneamente attoniti e felici. Qualcuno disse: “È meraviglioso che si sia ricordato la nostra lingua per tutti questi lunghi anni!”41.

La commemorazione si protrasse al giorno seguente e George si rivolse nuovamente ai santi con disinvoltura nella loro lingua. “Oggi più che mai percepisco i legami che uniscono il popolo di Dio”, disse loro. “Quando le persone giungono a credere nel Vangelo e scendono nelle acque del battesimo, imparano ad amarsi reciprocamente”42.

George trascorse con i santi delle Hawaii poco più di tre settimane. Mentre si trovava sull’isola di Maui, fece visita alla città di Wailuku, dove aveva avuto successo per la prima volta come missionario. La città era cambiata al punto da essere irriconoscibile, ma trovò facilmente la casa dei suoi amici Jonathan e Kitty Napela, che erano morti decenni prima. I Napela erano come una famiglia per George, e Jonathan aveva tradotto insieme a lui il Libro di Mormon in hawaiano.43

Visitando le isole, George si fece molti nuovi amici, tra cui Tomizo Katsunuma, un uomo giapponese che si era unito alla Chiesa mentre studiava presso l’Agricultural College dello Utah. Incontrò anche santi di vecchia data che, nonostante la loro fedeltà, non avevano mai ricevuto le ordinanze del tempio. Commosso per la loro situazione, li esortò a vivere degnamente per entrare nel tempio e a esercitare la fede che il Signore avrebbe ispirato il Suo profeta a portare loro le benedizioni del tempio.44

Il giorno della partenza di George, centinaia di santi e una banda locale si fecero incontro al suo carro sul molo di Honolulu. Come gesto finale del loro amore, circa venti santi, tra bambini e anziani, si fecero avanti e lo ricoprirono di “lei”, fiori colorati. Poi lui salì a bordo della nave e la banda intonò un pezzo d’addio.

Guardando i santi sul molo, George sapeva che non li avrebbe mai dimenticati. “Aloha nui”, gridarono nella sua direzione, per esprimere il loro amore e salutarlo. “Aloha nui”45.


“Oggi è l’alba di un nuovo secolo per il mondo”.

La voce di LeRoi Snow risuonò nel Tabernacolo di Salt Lake mentre leggeva le parole iniziali di un messaggio che suo padre, Lorenzo Snow, aveva scritto alle nazioni della terra.46

Era l’1 gennaio 1901, il primo giorno del ventesimo secolo. Fuori il freddo era pungente ma, quel mattino, più di quattromila persone avevano lasciato il tepore della propria casa per celebrare l’occasione con una funzione speciale con il profeta, altre autorità generali e il coro del Tabernacolo. Il tabernacolo stesso era stato decorato per l’occasione e appeso alle canne dell’organo c’era un filo di luci elettriche che componeva la parola “Welcome”47 [benvenuti].

Seduto sul pulpito, non lontano da dove si trovava LeRoi, c’era il presidente Snow in persona, con la voce provata da un brutto raffreddore. Insieme agli altri santi presenti nella sala ascoltò con attenzione LeRoi che leggeva il messaggio. Intitolato semplicemente “Saluti al mondo”, rifletteva sulle incredibili scoperte scientifiche e i progressi tecnologici degli ultimi cento anni ed esprimeva l’ottimismo del presidente Snow per il nuovo secolo.

Nel messaggio, il presidente faceva appello ai governanti del mondo affinché rinunciassero alla guerra e ricercassero il “benessere dell’umanità” invece che “l’arricchimento di una razza o l’estensione di un impero”. Egli dichiarò: “Avete nelle vostre mani il potere di preparare la via alla venuta del Re dei re, il cui dominio si estenderà su tutta la terra”. Li esortava a promuovere la pace, a porre fine all’oppressione e a collaborare per porre fine alla povertà e per elevare le masse.

Faceva inoltre appello sia ai ricchi sia ai poveri perché ricercassero modi di vivere migliori e più caritatevoli. “Il giorno della vostra redenzione si avvicina”, disse ai poveri. “Siate previdenti nei tempi di prosperità”. Ai ricchi consigliò di essere generosi: “Aprite i vostri forzieri, allentate le vostre borse e imbarcatevi in imprese che diano lavoro ai disoccupati e allevino la miseria che porta al vizio e al crimine che affliggono le vostre grandi città e che avvelenano l’atmosfera morale attorno a voi”.

Rese testimonianza del Signore e del Suo vangelo restaurato. “Egli compirà per certo la Sua opera”, dichiarò il presidente Snow, “e il ventesimo secolo segnerà la sua avanzata”.

