Storia della Chiesa
9 Secondo i dettami dello Spirito


“Secondo i dettami dello Spirito”, capitolo 9 di Santi – La storia della Chiesa di Gesù Cristo negli Ultimi Giorni, Volume 2, Nessuna mano profana, 1846–1893 (2019)

Capitolo 9: “Secondo i dettami dello Spirito”

Capitolo 9

Secondo i dettami dello Spirito

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due uomini sulla strada di una città europea

Il 6 ottobre 1849, il primo giorno della conferenza autunnale della Chiesa, la Prima Presidenza e il Quorum dei Dodici annunciarono l’impresa missionaria più ambiziosa mai intrapresa dopo la morte di Joseph Smith. “È giunto il tempo”, dichiarò Heber Kimball nel suo discorso di apertura. “Vogliamo che questo popolo sia coinvolto insieme a noi nel portare il regno a tutte le nazioni della terra”1.

Da quando erano arrivati nella valle, i santi avevano usato le loro energie per la colonizzazione e la sopravvivenza. Quell’anno, però, il raccolto fu abbondante e produsse cibo a sufficienza per l’inverno. Dopo che i santi avevano iniziato a trasferirsi fuori dal forte e a costruire delle case in città, i dirigenti della Chiesa li organizzarono in ventitré rioni, ciascuno dei quali era presieduto da un vescovo. Sorsero anche dei nuovi insediamenti nella Valle del Lago Salato e nelle valli a nord e a sud, e molti santi cominciarono a costruire negozi, mulini e fabbriche. Il luogo di raduno stava cominciando a fiorire mentre i santi lo preparavano per accogliere il popolo di Dio.2

I Dodici avrebbero diretto il nuovo sforzo missionario. Quell’anno, Brigham aveva chiamato Charles Rich, Lorenzo Snow, Erastus Snow e Franklin Richards a ricoprire i posti vacanti nel quorum. Ora la Prima Presidenza inviava Charles in California per assistere Amasa Lyman; Lorenzo in Italia, con Joseph Toronto, un santo italiano; Erastus in Danimarca con Peter Hansen, un santo danese; Franklin in Gran Bretagna e l’apostolo veterano John Taylor in Francia.3

Alla conferenza, Heber parlò anche del Fondo perpetuo per l’immigrazione, un nuovo programma pensato per aiutare i santi a tenere fede all’alleanza fatta nel tempio di Nauvoo di aiutare i poveri. Heber disse: “Noi siamo qui e abbiamo la salute e tante cose da bere, da mangiare e da fare”. Eppure molti santi indigenti erano rimasti bloccati negli insediamenti sul fiume Missouri, nelle stazioni dell’Iowa, a Nauvoo e in Gran Bretagna. A volte, quei santi venivano presi dallo sconforto e lasciavano la Chiesa.

“Abbiamo intenzione di adempiere quell’alleanza”, chiese, “oppure no?”4.

In base al nuovo programma, i santi donavano del denaro per aiutare i poveri a raggiungere Sion. Gli emigranti poi ricevevano dei prestiti che li aiutavano a coprire le spese di viaggio, e si impegnavano a restituirli una volta stabilitisi a Sion. Perché il programma funzionasse, ci volevano tuttavia delle donazioni in denaro, ed era qualcosa che pochi santi potevano permettersi in un’economia basata sul baratto. La Prima Presidenza invitò i santi a donare le loro eccedenze al fondo, ma discusse anche la possibilità di inviare dei missionari a cercare l’oro in California.5

Brigham valutò quell’opzione con circospezione. Riteneva che la febbre per l’oro corrompesse e distraesse le brave persone dalla causa di Sion. Eppure l’oro poteva servire a un fine sacro se avesse contribuito a finanziare la Chiesa e l’emigrazione.6 Se avesse chiamato dei missionari ad andare nelle zone auriferee della California, essi avrebbero potuto raccogliere i fondi tanto necessari all’opera di Dio.

