Storia della Chiesa
32 Fratelli e sorelle


Capitolo 32

Fratelli e sorelle

Immagine
camion carico di sacchi di patate

Una fresca domenica sera, nell’agosto 1946, Ezra Taft Benson e due compagni di viaggio stavano percorrendo a bordo di una jeep militare le strade sinistramente silenziose di Zełwągi, in Polonia. Le strade dissestate e le piogge battenti avevano tormentato i viaggiatori per tutto il giorno, ma le pessime condizioni atmosferiche erano finalmente migliorate mentre gli uomini si avvicinavano alla loro destinazione.

Un tempo Zełwągi apparteneva alla Germania ed era nota come Selbongen. Tuttavia, i confini nazionali erano mutati dopo la guerra e gran parte dell’Europa centrale e orientale era finita sotto l’influenza dell’Unione Sovietica. Nel 1929 il fiorente Ramo di Selbongen aveva costruito la prima casa di riunione della Chiesa in Germania. Dopo sei anni di guerra, però, i santi del villaggio sopravvivevano a stento.1

L’anziano Benson era arrivato dagli Stati Uniti qualche tempo prima, quell’anno, per sovrintendere alla distribuzione dei soccorsi da parte della Chiesa in tutta la Missione europea. Faceva parte del Quorum dei Dodici Apostoli da meno di tre anni, ma aveva molta esperienza in ruoli dirigenziali nella Chiesa e nel governo. A quarantasette anni di età, era sufficientemente giovane e in salute per poter gestire un programma di viaggio estenuante attraverso diverse nazioni europee.2

Ma nessuna esperienza lo aveva preparato per gli orrori che ora lo circondavano. Da quando era arrivato in Europa, era stato testimone delle rovine della guerra da Londra a Francoforte e da Vienna a Stoccolma.3 Al contempo, osservava i santi europei unire le forze per aiutarsi a vicenda e ricostruire la Chiesa nei rispettivi paesi. Durante una visita alla casa della missione a Berlino, rimase colpito dai cumuli di registri genealogici recuperati da Paul Langheinrich e da altri pur adoperandosi al contempo per fornire cibo, indumenti, combustibile e riparo ai più di mille Santi di cui si prendevano cura.4

Vide anche che gli aiuti inviati dalla Chiesa stavano facendo la differenza in tutta l’Europa occidentale. Sotto la direzione di Belle Spafford, la nuova presidentessa generale della Società di Soccorso, le donne dei rioni e dei pali negli Stati Uniti, in Canada e in Messico avevano coordinato enormi sforzi per raccogliere indumenti, biancheria da letto e sapone per i santi europei.5 Una Società di Soccorso di Hamilton, Ontario, in Canada, donò una gran quantità di maglioni, abiti e biancheria intima per bambini lavorati a maglia con del materiale avanzato da una fabbrica tessile. Una Società di Soccorso di Los Angeles, nel frattempo, contribuì agli sforzi realizzando più di milleduecento capi di abbigliamento e offrendo quasi quattromila ore di volontariato alla Croce Rossa.6

Tuttavia, in gran parte della Germania e nelle nazioni dell’Europa dell’est come la Polonia, dove i governi sotto l’influenza sovietica rifiutavano gli aiuti occidentali, i Santi continuavano a restare senza beni di prima necessità.7 Il fatto stesso che l’anziano Benson si trovasse in Polonia sembrava un miracolo. Senza linee telefoniche funzionanti, lui e i suoi compagni di viaggio avevano avuto difficoltà a contattare dei funzionari in grado di aiutarli a procurarsi i documenti per entrare nel paese. Soltanto dopo molte preghiere e contatti ripetuti con il governo polacco l’apostolo riuscì a ottenere i visti necessari.8

Mentre la jeep si avvicinava alla vecchia casa di riunione di Zełwągi, la maggior parte della gente nelle strade si disperdeva e si nascondeva. L’anziano Benson e i suoi compagni di viaggio fermarono il veicolo di fronte all’edificio e uscirono. Si presentarono a una donna lì accanto e chiesero se avevano trovato la cappella dei Santi degli Ultimi Giorni. Gli occhi della donna si riempirono di lacrime di sollievo. “I fratelli sono qui!”, gridò in tedesco.