Infine, benedisse le persone del mondo, ovunque si trovassero. “Possa il sole risplendere su di voi dall’alto”, disse. “Possa la luce della verità scacciare l’oscurità dalla vostra anima. Possa la rettitudine crescere e l’iniquità diminuire e gli anni del secolo avanzare. Possa la giustizia trionfare e la corruzione essere eliminata.

Che questi sentimenti, come voce dei ‘mormoni’ tra le montagne dello Utah, possano raggiungere il mondo intero”, dichiarò, “e possano tutti i popoli sapere che il nostro desiderio e la nostra missione sono per la benedizione e la salvezza dell’intera razza umana”48.

  1. George T. Judd, “New Zealand Mission”, Deseret Evening News, 14 gennaio 1899, 15.

  2. George T. Judd, “New Zealand Mission”, Deseret Evening News, 14 gennaio 1899, 15; “Mission Fields”, Deseret Evening News, 7 gennaio 1899, 15; Stevenson, Journal, 29 e 30 ottobre 1898.

  3. Stevenson, Journal, 10 novembre 1898; George T. Judd, “New Zealand Mission”, Deseret Evening News, 14 gennaio 1899, 15.

  4. George T. Judd, “New Zealand Mission”, Deseret Evening News, 14 gennaio 1899, 15; Stevenson, Journal, 25 novembre 1898.

  5. “Maori Chief Returns Home”, Deseret Evening News, 13 maggio 1899, [17]; Ezra T. Stevenson a Wilford Woodruff, 9 giugno 1898, First Presidency Mission Administration Correspondence, CHL; Stevenson, Journal, 5 e 26 marzo 1899.

  6. “Maori Chief Returns Home”, Deseret Evening News, 13 maggio 1899, [17]; Stevenson, Journal, 17 aprile 1899. Argomento: Nuova Zelanda

  7. Widtsoe, In a Sunlit Land, 53–58; “A Union of Art and Science”, Young Woman’s Journal, luglio 1898, 9:332; “In the European Mission”, Deseret Weekly, 17 settembre 1898, 437; Kertz-Welzel, “The Singing Muse?”, 8; Coray, “Emma Lucy Gates (Bowen)”, 4, 12–13; John A. Widtsoe ad Anna Gaarden Widtsoe, 2 aprile 1899; Leah Dunford Widtsoe ad Anna Gaarden Widtsoe, 21 aprile 1899, Widtsoe Family Papers, CHL.

  8. Widtsoe, In a Sunlit Land, 53–55, 63–64, 67; “A Union of Art and Science”, Young Woman’s Journal, luglio 1898, 9:332. Argomento: John e Leah Widtsoe

  9. Statistical Report of the European Mission”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 15 febbraio 1900, 62:103; Arnold H. Schulthess ai presidenti e agli anziani presiedenti della Conferenza, 21 giugno 1899, Arnold H. Schulthess Papers, CHL; Der Stern, Jan. 1, 1898, 1; Scharffs, Mormonism in Germany, 46–51.

  10. Missione svizzero-tedesca, Office Journal, 14 aprile 1899, 4; Peter Loutensock a George Reynolds, 4 marzo 1898; Peter Loutensock a Wilford Woodruff, 24 aprile 1898, First Presidency Mission Administration Correspondence, CHL; Widtsoe, In a Sunlit Land, 67–68; Scharffs, Mormonism in Germany, 46–51. Argomento: Germania

  11. Coray, “Emma Lucy Gates (Bowen)”, 12–13; Leah Dunford Widtsoe ad Anna Gaarden Widtsoe, luglio 1899; John A. Widtsoe a Leah Dunford Widtsoe, 24 agosto 1899; Leah Dunford Widtsoe a John A. Widtsoe, 5–9 settembre 1899, Widtsoe Family Papers, CHL; Leah Dunford Widtsoe to Susa Young Gates, Sept. 10–Oct. 19, 1899, Family Correspondence, Susa Young Gates Papers, CHL.

  12. John A. Widtsoe a Leah Dunford Widtsoe, 16 settembre 1899, Widtsoe Family Papers, CHL.

  13. John A. Widtsoe a Leah Dunford Widtsoe, 20 novembre 1899; Leah Dunford Widtsoe a John A. Widtsoe, [21 novembre 1899], Widtsoe Family Papers, CHL; Widtsoe, In a Sunlit Land, 57.