Quei missionari avrebbero dovuto essere uomini buoni e retti che non si sarebbero curati dell’oro più di quanto non si preoccupassero della polvere sotto i loro piedi.7


A prima vista, George Q. Cannon non sembrava diverso dai cercatori d’oro che attraversavano la Valle del Lago Salato nel loro viaggio verso la California. Aveva ventidue anni, non era sposato ed era pieno di ambizione giovanile; eppure, non aveva alcun desiderio di lasciare la sua casa. Amava le maestose montagne e la pace che si provava nella valle, e non avrebbe mai perso tempo per andare alla ricerca dell’oro. Per lui ogni minuto era importante. Voleva leggere libri, costruire una casa di mattoni sul suo lotto cittadino e un giorno sposarsi con una giovane donna di nome Elizabeth Hoagland.8

Due anni prima, George ed Elizabeth avevano viaggiato verso ovest nella stessa compagnia. Orfano dall’adolescenza, George era arrivato con gli zii Leonora e John Taylor a preparare una casa per il resto della sua famiglia. I suoi fratelli e le sue sorelle minori sarebbero arrivati nella valle da un giorno all’altro. Erano in viaggio con la sorella maggiore e il cognato, Mary Alice e Charles Lambert, che li avevano accolti quando i loro genitori erano morti. George era impaziente di ricongiungersi con loro.9

Prima dell’arrivo della famiglia di George, però, i dirigenti della Chiesa lo chiamarono in missione a cercare l’oro in California.10 L’incarico fu una sorpresa scioccante, ed Elizabeth non ne fu felice. “Sono stato chiamato solo per un anno”, le disse George, cercando di consolarla. “Avresti preferito che andassi in Francia per tre anni?”.

“Preferirei che tu andassi a salvare le anime invece di trovare l’oro, anche se dovessi stare via più a lungo”, rispose lei11.

George non poteva non essere d’accordo. Da ragazzo, in Inghilterra, aveva ammirato i missionari come suo zio John e Wilford Woodruff, e aveva atteso il giorno in cui avrebbe svolto lui stesso una missione.12 Una chiamata a cercare l’oro non era esattamente ciò che si era immaginato.

Dopo il primo giorno della conferenza di ottobre, George si riunì con i missionari appena chiamati e con altri. Brigham parlò loro a lungo riguardo all’onorare le cose di Dio. “Un uomo deve sempre vivere con l’amore per il sacerdozio nel suo cuore”, insegnò, “e non con l’amore per le cose di questo mondo”13.

Nei giorni che seguirono, George fu impegnato a prepararsi per la missione. L’8 ottobre, John Taylor, Erastus Snow e Franklin Richards lo benedissero affinché prosperasse nella sua missione e fosse un buon esempio per gli altri missionari. Gli promisero che gli angeli avrebbero vegliato su di lui e che sarebbe tornato a casa sano e salvo.14

Tre giorni dopo, con dolore e timore, George lasciò casa sua con gli altri missionari dell’oro. Nella sua vita si era trasferito molte volte, ma non era mai stato lontano da un membro della famiglia per più di uno o due giorni. Non sapeva che cosa aspettarsi.

I missionari dell’oro avevano in programma di incontrarsi con Addison Pratt e Jefferson Hunt e di seguirli in California. Uscendo dalla valle, i missionari si fermarono a una festa in onore degli anziani che erano diretti in Europa. Circa cento santi si erano riuniti per salutarli. Alcuni mangiavano ai tavoli imbanditi con ogni sorta di cibo, mentre altri ballavano sotto un tendone realizzato con le coperture dei carri. Mentre George si avvicinava alla festa, vide il carro di Brigham Young venire verso di lui.

Il carro si fermò, e George scese a stringere la mano di Brigham. Brigham disse che si sarebbe ricordato di George e che avrebbe pregato per lui mentre era via. Grato per le gentili parole del profeta, George apprezzò il buon umore e il cameratismo degli altri santi ancora per una sera. Al mattino, lui e i missionari dell’oro montarono a cavallo e si diressero a sud verso la California.15


Nel marzo del 1850, Mary Ann, moglie di Brigham, fece visita a Louisa Pratt per vedere se aveva bisogno di aiuto da parte della Chiesa. Louisa non seppe cosa rispondere. Gli amici, come Mary Ann, spesso si offrivano di aiutarla o la invitavano a cena, ma senza Addison si sentiva più sola che mai, e nulla sembrava cambiare questa sensazione.

“Desideri andare da tuo marito?”, le chiese Mary Ann.16

Louisa le disse che un amico si era già offerto di accompagnare la sua famiglia in California se la Chiesa avesse mai deciso di mandarla sulle Isole del Pacifico. Confidando questo a Mary Ann, Louisa temette di sembrare troppo desiderosa di partire. Restare a Salt Lake City significava probabilmente essere separata da Addison per altri cinque anni, ma raggiungerlo sulle isole comportava altri rischi. Ellen e Frances sarebbero state presto in età da matrimonio. Era il momento di portarle lontano dalla valle?