Immediatamente, le persone uscirono da dietro le porte sbarrate piangendo e ridendo per la gioia. I santi di Zełwągi erano rimasti per tre anni senza contatti con i dirigenti della Chiesa e quella mattina molti di essi stavano digiunando e pregando per ricevere la visita di un missionario o di un dirigente della Chiesa.9 Nel giro di poche ore, circa un centinaio di Santi si riunì per sentir parlare l’apostolo.

Molti degli uomini del ramo erano stati uccisi o deportati come prigionieri di guerra, e i Santi rimasti erano sconfortati. Da quando la guerra era finita, alcuni soldati sovietici e polacchi avevano terrorizzato il villaggio saccheggiando le case e aggredendo gli abitanti. Il cibo era razionato e le persone spesso pagavano prezzi scandalosi per qualsiasi alimento extra riuscissero a procurarsi al mercato nero.10

Quella sera, mentre l’anziano Benson parlava ai Santi, due soldati polacchi armati entrarono nella cappella. La congregazione si irrigidì dalla paura, ma l’apostolo fece cenno ai soldati di prendere posto vicino alle prime file. Nel suo discorso, egli sottolineò l’importanza della libertà. I soldati ascoltarono con attenzione, restarono seduti al loro posto per l’inno di chiusura e se ne andarono senza incidenti. In seguito, l’anziano Benson si incontrò con il presidente di ramo e lasciò cibo e denaro per i Santi, garantendo loro che erano in arrivo altri aiuti.11

Poco tempo dopo, l’anziano Benson scrisse alla Prima Presidenza. Vedere gli aiuti della Chiesa raggiungere i membri della Chiesa in Europa lo aveva rinfrancato, ma si preoccupava per le difficoltà che i Santi avevano ancora di fronte a sé.

“Forse non si conosceranno mai i numerosi benefici del grande programma di benessere della Chiesa per questi e per gli altri nostri Santi in Europa”, scrisse, “ma molte vite sono indubbiamente state risparmiate, e la fede e il coraggio di molti dei nostri membri devoti sono stati grandemente rafforzati”12.


All’incirca nello stesso periodo, in Austria, la diciottenne Emmy Cziep si svegliò alle cinque e mezzo del mattino, mangiò un solo pezzo di pane per colazione e si avviò per la sua camminata di un’ora verso l’ospedale generale di Vienna. Erano trascorsi sette anni dal suo drammatico viaggio in treno dalla Cecoslovacchia e ora studiava per diventare tecnico di radiologia. Dato che Vienna, come Berlino, era una città occupata, Emmy spesso passava davanti a dei soldati sovietici lungo il tragitto verso l’ospedale. Gli operatori sanitari godevano di rispetto, tuttavia, e lei riteneva che la sua fascia della Croce Rossa sul braccio le offrisse qualche protezione dalle molestie.13

Durante la guerra, Vienna era stata teatro di violenza e terrore, eppure i genitori di Emmy, Alois ed Hermine, avevano continuato a dirigere le riunioni del ramo e della Società di Soccorso. Ora Alois serviva come presidente di distretto a capo dei cinque rami della Chiesa in Austria, e lui ed Hermine lavoravano sodo per aiutare gli altri Santi. A Vienna, la maggior parte delle persone, tra cui Emmy, era uscita dalla guerra traumatizzata e sull’orlo dell’inedia. Il fratello di Emmy, Josef, aveva servito per qualche tempo nell’esercito tedesco, sopravvivendo alla cattura e alla tortura da parte dei soldati sovietici dopo la guerra.14

La formazione ospedaliera di Emmy era una delle poche cose della sua vita in grado di trasmetterle speranza. Un’altra era stata la recente visita a Vienna dell’anziano Benson, che aveva portato un tanto necessario buonumore ai Santi in Austria. La famiglia di Emmy si era sentita onorata di averlo come ospite a casa loro. La sera, l’apostolo aveva chiesto ad Emmy di suonargli degli inni al pianoforte e lei si era sentita edificata dalla sua presenza.15

Alcuni mesi dopo la visita dell’anziano Benson, gli aiuti inviati dalla Chiesa giunsero in Austria e nel 1947 Alois supervisionava la distribuzione di centinaia di casse di indumenti, grano spezzato, fagioli, piselli, zucchero, olio, vitamine e altri beni essenziali. Emmy stessa ricevette molte cose meravigliose, tra cui dei bellissimi abiti su cui erano appuntati dei bigliettini scritti dal donatore.16

