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Capitolo 4: Dottrina e Alleanze 5; 17


Capitolo 4

Dottrina e Alleanze 5; 17

Introduzione e cronologia degli eventi

Diversi mesi dopo aver perduto le 116 pagine del manoscritto del Libro di Mormon, Martin Harris desiderò ottenere un’ulteriore prova della realtà delle tavole d’oro. Sua moglie criticava il profeta Joseph Smith accusandolo del fatto che, con le sue affermazioni di possedere degli antichi annali, stesse truffando suo marito e altre persone. Nel marzo del 1829 Martin Harris fece ritorno a Harmony, in Pennsylvania, per chiedere di vedere le tavole. Joseph apprese tramite la rivelazione trascritta in Dottrina e Alleanze 5 che il Signore avrebbe chiamato tre testimoni a vedere le tavole e a renderne testimonianza al mondo. Il Signore promise a Martin Harris che, se fosse diventato più umile, gli avrebbe permesso di vedere le tavole.

Nel giugno del 1829, come scritto in Dottrina e Alleanze 17, il Signore annunciò che Oliver Cowdery, David Whitmer e Martin Harris avrebbero potuto vedere le tavole e gli altri sacri oggetti in base alla loro fede, e che, dopo averne ottenuto una prova certa, avrebbero dovuto “[darne] testimonianza mediante il potere di Dio” (DeA 17:3).

Inizio 1829La traduzione delle tavole del Libro di Mormon procede lentamente.

Marzo 1829Martin Harris chiede di vedere le tavole; viene ricevuta Dottrina e Alleanze 5.

Aprile–maggio 1829Oliver Cowdery assiste come scrivano mentre Joseph Smith traduce le tavole.

Giugno 1829Joseph Smith e Oliver Cowdery si trasferiscono per un certo periodo a Fayette, nello Stato di New York.

Giugno 1829Viene ricevuta Dottrina e Alleanze 17.

Giugno 1829Moroni compare a Joseph Smith e ai Tre Testimoni e mostra loro le tavole.

1° luglio 1829 circaJoseph Smith e Oliver Cowdery completano la traduzione del Libro di Mormon.

Dottrina e Alleanze 5 – Approfondimento del contesto storico

Nei mesi che seguirono la perdita delle 116 pagine del manoscritto della traduzione del Libro di Mormon, la moglie di Martin Harris, Lucy, si adoperò per incitare l’opposizione contro il profeta Joseph Smith. Era arrabbiata per il tempo e il denaro che suo marito stava dedicando alla traduzione del Libro di Mormon. Era anche arrabbiata con il Profeta perché non aveva soddisfatto la sua precedente richiesta di farle vedere le tavole d’oro. Presentò una denuncia formale contro Joseph e radunò un certo numero di persone disposte a testimoniare che egli aveva mentito sull’esistenza delle tavole. Oltre alla minaccia di un’azione legale contro Joseph, queste persone avvertirono Martin che, se non si fosse unito a loro per testimoniare contro la presunta truffa architettata da Joseph Smith, sarebbe diventato suo complice e sarebbe finito con lui in prigione.

Sebbene fosse stato scrivano di Joseph, a quel tempo Martin non aveva mai visto le tavole del Libro di Mormon. Essendo andato a casa di Joseph ed Emma a Harmony, Martin espresse il desiderio di ricevere un’ulteriore testimonianza della realtà delle tavole. Forse riteneva che, se avesse potuto vedere le tavole con i suoi occhi, sarebbe stato pronto a testimoniare in tribunale della loro esistenza e far decadere le accuse di truffa a carico suo e di Joseph Smith. Joseph, dopo aver ascoltato la richiesta di Martin di vedere le tavole, chiese al Signore e ricevette la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 5 (vedere The Joseph Smith Papers, Documents, Volume 1: July 1828–June 1831, a cura di Michael Hubbard MacKay e altri [2013], 14–15).

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Cartina 3: Stati Uniti nord-orientali

Dottrina e Alleanze 5:1–22

Negli ultimi giorni il Signore porterà alla luce la Sua parola tramite il profeta Joseph Smith e tre testimoni ne renderanno testimonianza

Dottrina e Alleanze 5:1–3. Martin Harris desidera ricevere una testimonianza delle tavole

Martin Harris aveva ricevuto diverse prove del fatto che il profeta Joseph Smith era veramente in possesso delle tavole d’oro. In precedenza, egli aveva servito quale scrivano di Joseph mentre il Profeta traduceva le tavole. Nel cercare di verificare la loro autenticità, Martin aveva mostrato a degli studiosi di New York una copia delle incisioni che si trovavano sulle tavole. Aveva anche portato a casa le 116 pagine del manoscritto tradotto per mostrarle a sua moglie e a poche altre persone, come prova del fatto che era impegnato in un’opera importante. Nonostante tutto questo, quando tornò a Harmony, nel marzo del 1829, Martin confidò a Isaac Hale, padre di Emma, che desiderava “una testimonianza più grande” delle tavole (vedere The Joseph Smith Papers, Documents, Volume 1: July 1828–June 1831, 15).