Pregava spesso per conoscere la volontà del Signore. Una parte di lei voleva semplicemente che Addison le scrivesse in una lettera di andare. Conoscere la volontà di lui avrebbe facilitato la decisione di Louisa, ma un’altra parte di lei si chiedeva se lui voleva davvero che lo raggiungesse. Egli aveva forse accettato la sua ultima chiamata semplicemente perché voleva andarsene di nuovo?

Un giorno Louisa disse a Willard Richards: “Se io fossi un anziano, non avrei mai acconsentito a rimanere così a lungo lontano dalla mia famiglia”. Ella affermò che avrebbe adempiuto la propria missione il più velocemente possibile per poi tornare a casa. Willard sorrise e non disse nulla, ma Louisa pensò che fosse d’accordo con lei.17

Louisa partecipò alla conferenza la mattina del 7 aprile. George A. Smith parlò per quasi due ore. Quando ebbe finito, Heber Kimball andò al pulpito. “Ecco alcuni anziani incaricati di andare nelle nazioni”, disse. Heber chiamò due uomini a servire nelle Isole del Pacifico, ma non disse nulla di Louisa e delle sue figlie. Poi aggiunse: “Si propone di mandare Thomas Tompkins nelle isole dove sta lavorando il fratello Addison Pratt e di accompagnare dal fratello Pratt la sua famiglia”18.

Louisa fu attraversata da una sensazione indescrivibile, e sentì ben poco del resto della riunione. Dopo la sessione, ella cercò Mary Ann tra la folla e la incoraggiò a chiedere a Brigham di considerare di chiamare anche sua sorella Caroline e suo cognato Jonathan Crosby in missione. Mary Ann acconsentì, e anche i Crosby ricevettero la chiamata il giorno seguente.

Poco prima della partenza, Louisa e le sue figlie fecero visita a Brigham. Lui disse che Louisa era stata chiamata e messa a parte per andare sulle isole e aiutare Addison a insegnare alle persone. Poi la benedisse affinché tutte le sue necessità fossero soddisfatte e perché avesse potere sull’avversario, facesse un buon lavoro e tornasse dalla sua missione in pace.19


Mentre le Pratt e i Crosby partivano per le isole, i nuovi missionari chiamati ad andare in Europa sbarcarono in Inghilterra e gli apostoli fecero un breve giro della Missione Britannica, che includeva i rami del Galles e della Scozia. Nel frattempo, Peter Hansen, il missionario danese trentunenne, era ansioso di proseguire per la Danimarca, nonostante le istruzioni di Erastus Snow di non andarvi fino a quando lui e gli altri missionari scandinavi non lo avessero raggiunto.

Peter rispettava il suo presidente di missione, ma aveva trascorso sette anni lontano dalla sua patria e desiderava grandemente essere il primo missionario a predicarvi il Vangelo. Una nave a vapore diretta a Copenhagen era attraccata in un porto vicino, e Peter decise che non poteva aspettare un momento di più.

L’11 maggio 1850 arrivò nella capitale danese. Camminando per le vie della città, fu felice di essere di nuovo nel suo paese natio. Era tuttavia preoccupato perché lì nessuno godeva della luce del vangelo restaurato. Quando sette anni prima Peter aveva lasciato la Danimarca, la nazione non aveva nessuna legge che proteggesse la libertà di religione e proibiva la predicazione di tutte le dottrine che non fossero quelle della chiesa di stato.20

Da giovane, Peter si era sentito limitato da tali restrizioni e quando venne a sapere che suo fratello negli Stati Uniti si era unito a una nuova fede, aveva fatto di tutto per raggiungerlo. La decisione aveva fatto infuriare suo padre, un uomo severo con rigide credenze. Il giorno della partenza di Peter, suo padre distrusse la sua valigia e ne bruciò il contenuto.