Anche in altri paesi europei i Santi degli Ultimi Giorni si aiutavano a vicenda. La nazione nordica della Finlandia, che l’anziano Benson aveva da poco dedicato all’opera missionaria, ospitava tre rami di Santi. Quando scoprirono che questi rami erano nel bisogno, i membri della Chiesa di un paese confinante, la Svezia, inviarono casse di cibo, indumenti e biancheria da letto.17

A Vienna, pochi giorni prima degli esami finali di Emmy all’ospedale, suo padre le chiese aiuto. Molti bambini in Austria erano malnutriti e avevano bisogno di cure mediche che non potevano ricevere a Vienna. Poiché la Svizzera era rimasta neutrale nella guerra, i membri della Chiesa locali avevano più risorse e si offrirono di ospitare per tre mesi in casa propria i bambini santi degli ultimi giorni austriaci per rimetterli in sesto.

Alois aveva un gruppo di ventuno bambini bisognosi di cure e voleva che Emmy lo aiutasse a portarli in Svizzera. Emmy accettò, sapendo che sarebbe tornata a Vienna nel giro di pochi giorni per sostenere gli esami finali.

Durante il viaggio verso la Svizzera, il treno era così affollato che alcuni dei bambini dovettero sedersi per terra o nello spazio riservato ai bagagli sopra i sedili. Quando cominciò a piovere, il cartone che copriva i finestrini fece ben poco per impedire all’acqua di infiltrarsi all’interno. Molti dei bambini stavano scomodi e sentivano la mancanza dei loro genitori, così Emmy fece del suo meglio per confortarli.

Dopo una lunga notte trascorsa dormendo poco, Emmy, suo padre e i bambini arrivarono a Basilea, in Svizzera. Furono accolti dal presidente di missione e da sua moglie, Scott e Nida Taggart, insieme alle componenti della locale Società di Soccorso, che offrirono arance e banane ai bambini.

Il giorno successivo, le famiglie svizzere portarono i bambini nelle loro case ed Emmy li salutò.18 Prima che potesse tornare a Vienna, tuttavia, il presidente Taggart la invitò a restare a Basilea per servire come missionaria. “Il Signore ha bisogno di lei”, disse.

Emmy rimase attonita. Prima di allora non aveva mai pensato di svolgere una missione. E i suoi esami all’istituto di radiologia? Se fosse rimasta, non avrebbe potuto portare a termine la sua formazione e non avrebbe neppure avuto la possibilità di salutare i suoi cari a casa. In Svizzera, sarebbe stata circondata da stranieri che non avevano sopportato bombardamenti, inedia, dolore e morte. Sarebbero stati in grado di capirla?

Malgrado queste preoccupazioni, Emmy sentì la risposta alla domanda del presidente Taggart discendere nel suo cuore. “Se il Signore vuole che io resti”, disse, “resterò”.

Quella sera, circa un mese prima del suo diciannovesimo compleanno, Emmy Cziep fu messa a parte per servire nella Missione svizzero-austriaca.19


Nella primavera del 1947, un anno e mezzo dopo essersi riunita a suo padre, Helga Birth non era più una missionaria a Berlino e non era conosciuta come Helga Birth. Ora era Helga Meyer, sposata con un santo degli ultimi giorni tedesco di nome Kurt Meyer. Vivevano a Cammin, un paese rurale situato circa 130 chilometri a nord di Berlino, e avevano un maschietto, Siegfried, chiamato con il nome del fratello di Helga morto in guerra.

Helga aveva incontrato Kurt per la prima volta quando questi aveva fatto visita alla casa della Missione tedesca orientale agli inizi del 1946. Arruolato come soldato nell’esercito tedesco, era tornato a casa alla fine della guerra per poi scoprire che, quando l’esercito sovietico si era riversato nel suo paese di origine, i suoi genitori si erano annegati per non essere fatti prigionieri o uccisi.20

Quando andò nella casa della missione, Kurt non era un santo degli ultimi giorni attivo, ma aveva interesse a tornare in chiesa. Non molto tempo dopo averla incontrata, chiese a Helga di sposarlo.

