Storia della Chiesa
Capitolo 11: Troppo pesante


“Troppo pesante”, capitolo 11 di Santi – La storia della Chiesa di Gesù Cristo negli ultimi giorni, volume 3, Risolutezza, nobiltà e indipendenza, 1893–1955 (2021)

Capitolo 11: “Troppo pesante”

Capitolo 11

Troppo pesante

Immagine
due uomini legati in piedi di fronte a dei cappi

La sera del 6 agosto 1914, Arthur Horbach, un santo degli ultimi giorni diciassettenne di Liegi, in Belgio, si mise al riparo mentre l’artiglieria tedesca si abbatteva sulla sua città.1 All’inizio dell’estate, un nazionalista serbo aveva assassinato l’erede al trono dell’Impero Austro-Ungarico scatenando una guerra tra l’Austria-Ungheria e il Regno di Serbia. Presto gli alleati di entrambe le nazioni si unirono alla lotta. All’inizio di agosto, la Serbia, la Russia, la Francia, il Belgio e la Gran Bretagna erano in guerra contro l’Austria-Ungheria e la Germania.2

Il Belgio, in origine nazione neutrale, entrò nel conflitto quando le truppe tedesche diedero il via a un’invasione della Francia passando per il confine orientale del Belgio. La città di Liegi si rivelò il primo ostacolo significativo per l’esercito invasore. La città era circondata da dodici barricate che all’inizio avevano tenuto a bada i tedeschi. L’assalto, tuttavia, era spietato. Migliaia di truppe assalirono le barricate e le difese belghe iniziarono a crollare.

Le truppe tedesche presto fecero breccia nelle linee belghe e presero Liegi. Gli invasori si riversarono in città saccheggiando case, bruciando edifici e sparando sui civili.3 Arthur e sua madre, Mathilde, sfuggirono in qualche modo alle truppe. Gli altri santi di Liegi, una cinquantina, erano tutti in pericolo, proprio come Arthur, ma lui non faceva che pensare ai missionari che servivano in città. Trascorreva quasi tutto il suo tempo con i missionari e li conosceva bene. Erano forse rimasti feriti durante l’attacco?4

Trascorsero i giorni. Arthur e sua madre vivevano nel terrore delle truppe tedesche e dell’artiglieria pesante che bombardava le barricate non ancora occupate. I santi degli ultimi giorni erano sparsi per tutta la città e diversi membri del ramo erano ammassati insieme in una cantina. Un gruppo di soldati si era sistemato nell’edificio in affitto in cui normalmente si riuniva il ramo. Fortunatamente, Tonia Deguée, un’anziana, membro della Chiesa, che parlava bene il tedesco, si guadagnò presto la fiducia dei soldati invasori e li persuase a non danneggiare l’edificio né il mobilio.5

Alla fine, Arthur venne a sapere che gli anziani erano al sicuro. Il consolato americano a Liegi aveva ordinato loro di evacuare la città il primo giorno dei bombardamenti, ma i blocchi stradali avevano impedito loro di avvisare del proprio allontanamento Arthur o altre persone.6

In effetti, i missionari di tutta l’Europa continentale stavano lasciando le zone loro assegnate. “Rilasciate tutti i missionari in Germania e in Francia”, aveva telegrafato il presidente Joseph F. Smith ai dirigenti di missione europei, “e usate tutta la discrezione necessaria nel trasferire i missionari dalle missioni delle nazioni neutrali e belligeranti a quelle degli Stati Uniti”.7

Arthur percepì subito la perdita dei missionari. Nei sei anni trascorsi da quando lui e Mathilde si erano uniti alla Chiesa, il loro ramo si era affidato ai missionari come dirigenti del sacerdozio. Ora, gli unici detentori del sacerdozio del ramo erano un insegnante e due diaconi, uno dei quali era proprio Arthur, che aveva ricevuto il Sacerdozio di Aaronne meno di un anno prima.8

Dopo la caduta di Liegi in mani tedesche, il ramo aveva smesso quasi del tutto di riunirsi. I soldati che occupavano l’edificio in cui tenevano le loro riunioni se ne erano andati, ma il proprietario si rifiutava di lasciare che il ramo si riunisse lì. Ogni giorno era una lotta per la sopravvivenza. Il cibo e le provviste giornaliere scarseggiavano. La fame e la miseria erano diffuse in città.