  14. Widtsoe, In a Sunlit Land, 57; John A. Widtsoe a Leah Dunford Widtsoe, telegramma, 20 novembre 1899; Leah Dunford Widtsoe a John A. Widtsoe, [21 novembre 1899], Widtsoe Family Papers, CHL. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura.

  15. “Objections Made to Mr. Roberts”, Deseret Evening News, 4 dicembre 1899, 1; Roberts, “Life Story of B. H. Roberts”, 418; Brackenridge, “William R. Campbell”, 140.

  16. “Roberts and Baskin Sweep Everything”, Salt Lake Herald, 9 novembre 1898, 1; Francis Marion Lyman, Journal, 4 agosto e 14 settembre 1898; Bitton, Ritualization of Mormon History, 157–159.

  17. “What the Nation Thinks on the Roberts Case”, Salt Lake Tribune, 4 dicembre 1898, 17; “Opposition to Roberts Because He Is a Mormon”, Salt Lake Herald, 13 dicembre 1898, 1; Roberts, “Life Story of B. H. Roberts”, 418; Brackenridge, “William R. Campbell”, 106–115. Argomento: B. H. Roberts

  18. Brackenridge, “William R. Campbell”, 113–119, 137–140; vedere anche, ad esempio, “Roberts’s Election to Congress”, New York Journal and Advertiser, 2 gennaio 1899, 4; “Mormon Apostle Reveals the Truth”, New York Journal and Advertiser, 5 gennaio 1899, 6; e “Crush the Harem”, New York Journal and Advertiser, 27 gennaio 1899, 7.

  19. “Objections Made to Mr. Roberts”, Deseret Evening News, 4 dicembre 1899, 1; Congressional Record [1900], volume 33, 3–5.

  20. Congressional Record [1900], volume 33, 47–49.

  21. “Before the Committee”, Evening Times (Washington, DC), 9 dicembre 1899, 2; “Roberts Excluded”, Evening Times, 26 gennaio 1900, 1; “The Roberts Case”, National Tribune (Washington, DC), 28 dicembre 1899, 2; “Il Manifesto e la fine del matrimonio plurimo”, Argomenti evangelici – Saggi, ChurchofJesusChrist.org/study/manual/gospel-topics-essays; Congressional Record [1900], volume 33, 1075, 1215–1216. Argomento: Istituzioni legali e politiche in America

  22. Joseph F. Smith, Journal, 24 gennaio 1900; George Q. Cannon, Journal, Feb. 6, 1900; Lund, Journal, 28 dicembre 1899; Wells, Diary, volume 24, Nov. 19, 1899; vedere anche, ad esempio, “Roberts Excluded”, Evening Star (Washington, DC), 26 gennaio 1900, 1; “Exclude”, Wichita (KS) Daily Eagle, 26 gennaio 1900, 1; e “Roberts Excluded from the House”, Seattle (WA) Post-Intelligencer, 26 gennaio 1900, 1.

  23. Il Manifesto e la fine del matrimonio plurimo”, Argomenti evangelici – Saggi, ChurchofJesusChrist.org/study/manual/gospel-topics-essays; Hardy, Solemn Covenant, 285.

  24. Cannon, “Beyond the Manifesto”, 30–36; Hardy, Solemn Covenant, 182–188, 206–227, appendix 2; “Il Manifesto e la fine del matrimonio plurimo”, nota 36, Argomenti evangelici – Saggi, ChurchofJesusChrist.org/study/manual/gospel-topics-essays. I quattro apostoli erano John W. Taylor, Abraham H. Cannon, George Teasdale e Matthias F. Cowley. Altri quattro apostoli sposarono nuove mogli plurime tra il 1900 e il 1904: Brigham Young jr, Marriner W. Merrill, Abraham O. Woodruff e Rudger Clawson. Argomento: Matrimonio plurimo dopo il Manifesto

  25. Il Manifesto e la fine del matrimonio plurimo”, Argomenti evangelici – Saggi, ChurchofJesusChrist.org/study/manual/gospel-topics-essays; Cannon, “Beyond the Manifesto”, 30–36; Hardy, Solemn Covenant, 206–232; vedere anche Alexander, Things in Heaven and Earth, 326–328.