Helga non sapeva cosa rispondere. Sin dalla morte del suo primo marito, Gerhard, le persone l’avevano incoraggiata a risposarsi, ma lei non era entusiasta all’idea di risposarsi così presto. Non era innamorata di Kurt e non voleva trasferirsi nel suo paese di origine, Cammin, dal quale bisognava prendere il treno per raggiungere il ramo della Chiesa più vicino. Una parte di lei voleva emigrare nello Utah.

Ma non era ancora pronta a lasciare la Germania, almeno finché lei e suo padre non avessero trovato sua madre. Sposare Kurt avrebbe permesso a Helga di rimanere in Germania e di avere una qualche stabilità nella vita. Kurt aveva già una casa a Cammin, non lontano da un lago pieno di pesci. Se lo avesse sposato, né lei né suo padre sarebbero rimasti senza un tetto sulla testa o del cibo.21

Con poche scelte a disposizione, Helga decise di accettare la proposta di Kurt e la sicurezza che essa offriva. Si sposarono nell’aprile del 1946 e quasi un anno dopo nacque loro figlio.

Poi, verso la fine della primavera del 1947, Helga e suo padre ricevettero la notizia che sua madre era viva. Dopo essere stata allontanata da Tilsit, Bertha Meiszus era sfuggita alla cattura da parte delle forze sovietiche che avanzavano e aveva camminato per giorni, mezza assiderata, finché non aveva raggiunto una barca che l’aveva portata in un campo profughi in Danimarca. Era rimasta lì due anni prima di riuscire finalmente a contattare la famiglia. Nel giro di poco tempo, si trovò a vivere con loro a Cammin.22

Un giorno, all’incirca in questo periodo, delle truppe sovietiche si presentarono alla porta di Helga. Con il lago nelle vicinanze, i soldati passavano dalla casa una o due volte alla settimana pretendendo del pesce da lei. Le truppe avevano fama di essere crudeli ed Helga aveva sentito storie di soldati che avevano commesso stupri e altri atti di violenza a Cammin. Il rumore dell’auto dei soldati che si avvicinava a casa sua la spaventava sempre.23

Helga fece entrare le truppe come al solito. Bevvero vodka e il comandante era chiaramente ubriaco. Si sedette al tavolo di Helga e disse: “Frau, vieni, siediti”. I soldati ordinarono a Kurt di unirsi a loro, ma poi per la maggior parte lo ignorarono.

Helga si sedette accanto al comandante, che le chiese di bere qualcosa.

“Io non bevo”, disse Helga.

“Dateglielo, dateglielo”, incitò l’autista dei soldati, un tedesco dall’aspetto crudele.

Helga aveva paura. Gli uomini ubriachi potevano essere imprevedibili. Lei però disse: “No, io non bevo”.

“Se non bevi”, esclamò enfaticamente il comandante, “ti sparo!”.

“Ebbene, allora”, disse Helga spalancando le braccia, “dovrà sparare”.

Trascorse qualche istante. “Appartieni a qualche religione?”, chiese il comandante.

“Sono mormone”, disse Helga.

Dopo questo scambio, il comandante e i suoi soldati smisero di minacciarla. Quando andò a casa sua la volta successiva, il comandante le diede una pacca sulla spalla e la chiamò “brava signora”, ma non le chiese di sedersi con lui. Sembrava ammirarla per la sua forza e rispettarla per aver difeso ciò in cui credeva.

Non passò molto tempo prima che lei e i soldati fossero diventati amici.24


Alcuni mesi dopo, nel luglio 1947, i Santi provenienti da tutta l’Austria si riunirono ad Haag am Hausruck, un paese situato circa 200 chilometri a ovest di Vienna. Dato che il mese di luglio segnava il centenario dell’arrivo dei pionieri nella Valle del Lago Salato, il presidente di distretto, Alois Cziep, voleva che i santi austriaci si riunissero per una celebrazione come stavano facendo molti membri della Chiesa in tutto il mondo. Haag am Hausruck era vicino a dove nel 1902 era stato organizzato il primo ramo della Chiesa in Austria e offriva un luogo ideale.

All’evento si presentarono più di centottanta Santi, troppi per la capienza della casa di riunione del ramo locale, così i dirigenti della Chiesa affittarono un’ampia sala in un hotel vicino e costruirono un palco temporaneo. La celebrazione, che durò tre giorni, comprese discorsi, esibizioni musicali e una rappresentazione teatrale raffigurante episodi degli inizi della storia della Chiesa e l’ingresso dei pionieri nella Valle del Lago Salato.