Arthur sapeva che tutti i membri del ramo desideravano riunirsi per pregare e ricevere conforto. Tuttavia, senza una casa di riunione e qualcuno autorizzato a benedire il sacramento, come avrebbero potuto riprendere le attività del ramo?9


Mentre la guerra imperversava in Europa, Ida Smith si chiedeva come avrebbe potuto aiutare i soldati britannici che partivano per il fronte. Circa un anno prima, lei e suo marito, l’apostolo Hyrum M. Smith, si erano trasferiti a Liverpool con i loro quattro figli. Hyrum, il figlio maggiore di Joseph F. Smith, stava servendo come presidente della Missione europea. Ida sosteneva l’opera, ma aveva deciso di non prendere attivamente parte all’opera missionaria — o a qualsiasi servizio al di fuori del loro piccolo ramo della Chiesa — mentre aveva ancora bambini piccoli a casa.10

Un pomeriggio, però, Ida vide un avviso scritto da Winifred Rathbone, moglie del sindaco di Liverpool, che lanciava un appello alle organizzazioni femminili della città perché si unissero ad altre volontarie in tutta la Gran Bretagna per lavorare a maglia vestiti caldi per i soldati. Ida sapeva che centinaia di migliaia di soldati britannici, tra cui alcuni santi degli ultimi giorni, avrebbero avuto un disperato bisogno di vestiti per sopravvivere all’inverno imminente, però lei si sentiva inutile.

“Che cosa posso fare per aiutare questa donna?”, si chiedeva. “Non ho mai fatto un punto a maglia in vita mia”.11

Poi sembrò che una voce le parlasse: “Ora è il momento che le Società di Soccorso della Missione europea si facciano avanti e offrano il loro aiuto”. Queste parole colpirono profondamente Ida. La Società di Soccorso di Liverpool era piccola — otto membri attivi al massimo — ma le donne avrebbero potuto fare la loro parte.12

Con l’aiuto del segretario della missione, Ida organizzò un incontro con Winifred il giorno seguente. Prima dell’incontro aveva il cuore a mille. “Perché vai dalla moglie del sindaco e offri i vostri servizi con una manciata di donne?”, si rimproverava. “Perché non torni a casa e pensi agli affari tuoi?”.

Ida però scacciò quel pensiero. Il Signore era con lei. In mano aveva un biglietto con stampate le informazioni sulla Società di Soccorso e sul suo scopo. “Se riuscissi anche solo a passarle questo biglietto”, si disse, “andrò”.13

L’ufficio della moglie del sindaco si trovava in un grande edificio che fungeva da quartier generale per le sue opere di carità. Winifred accolse Ida con cortesia e presto l’agitazione di quest’ultima si dissolse mentre parlava alla moglie del sindaco della Società di Soccorso, della Chiesa e del piccolo Ramo di Liverpool. “Sono venuta a offrire i nostri servizi per aiutare a cucire o lavorare a maglia per i soldati”, spiegò.14

Dopo aver lasciato il suo messaggio, Ida stava per andarsene, ma Winifred la fermò. “Vorrei che visitasse il nostro edificio”, disse, “e vedesse come portiamo avanti il nostro lavoro”. Condusse Ida attraverso diciassette grandi stanze, ciascuna contenente una dozzina di donne che lavoravano sodo, poi portò Ida nel suo ufficio privato. “Questo è il modo in cui conserviamo i documenti”, le disse mostrandole un libro mastro. “Ogni cosa che farete per noi verrà registrata in questo libro come lavoro compiuto dalla Società di Soccorso de La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni”.

Ida la ringraziò. “Faremo del nostro meglio”, disse.15

Quell’autunno, le donne della Società di Soccorso di Liverpool lavorarono a maglia. Reclutarono anche le loro amiche e vicine per dare una mano. Dopo una settimana c’erano circa quaranta maglieriste. Ida stessa imparò a lavorare a maglia e iniziò a lavorare su diverse grandi sciarpe. Su richiesta della presidenza generale della Società di Soccorso a Salt Lake City, il marito di Ida la mise a parte come presidentessa delle Società di Soccorso della Missione europea. Dal momento che nell’Europa continentale viaggiare non era sicuro, Ida iniziò a spostarsi per la Gran Bretagna per organizzare nuove Società di Soccorso, addestrarne le componenti e reclutarle affinché lavorassero a maglia per i soldati. Alla fine, le donne confezionarono e distribuirono circa duemilatrecento capi di abbigliamento fatti a mano.16

Ida e le altre componenti della Società di Soccorso ricevettero delle lettere e dei riconoscimenti da importanti funzionari di tutta la Gran Bretagna. “Se tutte le organizzazioni femminili della Gran Bretagna lavorassero come stanno facendo le sante degli ultimi giorni”, scrisse una donna, “ai nostri soldati non mancherebbe nulla”.17


“I resoconti sulla carneficina e sulla distruzione in atto in Europa sono esecrabili e deplorevoli”, scrisse il presidente Joseph F. Smith a Hyrum M. Smith il 7 novembre 1914. Due mesi prima, le truppe francesi e britanniche avevano arrestato l’avanzata delle forze tedesche in una battaglia sanguinosa presso il fiume Marne, nella Francia nordorientale. Erano seguite altre battaglie, ma nessuno schieramento aveva avuto la meglio nello sferrare il colpo decisivo. Ora gli eserciti erano barricati in una ragnatela di trincee difensive lungo tutta la campagna francese.18