Peter partì lo stesso senza voltarsi indietro. Si trasferì negli Stati Uniti e si unì alla Chiesa. Poi iniziò a tradurre il Libro di Mormon in danese e viaggiò con la compagnia d’avanguardia fin nella Valle del Lago Salato. Nel frattempo, in Danimarca, i legislatori avevano concesso a tutte le chiese il diritto di far conoscere le loro credenze.21

Sperando che la sua opera potesse trarre beneficio da questo nuovo clima di libertà religiosa, Peter cercò i membri delle chiese che condividevano alcune delle credenze dei santi. Parlando con un pastore battista, venne a sapere che, nonostante la nuova legge, la chiesa di stato perseguitava ancora le persone per le loro convinzioni religiose. Peter simpatizzò con i battisti, avendo egli stesso subito negli Stati Uniti delle persecuzioni per le sue credenze. Cominciò subito a predicare il vangelo restaurato al pastore e alla sua congregazione.

Per senso del dovere, Peter cercò anche suo padre, che era venuto a conoscenza del suo arrivo come missionario. Un giorno, Peter lo vide per strada e lo salutò. L’uomo anziano lo guardò privo di espressione. Peter rivelò chi era, e suo padre alzò la mano per respingerlo.

“Io non ho figli”, disse. “E tu, tu sei venuto a disturbare la pace pubblica in questo paese”.

Peter tornò al suo lavoro, niente affatto sorpreso e turbato per la rabbia manifestata dal padre. Mandò delle lettere a Erastus in Inghilterra, nelle quali lo informava delle sue attività nella missione, e continuò a lavorare alla sua traduzione del Libro di Mormon. Inoltre scrisse e pubblicò un opuscolo in danese e tradusse diversi inni nella sua lingua natia.

Erastus non era felice della decisione di Peter di disobbedire alle sue istruzioni, ma quando il 14 giugno arrivò a Copenhagen, fu contento che Peter avesse gettato le basi per far avanzare l’opera del Signore.22


Il 24 settembre 1850 l’apostolo Charles Rich arrivò sul suo cavallo in un accampamento di estrazione mineraria della California centrale alla ricerca dei missionari dell’oro. Era sera, il momento in cui i cercatori d’oro tornavano alle loro tende e baracche, accendevano le lanterne e le stufe e si cambiavano i vestiti bagnati. Lungo le rive del fiume in cui lavoravano, il paesaggio sembrava lacerato da mille pale e picconi.23

Era trascorso quasi un anno da quando i missionari dell’oro avevano lasciato Salt Lake City. Fino ad allora nessuno era diventato ricco. Alcuni missionari avevano trovato abbastanza oro da mandarne piccole quantità a Salt Lake City dove in parte era stato fuso per farne delle monete. Ma avevano usato la maggior parte di ciò che avevano trovato per coprire le spese elevate per nutrirsi e rifornirsi del necessario.24 Nel frattempo, i pochi santi locali che si erano arricchiti durante la corsa all’oro, avevano offerto poco aiuto. Sam Brannan stava diventando rapidamente uno degli uomini più ricchi della California, ma aveva smesso di pagare la decima e aveva sciolto qualsiasi legame con la Chiesa.

Charles trovò i missionari dell’oro nel loro accampamento. Quando aveva visitato l’accampamento di estrazione mineraria diversi mesi prima, i missionari e altri cercatori d’oro avevano arginato il fiume nella speranza di far affiorare l’oro dal fondo sabbioso. La maggior parte di loro continuava a trascorrere i giorni a lavorare alla diga o a cercare l’oro. George Q. Cannon gestiva il negozio dell’accampamento.25

Al mattino, Charles parlò agli uomini del futuro della missione. La stagione migliore per l’estrazione stava finendo e la mancanza di successo della missione aveva confermato le riserve di Brigham riguardo alla ricerca dell’oro. Invece di trascorrere l’inverno in California, dove il costo della vita era alto, Charles propose ad alcuni missionari di terminare la loro missione alle Isole Hawaii. I missionari potevano vivere con poco mentre predicavano il Vangelo ai molti coloni di lingua inglese.26

George comunicò a Charles di essere pronto a fare qualsiasi cosa i dirigenti della Chiesa ritenessero fosse meglio. Se volevano che andasse alle Hawaii, sarebbe partito. Inoltre, gli accampamenti di estrazione mineraria erano luoghi pericolosi per un giovane santo degli ultimi giorni. Non era insolito sentir parlare di furti e persino di omicidi che avvenivano negli accampamenti. Lo stesso George una volta era stato assalito da alcuni cercatori che gli avevano infilato in gola del whiskey.27