La domenica i Santi si riunirono in una cava di ghiaia, dove predisposero un palco per gli oratori e trasportarono un organo per accompagnare il loro canto. Su una sporgenza rocciosa dietro il palco era adagiata una riproduzione del Tempio di Salt Lake alta più di due metri. Kurt Hirschmann, membro del Rione di Frankenburg, aveva dedicato diversi mesi alla creazione della complessa riproduzione a partire da scatole di cartone che un tempo contenevano provviste del programma di benessere inviate da Salt Lake City.

Né Alois né la maggior parte dei Santi presenti alla celebrazione erano mai stati al tempio. Con l’Europa in dissesto e il tempio più vicino distante migliaia di chilometri, tutto ciò che potevano fare era immaginare come sarebbe stata l’esperienza di ricevere l’investitura e di essere suggellati alla propria famiglia, ma questo non impedì ad Alois di riconoscere l’importanza delle alleanze del tempio né di sentire lo Spirito mentre i Santi parlavano, cantavano e rendevano testimonianza.25

Al calar della sera, il gruppo accese un falò che inondò le guglie del tempio di cartone di una luce calda e tremolante. Alois concluse la riunione parlando della fede dei primi missionari in Austria, paragonandoli ai pionieri del 1847. “Quanto dovremmo essere grati per il Vangelo, per il sacerdozio e per tutte le splendide opportunità che ci vengono date in questa Chiesa per realizzare la nostra salvezza e persino la nostra Esaltazione”, disse.

Al termine della riunione, la luce del falò si era ormai affievolita, quindi un soldato americano membro della Chiesa salì sulla sua jeep, accese i fari e illuminò nuovamente il tempio sullo sfondo del cielo notturno.

I santi austriaci innalzarono insieme le loro voci, con le parole dell’inno dei pionieri “Santi, venite” che risuonavano verso il cielo:

Di nuovo ardore ci armerem

e sempre Dio con noi avrem.

E presto a tutti annuncerem:

“Tutto ben, Tutto ben!”.

Circondato dai suoi fratelli e dalle sue sorelle nel Vangelo, Alois era certo che l’inno non era mai stato cantato con maggior convinzione.26


Mentre i Santi in tutto il mondo celebravano il centenario dei pionieri, l’ex prigioniero di guerra Pieter Vlam stava servendo come missionario a tempo pieno nella Missione olandese. Come parte della sua nuova chiamata, Pieter si era trasferito a circa cinquanta chilometri di distanza da casa sua per guidare il ramo della Chiesa ad Amsterdam. Sua moglie, Hanna, e i loro tre figli erano rimasti a casa.

Il Ramo di Amsterdam aveva sofferto moltissimo sotto l’occupazione nazista. Prima di essere liberata, la città era stata sull’orlo dell’inedia. Se non fosse stato per Ruurd Hut, il predecessore di Pieter, molti membri del ramo sarebbero morti di fame. Ruurd aveva promesso solennemente di fare tutto ciò che poteva per impedire che i Santi sotto le sue cure morissero di fame. Aveva raccolto denaro dai membri del ramo e aveva acquistato del cibo, poi cotto e distribuito dalla Società di Soccorso ai santi affamati.27

Tuttavia, i Paesi Bassi si trovavano in pessime condizioni dopo cinque anni di occupazione. Durante la guerra erano morti più di duecentomila olandesi e centinaia di migliaia di case erano state danneggiate o distrutte. Molti santi di Amsterdam e di altre città olandesi nutrivano rancore verso i tedeschi e verso gli altri Santi che avevano collaborato con gli occupanti.28

Per contribuire a unificare i Santi, il presidente di missione, Cornelius Zappey, esortò i rami ad accrescere le loro scorte di cibo avviando dei progetti di coltivazione di patate usando patate da semina fornite dal governo olandese.29 Ben presto Pieter e il suo ramo affittarono un lotto di terreno ad Amsterdam e uomini, donne e bambini lavorarono insieme per piantare le patate e altre verdure. Anche altri rami dei Paesi Bassi crearono appezzamenti di patate ovunque riuscissero a trovare posto, coltivando patate nei cortili, nei giardini di fiori, nei terreni incolti e negli spartitraffico.30

Vicino al tempo del raccolto, Cornelius tenne una conferenza di missione nella città di Rotterdam. Essendosi incontrato con Walter Stover, presidente della Missione tedesca orientale, Cornelius sapeva che molti santi in Germania soffrivano a causa della grave carenza di cibo. Voleva fare qualcosa per aiutare, così chiese ai dirigenti locali se fossero disposti a donare una parte del loro raccolto di patate ai santi in Germania.