La guerra si stava estendendo a tutta l’Europa orientale, all’Africa e al Medio Oriente e persino fino alle isole dell’Oceano Pacifico. I resoconti del conflitto sui giornali rammentarono al presidente Smith la rivelazione data dal Signore nel 1832 sulla guerra. “Allora la guerra si spargerà su tutte le nazioni”, profetizzava. “E così, con la spada e con spargimento di sangue gli abitanti della terra piangeranno”.19

Domenica 24 gennaio 1915 il profeta fece appello ai membri della Chiesa degli Stati Uniti e del Canada perché contribuissero a un fondo di sostegno per i santi europei bisognosi. “Questo è il modo più diretto per sostenere quei membri della Chiesa che hanno bisogno di aiuto”, dichiarò.20 In risposta, più di settecento rioni e rami raccolsero denaro e inviarono le donazioni all’ufficio del Vescovato presiedente della Chiesa. Il denaro poi fu inviato all’ufficio della missione a Liverpool affinché Hyrum lo distribuisse tra i santi europei, a prescindere da quale schieramento sostenessero in guerra.21

Alcuni mesi dopo, il presidente Smith si mise in viaggio con il vescovo presiedente Charles W. Nibley per visitare un angolo del mondo più pacifico: la fattoria di duemilaquattrocento ettari di proprietà della Chiesa a Laie, nelle Hawaii.22 A Honolulu, i due uomini si incontrarono con l’apostolo e senatore degli Stati Uniti Reed Smoot, che era arrivato sull’isola con sua moglie, Allie, per permetterle di migliorare le sue condizioni di salute e per far visita all’assemblea legislativa hawaiana. Insieme ad Abraham e Minerva Fernandez, che avevano ospitato George Q. Cannon durante la sua ultima visita alle isole, viaggiarono fino a Laie e goderono di un banchetto festoso con quattrocento santi.23

Nel corso dei giorni che seguirono, mentre incontrava i membri della Chiesa e faceva il giro della fattoria, il presidente Smith fu felice di vedere che i santi hawaiani prosperavano sia spiritualmente che materialmente. Ora sulle isole vivevano circa diecimila santi. Dottrina e Alleanze e Perla di Gran Prezzo erano stati da poco pubblicati in hawaiano. Più di cinquanta case di riunione della Chiesa costellavano le isole e Laie stessa vantava una scuola della Chiesa. I santi di Laie avevano anche abbellito i loro giardini e le strade con fiori e alberi robusti.24

La Chiesa si stava espandendo anche in altre zone dell’Oceania. Il Libro di Mormon e altro materiale della Chiesa erano ora disponibili in maori, samoano e tahitiano. La Missione di Tahiti possedeva una macchina da stampa e pubblicava un suo periodico della Chiesa in tahitiano, Te Heheuraa Api [nuova rivelazione].25 Nelle isole Tonga, la Chiesa stava mettendo di nuovo radici dopo essere stata chiusa all’opera missionaria per più di dieci anni. I santi dell’Australia, delle Samoa e della Nuova Zelanda rendevano il culto riuniti in rami forti, con Società di Soccorso, Scuole Domenicali e cori. Inoltre, nel 1913 la Chiesa aveva aperto il Māori Agricultural College a Hastings, in Nuova Zelanda. La scuola istruiva i giovani uomini nel campo dell’agricoltura e in altre professioni.26

Il primo giugno, la loro ultima sera a Laie, il presidente Smith camminò con il vescovo Nibley e l’anziano Smoot fino a una casa di riunione in cima a una collinetta affacciata sulla città. La casa di riunione era lì sin dal 1883. Il suo nome, I Hemolele, significava “Santità all’Eterno”, la stessa espressione biblica che appariva sull’esterno del Tempio di Salt Lake.27

Appena fuori dall’edificio, il presidente Smith menzionò all’anziano Smoot che lui e il vescovo Nibley avevano parlato della possibilità di costruire una casa delle investiture o un piccolo tempio a Laie, visto che la Chiesa alle Hawaii era ben stabilita. Suggerì di spostare I Hemolele in un altro luogo in modo che su quel sito potesse essere edificato un tempio.28

L’anziano Smoot accolse con favore l’idea. All’inizio di quella settimana, dopo aver partecipato al funerale di un santo anziano che aveva ricevuto l’investitura anni prima nello Utah, aveva avuto un’idea simile. Per gran parte della sua storia, la Chiesa aveva edificato templi laddove c’erano grandi popolazioni di santi. Nel 1913, tuttavia, il presidente Smith aveva dedicato il terreno per la costruzione di un tempio a Cardston, nell’Alberta, in Canada, dove ora c’erano due pali. Era la prima volta che era stata pianificata la costruzione di un tempio per i santi che vivevano lontani dal corpo principale della Chiesa.29

“Fratelli”, disse il presidente Smith ai suoi compagni, “mi sento spinto a dedicare questo terreno per l’edificazione di un tempio di Dio, un luogo in cui i popoli delle isole del Pacifico possano venire e svolgere il loro lavoro di tempio”. Riconobbe di non aver consultato in merito alla questione né il Quorum dei Dodici Apostoli né gli altri membri della Prima Presidenza. “Tuttavia, se ritenete che non debbano esserci obiezioni”, disse, “io credo che sia giunto il momento di dedicare il terreno”.