Prima di lasciare l’accampamento, Charles mise a parte i missionari per la loro nuova missione. “Quando arrivate nelle isole”, disse loro, “agite secondo i dettami dello Spirito per quanto concerne i vostri doveri”. Disse che lo Spirito avrebbe saputo meglio di lui che cosa dovevano fare una volta giunti sulle isole.28

I missionari tornarono presto al fiume per terminare la diga e per setacciare altro oro. Alcune settimane dopo trovarono abbastanza oro da ricevere in cambio più di settecento dollari a testa. Dopo quell’episodio, non ne trovarono altro.29

Lasciarono l’accampamento minerario e si diressero verso la costa. Una sera tennero una riunione per i santi della California e per altre persone interessate al Vangelo. George era agitato. Ci si aspettava che i missionari parlassero a quelle riunioni, ma lui non aveva mai predicato ai non credenti. Sapeva che alla fine avrebbe dovuto parlare, ma non voleva essere il primo.

Tuttavia, dopo l’inizio della riunione, l’anziano che stava dirigendo chiese proprio a lui di predicare. George si alzò con riluttanza. “Ormai sono in ballo, e non ha senso che io rifiuti di farlo”, disse a se stesso. Aprì la bocca, e le parole gli uscirono abbastanza facilmente. “Il mondo dice di essere ansioso di ricevere la verità”, affermò. “Quanto dovremmo essere grati di esserne in possesso, e del principio secondo cui possiamo progredire da una verità a un’altra”.

Parlò per cinque minuti, poi però i suoi pensieri diventarono confusi, la sua mente si svuotò ed egli balbettò per il resto del suo sermone. Imbarazzato, tornò a sedersi, certo che la sua prima esperienza di predicazione come missionario non poteva essere andata peggio.

Ciò nonostante non si lasciò scoraggiare del tutto. Era in missione, e non sarebbe tornato indietro né sarebbe venuto meno al suo incarico.30


Circa in quel periodo, la quindicenne Frances Pratt osservava l’isola di Tubuai dal ponte di una nave che stava trasportando più di venti santi americani verso la Missione del Pacifico meridionale. Frances, che era stata infelice e scontenta per la maggior parte del viaggio, si illuminò istantaneamente. Esplorò l’isola attraverso un cannocchiale, sperando di vedere suo padre sulla riva. Ellen, la sorella maggiore, era certa che lui sarebbe salito a bordo non appena la nave avesse attraccato.

Anche Louisa desiderava ricongiungersi con Addison, ma aveva sofferto il mal di mare per tutto il viaggio e non riusciva a pensare ad altro se non alla terra ferma, a del cibo decente e a un letto morbido. Sua sorella Caroline aveva sofferto al suo fianco, nauseata e quasi incapace di camminare.31

Dopo due giorni di venti contrari e scogli pericolosi, la nave gettò l’ancora vicino all’isola, e due uomini di Tubuai remarono fino alla nave per salutarli. Quando salirono a bordo, Louisa chiese se Addison fosse sull’isola. Gli uomini risposero che non c’era. Era trattenuto sull’isola di Tahiti come prigioniero del governatore francese, che era sospettoso riguardo a qualsiasi missionario straniero che non appartenesse alla chiesa cattolica.

Louisa non manifestò alcuna emozione rispetto alle brutte notizie, ma le sue figlie non ci riuscirono. Ellen si sedette e incrociò le mani in grembo, con la faccia impietrita. Le altre ragazze andavano su e giù per il ponte.

Presto arrivò un’altra barca e due uomini americani salirono sul ponte. Uno di loro era Benjamin Grouard. Quando Louisa l’aveva visto l’ultima volta a Nauvoo era un giovane vivace. Ora, dopo sette anni di missione nel Pacifico, aveva un aspetto solenne e dignitoso. Con gli occhi spalancati per la gioia e la sorpresa, accolse calorosamente i nuovi arrivati e li invitò a terra.32

Sulla spiaggia, i santi di Tubuai accolsero Louisa e gli altri passeggeri. Louisa chiese se poteva incontrare Nabota e Telii, gli amici di Addison sin dalla sua prima missione. Un uomo la prese per mano. “‘O vau te arata‘i ia ‘oe’”, disse. Ti porto io33.

Si diresse nell’interno dell’isola e Louisa lo seguì, cercando di comunicare con lui al meglio. Il resto della folla li seguiva da vicino, ridendo mentre camminava. Louisa si meravigliò per le alte palme che torreggiavano sopra di loro e per la vegetazione lussureggiante che ricopriva l’isola. Qua e là vedeva delle dimore basse e lunghe, intonacate con calce bianca di corallo.