“Alcuni dei nemici più feroci che avete incontrato a causa di questa guerra sono i tedeschi”, ammise, “ma quelle persone ora versano in condizioni molto peggiori delle vostre”.

Inizialmente, alcuni santi olandesi si opposero al piano. Perché avrebbero dovuto condividere le loro patate con i tedeschi? A loro parere, Cornelius non capiva quanto i tedeschi fossero stati tremendi con loro in guerra. Pur essendo nato nei Paesi Bassi, il presidente di missione aveva trascorso la maggior parte della sua vita negli Stati Uniti. Non sapeva cosa voleva dire perdere la propria casa a causa delle bombe tedesche o vedere i propri cari morire di fame perché gli invasori tedeschi avevano preso il loro cibo.31

Cornelius continuava a credere che il Signore volesse che i santi olandesi aiutassero i tedeschi, così chiese a Pieter di far visita ai rami in tutti i Paesi Bassi e di esortarli a sostenere il piano. Pieter era un dirigente della Chiesa esperto la cui ingiusta prigionia in un campo tedesco era ben nota. Se c’era qualcuno a cui i santi olandesi volevano bene e di cui si fidavano nella missione, quello era Pieter Vlam.

Pieter accettò di aiutare il presidente di missione e nei suoi incontri con i rami accennò alle avversità che aveva patito in prigione. “Ci sono passato”, disse. “Voi sapete che ci sono passato”. Li esortò a perdonare i tedeschi. “So quanto sia difficile amarli”, disse. “Se quelli sono nostri fratelli e sorelle, allora dovremmo trattarli come nostri fratelli e sorelle”.

Le sue parole e quelle degli altri presidenti di ramo toccarono i Santi, e la rabbia di molti si dissolse mentre raccoglievano patate per i santi tedeschi. I disaccordi all’interno dei rami non scomparirono, ma almeno i Santi sapevano di poter collaborare da quel momento in poi.32

Nel frattempo, Cornelius si adoperava per procurarsi i permessi per trasportare le patate in Germania. Inizialmente il governo olandese non voleva esportare nessun alimento fuori dal paese. Cornelius continuò tuttavia a farne richiesta finché il governo cedette. Quando alcuni funzionari cercarono di ostacolare i piani per il trasporto, Cornelius disse loro: “Queste patate appartengono al Signore e se è la Sua volontà il Signore farà in modo che esse arrivino in Germania”.

Alla fine, nel novembre 1947 i santi olandesi e i missionari si incontrarono a L’Aia per caricare dieci camion con più di settanta tonnellate di patate. Poco tempo dopo, le patate arrivarono in Germania per essere distribuite tra i Santi. Il presidente della Missione tedesca orientale, Walter Stover, acquistò anche dei carichi di patate da aggiungere alle provviste.33

Ben presto alla Prima Presidenza giunse voce del progetto delle patate. Sbalordito, il secondo consigliere David O. McKay disse: “Questo è uno dei più grandi atti di vera condotta cristiana che sia mai stato portato alla mia attenzione”34.

  1. Ezra Taft Benson, “European Mission Report #19”, 7 agosto 1946, 1, 3, First Presidency Mission Files, CHL; Benson, Journal, 1 e 4 agosto 1946; Babbel, Oral History Interview, 6; “Elder Benson Reports First Visit to Poland”, Deseret News, 17 agosto 1946, Church section, 1, 8, 12; Minert, In Harm’s Way, 310; “Selbongen during World War II”, Global Histories, ChurchofJesusChrist.org/study/history/global-histories.

  2. Ezra Taft Benson, “Report on the European Mission #1”, 26 gennaio–11 febbraio 1946, 1–2, First Presidency Mission Files, CHL; “Elder Benson Prepares to Preside in European Mission”, Deseret News, 19 gennaio 1946, Church section, [1]; Dew, Ezra Taft Benson, 198.

  3. Ezra Taft Benson, “Report on the European Mission #7”, 24 marzo 1946, 1–3, First Presidency Mission Files, CHL; Bergera, “Ezra Taft Benson’s 1946 Mission”, 82, table 2.