L’anziano Smoot e il vescovo Nibley ne furono entusiasti, così il profeta offrì la preghiera dedicatoria immediatamente.30


Nell’estate del 1915, la rivoluzione messicana non costituiva più una grande minaccia per le colonie della Chiesa nel Messico settentrionale. Molte famiglie erano ritornate alle loro case nelle colonie e vivevano in modo relativamente pacifico. Nel frattempo, alcuni dei coloni, tra cui Camilla Eyring e la sua famiglia, avevano scelto di rimanere negli Stati Uniti.31

Tuttavia, le condizioni erano diverse a San Marcos, dove Rafael Monroy ora serviva come presidente di un ramo di circa quaranta santi. Il 17 luglio un gruppo di truppe ribelli invase il villaggio, stabilì il proprio quartier generale in una grande casa in centro città e pretese che Rafael, da ricco allevatore, fornisse loro carne.32

Nella speranza di placare le truppe, Rafael diede loro una mucca da macellare. I ribelli erano zapatisti, ovvero seguaci di Emiliano Zapata, uno dei vari capi ribelli in competizione per il controllo del governo messicano. Per mesi gli zapatisti avevano combattuto gli eserciti di Venustiano Carranza, ossia i carranzisti, nella zona attorno a San Marcos. Seguendo il consiglio del presidente di missione Rey L. Pratt, Rafael e gli altri santi del luogo cercarono di restare fuori dalla battaglia, sperando che gli eserciti li avrebbero lasciati in pace. Fino all’arrivo dei ribelli, San Marcos era stata un’oasi di pace per i santi sfollati a causa delle violenze nel Messico centrale.33

Tra i santi che si trovavano a San Marcos c’erano la madre di Rafael, Jesusita, e sua moglie, Guadalupe, che erano state battezzate nel luglio del 1913. Il presidente Pratt, che era partito per gli Stati Uniti, continuava ad aiutare il ramo da lontano.34

Dopo che Rafael ebbe consegnato la mucca, alcuni dei suoi vicini iniziarono a parlare con i ribelli. Un vicino, Andres Reyes, non era contento del numero crescente di santi nella zona. Molti messicani si opponevano alle influenze straniere nella loro nazione, e Andres e altri in città provavano del risentimento verso la famiglia Monroy perché aveva abbandonato la fede cattolica per unirsi a una chiesa che aveva rapporti stretti con gli Stati Uniti. Il fatto che la sorella maggiore dei Monroy, Natalia, avesse sposato un americano non faceva che accrescere i sospetti in città nei confronti della famiglia.35

Sapute queste cose, i soldati seguirono Rafael a casa sua e lo arrestarono proprio mentre si stava sedendo per colazione. Gli ordinarono di aprire l’emporio di famiglia, sostenendo che lui e il suo cognato americano fossero colonnelli dell’esercito carranzista e nascondessero armi da usare conto gli zapatisti.

All’emporio, Rafael e le truppe trovarono Vicente Morales, un altro membro della Chiesa, che svolgeva piccoli lavori. Credendo che anche lui fosse un soldato carranzista, le truppe lo arrestarono e iniziarono a perquisire l’emporio alla ricerca di armi. Rafael e Vicente si dichiararono innocenti, assicurando alle truppe di non essere dei nemici.

I soldati non ci credettero. “Se non ci consegnate le vostre armi”, dissero, “vi impiccheremo all’albero più alto”.36


Quando gli zapatisti costrinsero Rafael a uscire di casa, le sue sorelle Jovita e Lupe li seguirono. Jovita raggiunse per prima i soldati, ma loro ignorarono le sue suppliche. Lupe arrivò appena in tempo per vedere i ribelli catturare sua sorella. “Lupe”, gridò Jovita, “mi stanno arrestando!”.

Ormai si era radunata una folla di gente attorno a Rafael e Vicente. Alcune persone avevano in mano delle corde e gridavano: “Impiccateli!”.

“Che cosa fate? Mio fratello è innocente”, disse Lupe. “Demolite la casa se dovete, ma non troverete armi”.

Qualcuno tra la folla gridò di arrestare anche lei. Lupe corse a un albero vicino e vi si aggrappò il più saldamente possibile, ma i soldati ribelli la afferrarono e la trascinarono via con facilità,37 poi tornarono alla casa dei Monroy e arrestarono Natalia.