  26. Lund, Journal, 28 dicembre 1899; Wells, Diary, volume 24, Nov. 19, 1899; Francis Marion Lyman, Journal, 26 gennaio 1900. Argomento: Neutralità politica

  27. Zina Young Card to Susa Young Gates, Apr. 22, 1900, General Correspondence, Susa Young Gates Papers, CHL; “Logan”, Deseret Evening News, 31 marzo 1900, 7; “Oneida Stake Conference”, Woman’s Exponent, 15 maggio 1900, 28:135–136. Argomento: Zina D. H. Jacobs Young

  28. Santi, volume 2, capitolo 36; Doig e Stone, “The Alberta Settlement”, 58–61, 69–71, 79–85, 99; Sherlock, “Mormon Migration and Settlement after 1875”, 64–65. Argomento: Canada

  29. Cardston Ward, Relief Society Minutes and Records, 5 luglio 1900, 73; 4 ottobre 1900, 87; 3 gennaio 1901, 95.

  30. Daynes, More Wives Than One, 92–94; Daynes, “Single Men in a Polygamous Society”, 90–93.

  31. Cardston Ward, Young Women’s Mutual Improvement Association Minutes, 6 maggio 1900, 372.

  32. Cardston Ward, Young Women’s Mutual Improvement Association Minutes, 6 maggio–26 settembre 1900, 371–385.

  33. Ethics for Young Girls”,Young Woman’s Journal, gennaio – dicembre 1900. Argomento: Periodici della Chiesa

  34. Cardston Ward, Young Women’s Mutual Improvement Association Minutes, 6 maggio 1900, 372; 6 giugno 1900, 377–378. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura.

  35. Oneida Stake Conference”, Woman’s Exponent, 15 maggio 1900, 28:136; Cardston Ward, Relief Society Minutes and Records, 5 luglio 1900, 73.

  36. George Q. Cannon, Journal, Nov. 22 e Dec. 10, 1900; Santi, volume 2, capitoli 9–11. Argomento: Hawaii

  37. George Q. Cannon, Journal, Dec. 10 and 11, 1900; Jan. 5, 1901; Walker, “Abraham Kaleimahoe Fernandez”, [2]; “Pres. Cannon and Party Return”, Deseret Evening News, 16 gennaio 1901, 8.

  38. Santi, volume 2, capitoli 9–11, 3944; George Q. Cannon, Journal, Nov. 22 e Dec. 12, 1900; George Q. Cannon a Lorenzo Snow e Joseph F. Smith, 14 dicembre 1900, First Presidency General Authorities Correspondence, CHL.

  39. George Q. Cannon, Journal, Dec. 12, 1900; Angell, Theaters of Hawai‘i, 16–17; “President Cannon Celebrates Semi-centennial in Hawaii”, Salt Lake Herald, 25 dicembre 1900, 6; “Pres. Cannon and Party Return”, Deseret Evening News, 16 gennaio 1901, 8.

  40. George Q. Cannon a Lorenzo Snow e Joseph F. Smith, 14 dicembre 1900, First Presidency General Authorities Correspondence, CHL; “President Cannon Celebrates Semi-centennial in Hawaii”, Salt Lake Herald, 25 dicembre 1900, 6.

  41. George Q. Cannon, Journal, Dec. 12, 1900; George Q. Cannon a Lorenzo Snow e Joseph F. Smith, 14 dicembre 1900, First Presidency General Authorities Correspondence, CHL; “Pres. Cannon and Party Return”, Deseret Evening News, 16 gennaio 1901, 8. Argomento: Dono delle lingue

  42. “President Cannon Celebrates Semi-centennial in Hawaii”, Salt Lake Herald, 25 dicembre 1900, 6; George Q. Cannon, Journal, Dec. 13, 1900.

  43. George Q. Cannon, Journal, Dec. 28, 1900; “Napela, Jonathan (Ionatana) Hawaii” e “Napela, Kitty Richardson”, Biographical Entries, sito Internet Journal of George Q. Cannon, churchhistorianspress.org; Santi, volume 2, capitoli 10–1131. Argomento: Jonathan Napela

  44. Takagi, Trek East, 19–20; George Q. Cannon, Journal, Dec. 30, 1900 e Jan. 4, 1901.

  45. George Q. Cannon, Journal, Jan. 5, 1901; “Pres. Cannon and Party Return”, Deseret Evening News, 16 gennaio 1901, 8. Argomento: George Q. Cannon

  46. Snow, Greeting to the World by President Lorenzo Snow, [1]; “Special New Century Services”, Deseret Evening News, 1 gennaio 1901, 5.

  47. “Special New Century Services”, Deseret Evening News, 1 gennaio 1901, 5.

  48. “Special New Century Services” e “Greeting to the World”, Deseret Evening News, 1 gennaio 1901, 5; Snow, Greeting to the World by President Lorenzo Snow, [1]–[3].