  4. Ezra Taft Benson alla Prima Presidenza, 23 marzo 1946, First Presidency Mission Files, CHL; Corbett, “Records from the Ruins”, 13–16; Ezra Taft Benson, “Report on the European Mission #5”, 20 marzo 1946, 1–3, First Presidency Mission Files, CHL; Genealogical Society of Utah Board of Trustees, Minutes, 15 aprile 1947; Kuehne, Mormons as Citizens of a Communist State, 14–16, 33.

  5. Relief Society General Board, Minutes, 12 dicembre 1945; Presidenza generale della Società di Soccorso alle presidentesse di rione, 21 novembre 1945, in First Presidency and Welfare Committee Minutes, CHL; First Presidency and Welfare Committee, Minutes, 16 novembre 1945; 14 e 21 dicembre 1945; 11 e 31 gennaio 1946. Argomento: Programmi di benessere

  6. Continued War Services”, Relief Society Magazine, agosto 1945, 32:484; vedere anche “Church Welfare Service”, Relief Society Magazine, settembre 1946, 33:620. Argomento: Società di Soccorso

  7. European Mission History, 22 ottobre 1946, 83; Ezra Taft Benson alla Prima Presidenza, 16 marzo 1946, 1–2; Ezra Taft Benson, “European Mission Report #19”, 7 agosto 1946, 2–5, First Presidency Mission Files, CHL; Minert, In Harm’s Way, 314–316.

  8. Babbel, On Wings of Faith, 131–134; Benson, Journal, 29 e 30 luglio 1946; 1 e 4 agosto 1946; vedere anche Frederick Babbel, “‘And None Shall Stay Them’”, Instructor, agosto 1969, 104:268–269. Argomento: Polonia

  9. Ezra Taft Benson, “European Mission Report #19”, 7 agosto 1946, 1, First Presidency Mission Files, CHL; Benson, Journal, 4 agosto 1946; Babbel, On Wings of Faith, 149; Ezra Taft Benson, “European Mission Report #19”, 7 agosto 1946, 1, First Presidency Mission Files, CHL; “Selbongen during World War II”, Global Histories, ChurchofJesusChrist.org/study/history/global-histories.

  10. Benson, Journal, 4 agosto 1946; Ezra Taft Benson, “European Mission Report #19”, 7 agosto 1946, 1–2, First Presidency Mission Files, CHL; Minert, In Harm’s Way, 314–316.

  11. Benson, Journal, 4 agosto 1946; Ezra Taft Benson, “European Mission Report #19”, 7 agosto 1946, 1, First Presidency Mission Files, CHL; Ezra Taft Benson alla Prima Presidenza, 7 agosto 1946, 2, Ezra Taft Benson Correspondence Files, CHL; Selbongen Branch, General Minutes, 4 agosto 1896.

  12. Ezra Taft Benson, “European Mission Report #20”, 24 agosto 1946, 2, First Presidency Mission Files, CHL; vedere anche “Red Cross to Cooperate in Distribution of Supplies”, Deseret News, 7 settembre 1946, Church section, 1, 9.

  13. Collette, Collette Family History, 232, 235, 245, 250; Babbel, On Wings of Faith, 71.

  14. Minert, Under the Gun, 456, 467–470, 473; Hatch, Cziep Family History, 87, 98, 202, 303–305; Collette, Collette Family History, 202–226; Lewis, Workers and Politics in Occupied Austria, capitolo 3; Taggart, “Notes on the Life of Scott Taggart”, 31–32. Argomento: Austria

  15. Collette, Collette Family History, 256–257.

  16. Marion G. Romney alla Prima Presidenza, 24 ottobre 1946, First Presidency General Administration Files, CHL; Annual Church Welfare Plan, 1946, 259, Welfare Department Northern Utah Region Documents, CHL; European Mission, Historical Reports, 92; Collette, Collette Family History, 257–258.