I ribelli portarono tutte e tre le sorelle al loro quartier generale e le tennero in stanze separate. Fuori, alcune persone dissero ai soldati che Rafael e Vicente erano ‘mormoni’ e che stavano corrompendo la città con la loro strana religione. I soldati non avevano mai sentito quella parola, ma ritennero significasse qualcosa di brutto. Portarono i due uomini a un albero alto e fecero passare delle corde sui rami, poi misero loro il cappio al collo. Se Rafael e Vicente avessero abbandonato la loro religione e si fossero uniti agli zapatisti, dissero i soldati, sarebbero stati liberati.

“La mia religione mi è più cara della vita stessa”, disse Rafael, “e non posso rinunciarvi”.

I soldati tirarono le corde fino a che Rafael e Vicente penzolarono appesi per il collo e svennero. Poi, i ribelli lasciarono andare le corde, li rianimarono e continuarono a torturarli.38

All’emporio, i ribelli continuavano a cercare le armi. Jesusita e Guadalupe insistevano che non c’erano armi. “Mio figlio è un uomo pacifico!”, diceva Jesusita. “Se così non fosse, credete che lo avreste trovato a casa?”. Quando i soldati chiesero di nuovo di vedere le armi della famiglia, i Monroy mostrarono copie del Libro di Mormon e della Bibbia.

“Queste non sono armi”, dissero i ribelli. “Vogliamo le armi”.

Nel pomeriggio, al quartier generale zapatista, i ribelli riunirono i fratelli Monroy nella stessa stanza. Lupe fu sconvolta per l’aspetto di Rafael. “Rafa, hai del sangue sul collo”, gli disse. Rafael si diresse a un lavandino presente nella stanza e si lavò il viso. Sembrava calmo e non arrabbiato, nonostante tutto quello che era accaduto.

Più tardi, Jesusita portò del cibo ai suoi figli. Prima di andarsene, Rafael le diede una lettera che aveva scritto a un capitano zapatista che conosceva, chiedendo il suo aiuto per dimostrare la sua innocenza. Jesusita prese la lettera e andò a cercare il capitano. Poi i Monroy e Vicente benedissero il cibo, ma prima che potessero mangiare sentirono un rumore di passi e di armi fuori dalla porta. I soldati chiamarono Rafael e Vicente, che uscirono dalla stanza. Sulla porta, Rafael chiese a Natalia di uscire con lui, ma le guardie la spinsero dentro.

Le sorelle si guardarono, con il cuore a mille. Tra loro scese il silenzio. Poi degli spari rimbombarono nella notte.39


Hyrum M. Smith sentiva un peso enorme sulle spalle mentre rifletteva sulla situazione in Europa. Come presidente della Missione europea, aveva prontamente seguito le direttive della Prima Presidenza e aveva trasferito i missionari fuori dalla Germania e dalla Francia poco dopo l’inizio della guerra. Tuttavia, non sapeva cosa fare con i missionari nelle nazioni neutrali o in aree senza combattimenti violenti, come la Gran Bretagna. La Prima Presidenza gli aveva dato poche istruzioni su come procedere. “Lasciamo la decisione a lei”, avevano scritto.40

Hyrum si era incontrato due volte con i missionari nell’ufficio della missione per parlare del corso d’azione da seguire. Dopo averne parlato un po’, avevano concordato di rilasciare soltanto i missionari dell’Europa continentale, lasciando che i missionari della Gran Bretagna terminassero la loro missione secondo quanto stabilito. Poi Hyrum aveva scritto ai presidenti di missione del continente, istruendo loro e i loro assistenti di rimanere dove si trovavano per sostenere la Chiesa in quelle zone. Il resto dei missionari doveva essere evacuato.41

Ora, un anno dopo, i giornali riportavano molte storie sugli attacchi dei tedeschi alle navi militari e civili britanniche. Nel maggio del 1915, un sottomarino tedesco silurò il Lusitania, un transatlantico britannico, uccidendo circa milleduecento persone tra civili ed equipaggio. Tre mesi dopo, i tedeschi affondarono un altro transatlantico britannico, l’Arabic, al largo della costa dell’Irlanda. A bordo c’era un missionario sulla via di casa che per poco non morì nell’attacco.

In quanto responsabile di organizzare l’attraversamento dell’Atlantico per i missionari e i santi emigranti, Hyrum non sapeva come reagire nel modo migliore alla crisi.42 Molti dei missionari americani in Gran Bretagna erano così impazienti di tornare a casa da essere disposti a correre qualsiasi rischio per arrivarci. I santi emigranti, allo stesso modo, spesso anteponevano il loro desiderio di radunarsi nello Utah alla loro sicurezza personale.

A complicare le cose, la Chiesa aveva firmato un contratto con una compagnia navale britannica per gestire tutte le traversate dell’Atlantico gestite dalla Chiesa. Non riuscendo a trovare una via d’uscita legale al contratto, Hyrum riteneva che l’ufficio della missione non potesse legalmente prenotare traversate per i santi su navi americane, anche se erano ritenute più sicure visto che gli Stati Uniti non erano in guerra contro la Germania.