Telii fu ricolma di gioia quando incontrò i nuovi missionari. Sebbene si stesse riprendendo da una malattia, si alzò dal letto e cominciò a preparare un banchetto. Arrostì del maiale in una fossa, fece friggere il pesce, preparò del pane con la farina di una radice dell’isola e offrì loro diverse varietà di frutta fresca. Quand’ebbe finito di cucinare, i santi di tutta l’isola si erano riuniti per incontrare i nuovi arrivati.

Il gruppo festeggiò mentre alta nel cielo c’era la luna piena. In seguito, i santi di Tubuai si affollarono in casa e si sedettero su delle stuoie mentre i santi americani cantavano degli inni in inglese. Quindi i santi dell’isola cantarono degli inni nella loro lingua, con voci forti e chiare in perfetta armonia.

Mentre si godeva la musica, Louisa guardava fuori di casa e ammirava il fantastico paesaggio. L’abitazione era circondata da alti alberi ombrosi con fiori di un giallo brillante. La luce della luna filtrava attraverso i rami assumendo mille diverse forme. Louisa pensò alle distanze coperte dalla sua famiglia e alle sofferenze che avevano patito per giungere in un posto così bello, e seppe che in tutto ciò c’era la mano di Dio.34


Due mesi dopo l’arrivo di Louisa a Tubuai, i missionari dell’oro salirono sul versante di una montagna che sovrastava Honolulu, sull’isola di Oahu, e dedicarono le Isole Hawaii all’opera missionaria. La sera successiva, il presidente della missione incaricò George Q. Cannon di lavorare sull’isola di Maui, a sudest di Oahu, insieme a James Keeler e Henry Bigler.35

Maui era un’isola leggermente più grande di Oahu. Lahaina, la città principale, si estendeva su un tratto pianeggiante della spiaggia ma non aveva un porto. Vista dal mare, gran parte della città era coperta dalle palme e dal fitto fogliame. Alle sue spalle, in lontananza, appariva una catena montuosa.36

I missionari si misero al lavoro, ma ben presto scoprirono che sull’isola c’erano molti meno coloni bianchi di quanto si aspettassero. George ne fu scoraggiato. I missionari dell’oro erano andati alle Hawaii credendo di insegnare ai coloni di lingua inglese, eppure nessuno di loro sembrava interessato al vangelo restaurato. Si resero conto che se avessero predicato solo alla popolazione bianca, la loro missione sarebbe stata breve e infruttuosa.

Un giorno si misero ad analizzare le loro opzioni. “Dobbiamo limitare la nostra opera alle persone bianche?” si chiesero. Non erano mai stati istruiti di predicare agli hawaiani, ma non era stato detto loro neppure il contrario. In California, Charles Rich aveva semplicemente consigliato loro di fare affidamento sullo Spirito perché dirigesse la loro missione.

George credeva che la loro chiamata e il loro compito fosse di condividere il Vangelo con tutti i popoli. Se lui e gli altri missionari avessero fatto uno sforzo per imparare la lingua del posto, come aveva fatto Addison Pratt a Tubuai, avrebbero potuto magnificare la loro chiamata e toccare il cuore e la mente di molte più persone. Henry e James la pensavano allo stesso modo.37

I missionari si resero subito conto che la lingua hawaiana era difficile da capire. Ogni parola sembrava far parte della successiva.38 Tuttavia, molti hawaiani erano desiderosi di aiutarli a imparare. Poiché a Maui non c’erano molti libri di testo, i missionari ne ordinarono alcuni da Honolulu. Il desiderio di parlare era molto forte e George non perdeva mai occasione di fare pratica. A volte, lui e gli altri stavano tutto il giorno a casa a leggere e a studiare la lingua.

Gradualmente, George iniziò a usare la lingua con maggiore sicurezza. Una sera, mentre lui e i suoi colleghi erano a casa intenti a parlare hawaiano con i loro vicini, George si rese conto all’improvviso che riusciva a comprendere gran parte di ciò che stavano dicendo. Balzando in piedi, si pose le mani ai lati della testa ed esclamò di aver ricevuto l’interpretazione delle lingue.

Non riusciva a distinguere ogni parola che dicevano, ma ne coglieva il significato generale. Fu ricolmo di gratitudine e seppe di essere stato benedetto dal Signore.39