  17. “President Benson Dedicates Finland for Preaching Gospel”, Deseret News, 10 agosto 1946, Church section, 1, 9, 12; “Letter Tells of Activity and Progress in Finland”, Deseret News, 8 marzo 1947, Church section, 6; “Wartime Swedish Mission Head Sees Bright Future in Finland”, Deseret News, 5 luglio 1947, Church section, 1; Eben Blomquist alla Prima Presidenza, 30 gennaio 1947, First Presidency Mission Files, CHL. Argomenti: Finlandia; Svezia

  18. Collette, Collette Family History, 258–261, 320; Taggart, Oral History Interview, 61, 63, 73; appendice, 25–26; “20 Austrian Children Sent to Swiss Saints”, Deseret News, 17 maggio 1947, Church section, 9; vedere anche Switzerland Zurich Mission, Manuscript History and Historical Reports, volume 12, 17 maggio 1947.

  19. Collette, Collette Family History, 320, 322; Taggart, Journal, 3, 9 e 11 aprile 1947. Citazioni inglesi modificate per facilitarne la lettura. Argomento: Svizzera

  20. Meyer e Galli, Under a Leafless Tree, 127–130, 135.

  21. Meyer e Galli, Under a Leafless Tree, 127, 130, 142; Meyer, Interview [2017], 2.

  22. Meyer e Galli, Under a Leafless Tree, 129, 135–138; Meyer, Interview [2017], 2.

  23. Meyer e Galli, Under a Leafless Tree, 132.

  24. Meyer e Galli, Under a Leafless Tree, 132–134; Meyer, Interview [2017], 1. Argomento: Parola di Saggezza (DeA 89)

  25. Hatch, Cziep Family History, 104–105; “Austrian Saints Hold Centennial Fete”, Deseret News, 20 settembre 1947, Church section, 9; Minert, Against the Wall, ix–xiv, 42, 187.

  26. Hatch, Cziep Family History, 104; “Austrian Saints Hold Centennial Fete”, Deseret News, 20 settembre 1947, Church section, 9; “Santi, venite”, Inni, 21. Argomenti: Pista dei pionieri; Austria

  27. Vlam, Our Lives, 117–119, 121, 123; De Wolff e Driehuis, “Description of Post War Economic Developments”, 13; voce “Ruurd Hut”, Amsterdam Branch, n. 240, in Netherlands (Country), part 2, Record of Members Collection, CHL.

  28. De Wolff e Driehuis, “Description of Post War Economic Developments”, 13; William G. Hartley, “War and Peace and Dutch Potatoes”, Ensign, luglio 1978, 19; Vlam, Interview [2013], 5, 7; That We Might Be One: The Story of the Dutch Potato Project, Video, [00:00:16]–[00:01:09]; Minutes of the European Mission Presidents’ Meeting, 5 luglio 1950, 6, John A. Widtsoe Papers, CHL. Argomento: Paesi Bassi

  29. William G. Hartley, “War and Peace and Dutch Potatoes”, Ensign, luglio 1978, 19–20; European Mission, Historical Reports, 169; Vlam, Interview [giugno 2020], [00:01:12]–[00:02:48].

  30. Vlam, Our Lives, 121; Stam, Oral History Interview, 27; William G. Hartley, “War and Peace and Dutch Potatoes”, Ensign, luglio 1978, 20; “Dutch Mission Head Tells Story”, Deseret News, 6 dicembre 1947, Church section, 1.

  31. William G. Hartley, “War and Peace and Dutch Potatoes”, Ensign, luglio 1978, 20–21; Babbel, On Wings of Faith, 76; Vlam, Our Lives, 121; Vlam, Interview [2013], 5–6, 8; Allart, Autobiography, 19.

  32. Vlam, Interview [2013], 6, 8, 11; “Dutch Mission Leader Tells of Welfare Potatoes”, Deseret News, 6 dicembre 1947, Church section, 6–7; Vlam, Our Lives, 121; Allart, Autobiography, 19; Stam, Oral History Interview, 32; Minutes of the European Mission Presidents’ Meeting, 5 luglio 1950, 6, John A. Widtsoe Papers, CHL.

  33. William G. Hartley, “War and Peace and Dutch Potatoes”, Ensign, luglio 1978, 21; “Dutch Mission Leader Tells of Welfare Potatoes”, Deseret News, 6 dicembre 1947, Church section, 6–7; European Mission, Historical Reports, 169; Netherlands Amsterdam Mission, Manuscript History and Historical Reports, 6 novembre 1947; Stover, Oral History Interview [1975], 1–2; Stover, Oral History Interview [1976], 56. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura.

  34. “Dutch Mission Head Tells Story”, Deseret News, 6 dicembre 1947, Church section, 1.