Il 20 agosto 1915 scrisse alla Prima Presidenza spiegando il dilemma. Aveva già prenotato una traversata per diversi missionari e santi emigranti con la Scandinavian, una nave britannico-canadese che sarebbe partita da Liverpool il 17 settembre. Adesso però non sapeva se lasciarli partire.

“Prendermi questa responsabilità da solo è un carico quasi troppo pesante per le mie spalle”, scrisse. “Vi prego umilmente di darmi dei consigli a riguardo in modo che io possa capire se sto agendo in totale armonia con i vostri desideri”.43

Una settimana prima della partenza programmata della Scandinavian, Hyrum ricevette un telegramma dalla Prima Presidenza: “Gli emigranti che viaggiano su navi di nazioni belligeranti devono assumersene la responsabilità”. Se sceglievano di viaggiare su navi battenti bandiera britannica, i santi lo facevano a loro rischio e pericolo.44

Hyrum soppesò con attenzione le sue possibilità. Era chiaro che la Prima Presidenza non voleva incoraggiare i santi a viaggiare su navi che avrebbero potuto essere attaccate. Tuttavia, le navi americane più sicure non erano un’opzione per i santi a meno che scegliessero di viaggiare indipendentemente dalla Chiesa. E, anche in quel caso, il prezzo elevato della traversata su navi americane poteva impedire loro di fare il viaggio.

“Sono riluttante a rischiare la vita dei nostri santi nell’oceano”, scrisse nel suo diario, ma sapeva di dover fare qualcosa. “Finché non ci sarà ordinato di non procedere”, scrisse, “continueremo e avremo fiducia nel Signore”.45

Il 17 settembre 1915, Hyrum salutò quattro missionari e trentasette emigranti imbarcati sulla Scandinavian.46 Poi, tutto quello che poté fare fu aspettare la notizia del loro arrivo in sicurezza a destinazione.

  1. Herwig, The Marne, 1914, 110; Junius F. Wells e Arthur Horbach, “The Liege Branch during the Great War”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 6 novembre 1919, 81:712; Chas. Annotazione di Arthur Horbach, Ramo di Liegi, Conferenza belga, Missione francese, n. 44, in Belgium (Country), parte 1, Record of Members Collection, CHL. Argomento: Belgium [Belgio]

  2. Sheffield, Short History of the First World War, 12–27; Clark, Sleepwalkers, 367–403, 469–470, 526–527. Argomento: World War I [Prima guerra mondiale]

  3. Herwig, The Marne, 1914, 108–117; Zuber, Ten Days in August, 13, 155, 188–198; Junius F. Wells e Arthur Horbach, “The Liege Branch during the Great War”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 6 novembre 1919, 81:712.

  4. Annotazione di Anne Matilde Horbach, Ramo di Liegi, Conferenza belga, Missione francese, n. 43, in Belgium (Country), parte 1, Record of Members Collection, CHL; Junius F. Wells e Arthur Horbach, “The Liege Branch during the Great War”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 6 novembre 1919, 81:712; Willey, Memoirs, 19, 27; J. Moyle Gray a Heber J. Grant, 15 agosto 1919, Heber J. Grant Collection, CHL.

  5. Junius F. Wells e Arthur Horbach, “The Liege Branch during the Great War”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 6 novembre 1919, 81:712–713; J. Moyle Gray a Heber J. Grant, 15 agosto 1919, Heber J. Grant Collection, CHL; annotazione di Tonia V. Deguée, Ramo di Liegi, Conferenza belga, Missione francese, n. 8, in Belgium (Country), parte 1, Record of Members Collection, CHL; Kahne, History of the Liège District, 14–15.

  6. Willey, Memoirs, 31, 33, 35; Hall, Autobiography, [6]; Junius F. Wells e Arthur Horbach, “The Liege Branch during the Great War”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 6 novembre 1919, 81:712–713; J. Moyle Gray a Heber J. Grant, 15 agosto 1919, Heber J. Grant Collection, CHL.

  7. “Missionary Journal of Myrl Lewis”, 3 settembre 1914; “List of Names of Missionaries Transferred from European Mission to British Mission”, 1914; Hyrum Smith alla Prima Presidenza, 29 agosto 1914, First Presidency Mission Administration Correspondence, CHL.

  8. Junius F. Wells e Arthur Horbach, “The Liege Branch during the Great War”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 6 novembre 1919, 81:712–713; J. Moyle Gray a Heber J. Grant, 15 agosto 1919, Heber J. Grant Collection, CHL; Chas. Annotazioni di Arthur Horbach, Anne Matilde Horbach e Charles Jean Devignez, Ramo di Liegi, Conferenza belga, Missione francese, n. 43, 44, 77, in Belgium (Country), parte 1, Record of Members Collection, CHL.

  9. Junius F. Wells e Arthur Horbach, “The Liege Branch during the Great War”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 6 novembre 1919, 81:712–713; J. Moyle Gray a Heber J. Grant, 15 agosto 1919, Heber J. Grant Collection, CHL. Argomento: Riunioni sacramentali

  10. Hyrum M. Smith, Diary, 2 ottobre 1914; “Hyrum Mack Smith”, Missionary Database, history.ChurchofJesusChrist.org/missionary; Smith, Salt Lake Tabernacle Address, 1.

  11. Smith, Salt Lake Tabernacle Address, 1–2; “‘Mormon’ Women in Great Britain”, Deseret Evening News, 13 ottobre 1914, 5; McGreal, Liverpool in the Great War, 28–29.

  12. Smith, Salt Lake Tabernacle Address, 2.

  13. Smith, Salt Lake Tabernacle Address, 2–3; “‘Mormon’ Women in Great Britain”, Deseret Evening News, 13 ottobre 1914, 5.

  14. Smith, Salt Lake Tabernacle Address, 3; “‘Mormon’ Women in Great Britain”, Deseret Evening News, 13 ottobre 1914, 5. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura; traducendo dall’originale, “ero” è stato cambiato in “sono”.

  15. Smith, Salt Lake Tabernacle Address, 3–4. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura; “Avremmo fatto del nostro meglio” cambiato in “Faremo del nostro meglio”.

  16. Smith, Salt Lake Tabernacle Address, 4–6; Amy Brown Lyman, “Notes from the Field”, Relief Society Magazine, novembre 1915, 2:504–506; “Daughters of Zion”, Relief Society Magazine, ottobre 1916, 3:543; “‘Mormon’ Women in Great Britain”, Deseret Evening News, 13 ottobre 1914, 5.

  17. Smith, Salt Lake Tabernacle Address, 5; “Daughters of Zion”, Relief Society Magazine, ottobre 1916, 3:543; Nottingham Branch Relief Society Minutes, ottobre 1915, 151; Hyrum M. Smith, Diary, 9–10 marzo 1915. Argomenti: England [Inghilterra]; Società di Soccorso

  18. Joseph F. Smith to Hyrum M. Smith, Nov. 7, 1914, Letterpress Copybooks, 6, Joseph F. Smith Papers, CHL; Sheffield, Short History of the First World War, 34–37; Audoin-Rouzeau, “1915: Stalemate”, 66–69.

  19. Audoin-Rouzeau, “1915: Stalemate”, 70–71; Hiery, Neglected War, 22–30; Dottrina e Alleanze 87:3, 6.

  20. “To Presidents of Stakes and Bishops of Wards”, Deseret Evening News, 13 gennaio 1915, 4; “Donations for Church Members in Europe”, Deseret Evening News, 22 gennaio 1915, 3.

  21. Donation to War Sufferers”, Improvement Era, marzo 1915, 18:455; Charles W. Nibley, Orrin P. Miller e David A. Smith alla Prima Presidenza, 11 ottobre 1915, First Presidency General Administration Files, CHL; Hyrum M. Smith ai presidenti di missione, 23 marzo 1915, First Presidency Mission Files, CHL.

  22. “Church Leader Returns Home”, Salt Lake Herald-Republican, 17 giugno 1915, 12; Santi, volume 2, capitoli 1327; Joseph F. Smith, Journal, 22 maggio 1915; “From Far Away Hawaii”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 8 luglio 1915, 77:417–418. Argomento: Hawaii

  23. Joseph F. Smith, Journal, 21 e 22 maggio 1915; Heath, Diaries of Reed Smoot, xxxiv; Smoot, Diary, 11 e 13 marzo 1915, Reed Smoot Collection, BYU; “Leave for Islands Trip”, Salt Lake Herald-Republican, 25 aprile 1915, [32]; Walker, “Abraham Kaleimahoe Fernandez”, [2].

  24. Joseph F. Smith, Journal, 23–26 maggio 1915; “From Far Away Hawaii”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 8 luglio 1915, 77:418; Britsch, Moramona, 227–231.

  25. Britsch, Unto the Islands of the Sea, 31–32, 43, 278–280, 384. Argomento: French Polynesia [Polinesia francese]

  26. Moffat, Woods e Anderson, Saints of Tonga, 54–57; Britsch, Unto the Islands of the Sea, 289–294; Newton, Southern Cross Saints, 179–182; Historical Department, Journal History of the Church, June 1913, 20; Newton, Tiki and Temple, 66–69, 95–96, 121–128. Argomenti: Australia; New Zealand [Nuova Zelanda]; Samoa; Tonga; Church Academies [Accademie della Chiesa]

  27. Smoot, Diary, 1–2 giugno 1915, Reed Smoot Collection, BYU; Dowse, “The Laie Hawaii Temple”, 68–69; I Hemolele, fotografia, Joseph F. Smith Library, Brigham Young University–Hawaii, Laie; Holiness to the Lord inscription tablet detail, Architect’s Office, Salt Lake Temple Architectural Drawings, CHL; vedere anche Esodo 28:36; 39:30; e Salmi 93:5.

  28. Smoot, Diary, 1 giugno 1915, Reed Smoot Collection, BYU.

  29. Smoot, Diary, 27 maggio e 1 giugno 1915, Reed Smoot Collection, BYU; “President Smith and Party Return”, Liahona, the Elders’ Journal, 6 luglio 1915, 13:24; “Dedication of the Temple Site at Cardston, Canada”, Liahona, the Elders’ Journal, 16 settembre 1913, 11:206; “Cardston Temple Site Dedicated by Church Leaders”, Salt Lake Herald-Republican, 28 luglio 1913, 1. Argomenti: Edificazione di templi; Canada

  30. Smoot, Diary, 1 giugno 1915, Reed Smoot Collection, BYU; Joseph F. Smith, Journal, 1 giugno 1915; Reed Smoot, in Ninety-First Semi-annual Conference, 137. Argomento: Hawaii

  31. Romney, Mormon Colonies, 235; Kimball, Autobiography, 14–18.

  32. Rey L. Pratt, “A Latter-day Martyr”, Improvement Era, giugno 1918, 21:720–721; Grover, “Execution in Mexico”, 9; Monroy, History of the San Marcos Branch, [12b], [15b], 19, [22b], 25, [31b]–32; Tullis, Martyrs in Mexico, 7, 34–35.

  33. Monroy, History of the San Marcos Branch, [31b]; Jesus M. de Monroy a Rey L. Pratt, 27 agosto 1915, CHL; Grover, “Execution in Mexico”, 13–15; Tullis, Mormons in Mexico, 103. Argomento: Messico

  34. Monroy, History of the San Marcos Branch, 7, [10b]–11, 19; Diary of W. Ernest Young, 98–99, 106–107; “Rey Lucero Pratt”, Missionary Database, history.ChurchofJesusChrist.org/missionary; Tullis, Martyrs in Mexico, 23, 28, 32–41, 92–96.

  35. Monroy, History of the San Marcos Branch, 23, 25, [31b]; Tullis, Martyrs in Mexico, 9, 32–33.

  36. Monroy, History of the San Marcos Branch, [31b]–32; Jesus M. de Monroy a Rey L. Pratt, 27 agosto 1915, CHL; Rey L. Pratt, “A Latter-day Martyr”, Improvement Era, giugno 1918, 21:723; Tullis, Martyrs in Mexico, 10–12. Citazione tradotta in inglese modificata per facilitarne la lettura; “se non avessero consegnato loro le armi, li avrebbero impiccati all’albero più alto” è stato cambiato in “Se non ci consegnate le vostre armi, vi impiccheremo all’albero più alto”.

  37. Monroy, History of the San Marcos Branch, 32.

  38. Monroy, History of the San Marcos Branch, 32–33; Jesus M. de Monroy a Rey L. Pratt, 27 agosto 1915, CHL; Rey L. Pratt, “A Latter-day Martyr”, Improvement Era, giugno 1918, 21:723–724.

  39. Monroy, History of the San Marcos Branch, [32b]–[33b]; Villalobos, Oral History Interview, 4.

  40. Hyrum M. Smith alla Prima Presidenza, 29 agosto 1914; “List of Names of Missionaries Transferred from European Mission to British Mission”, 1914, First Presidency Mission Administration Correspondence, CHL; la Prima Presidenza a Hyrum M. Smith, 9 settembre 1914, First Presidency Letterpress Copybooks, volume 53.

  41. Hyrum M. Smith, Diary, 25 e 26 settembre; 29 novembre 1914; Hyrum M. Smith alla Prima Presidenza, 30 settembre 1914, First Presidency Mission Administration Correspondence, CHL.

  42. Hyrum M. Smith alla Prima Presidenza, 12 maggio 1915; 25 maggio 1915; 20 agosto 1915, First Presidency Mission Files, CHL; Hyrum M. Smith, Diary, 18–21 agosto 1915.

  43. Hyrum M. Smith alla Prima Presidenza, 20 agosto 1915; 15 ottobre 1915; la Prima Presidenza a Hyrum M. Smith, 11 settembre 1915, First Presidency Mission Files, CHL; “Releases and Departures”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 23 settembre 1915, 77:608.

  44. La Prima Presidenza a Hyrum M. Smith, 11 settembre 1915, First Presidency Mission Files, CHL.

  45. Hyrum M. Smith, Diary, 10 settembre 1915, enfasi nell’originale; Hyrum M. Smith alla Prima Presidenza, 15 ottobre 1915, First Presidency Mission Files, CHL.

  46. Releases and Departures”, Latter-day Saints’ Millennial Star, 23 settembre 1915, 77:608; Hyrum M. Smith alla Prima Presidenza, 15 ottobre 1915, First Presidency Mission Files, CHL.