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raffigurazione delle tavole del Libro di Mormon

Riproduzione delle tavole del Libro di Mormon.

Dottrina e Alleanze 5:1–3. “Ti ho comandato di essere un testimone di queste cose”

Il Signore disse al profeta Joseph Smith che il suo ruolo era quello di rendere testimonianza al mondo della sua sacra chiamata e del Libro di Mormon, invece che permettere a tutti di vedere le tavole. Poiché Joseph Smith fu il profeta e veggente scelto per tradurre le tavole per dono e potere di Dio, quella da lui resa riguardo alla divinità del Libro di Mormon si erge come testimonianza preminente della realtà della restaurazione del Vangelo.

Il Profeta adempì questo comandamento del Signore fino alla fine della sua vita terrena. L’anziano Jeffrey R. Holland del Quorum dei Dodici Apostoli ha raccontato:

“[Rinchiuso] nella prigione [di Carthage], il profeta Joseph Smith si voltò verso le guardie che lo tenevano prigioniero e rese una testimonianza possente dell’autenticità divina del Libro di Mormon. Poco dopo le pistole e le pallottole presero la vita dei due testimoni [Joseph e suo fratello Hyrum].

Come uno delle migliaia di elementi che compongono la mia testimonianza della divinità del Libro di Mormon, presento questo come un’ulteriore prova della sua veridicità. Nelle ultime e più turbolente ore della loro vita, pensate che questi uomini avrebbero bestemmiato contro Dio continuando a basare la propria vita, il proprio onore e la propria ricerca della salvezza eterna su un libro (e quindi di conseguenza una chiesa e un ministero) che avevano creato maliziosamente dal nulla? […]

Ditemi se, nell’ora della loro morte, questi due uomini sarebbero entrati alla presenza del loro Giudice Eterno citando e trovando sollievo in un libro che li avrebbe marchiati come impostori e ciarlatani fino alla fine dei giorni, se non si fosse trattato davvero della parola di Dio. Non lo avrebbero fatto! Erano disposti a morire, piuttosto che rinnegare l’origine divina e la veridicità eterna del Libro di Mormon” (“Salvezza per l’anima”, Liahona, novembre 2009, 89).

Dottrina e Alleanze 5:6–10. “Questa generazione avrà la mia parola tramite te”

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Joseph nel Bosco

Joseph in the Grove [Joseph nel Bosco], di A. D. Shaw.

Il Signore aveva promesso che, dopo la traduzione delle tavole del Libro di Mormon, il profeta Joseph Smith sarebbe stato ordinato per portare la Sua parola a questa “generazione” (DeA 5:8, 10) o dispensazione. Una dispensazione è un periodo in cui il Signore rivela, o “dispensa”, la pienezza del Suo vangelo, dell’autorità del sacerdozio e delle ordinanze.

L’anziano Bruce R. McConkie (1915–1985) del Quorum dei Dodici Apostoli ha sottolineato l’importante ruolo del profeta Joseph Smith in questa dispensazione: “Il Signore ha detto a Joseph Smith: ‘Questa generazione avrà la mia parola tramite te’ (DeA 5:10). Questo significa che riceveremo la conoscenza di Dio, della verità e della salvezza, e sapremo le cose che dobbiamo fare per meritarci la nostra salvezza con timore e tremore dinanzi al Signore, tramite Joseph Smith e in nessun altro modo. Egli è l’agente, il rappresentante, lo strumento che il Signore ha nominato per portare la verità riguardo a Lui stesso e le Sue leggi a tutti gli uomini in tutto il mondo in quest’epoca” (Sermons and Writings of Bruce R. McConkie, a cura di Mark L. McConkie [1989], 19).

Dottrina e Alleanze 5:6–7. Una prova materiale non porta le persone a credere

Tra le “cose” (DeA 5:2) che il Signore dette al profeta Joseph Smith vi furono le tavole d’oro (vedere DeA 5:1). Semplicemente vedere ed esaminare le tavole non avrebbe convinto le persone della veridicità del Libro di Mormon. I segni non generano la fede (vedere il commentario a DeA 63:7–11 in questo manuale). Ad esempio, Laman e Lemuele videro un angelo, ma non ebbero un mutamento di cuore (vedere 1 Nefi 3:28–31). Non si riceve una testimonianza dell’autenticità del Libro di Mormon vedendo le tavole, ma piuttosto essendo disposti a credere alle parole del Signore che si trovano nel libro. L’anziano Neil L. Andersen del Quorum dei Dodici Apostoli ha insegnato: “La fede in Gesù Cristo è un dono dal cielo che ci giunge quando scegliamo di credere e quando la cerchiamo e ci aggrappiamo ad essa. […] Il futuro della vostra fede non si basa sul caso, ma sulle scelte” (“La fede non si ottiene per caso, ma per scelta”, Liahona, novembre 2015, 65). Ripetendo l’espressione “le mie parole” in DeA 5:6–7, il Signore ci invita a concentrarci sugli insegnamenti e sulla dottrina del Libro di Mormon, piuttosto che sulle tavole, per ottenere una testimonianza della verità.

Dottrina e Alleanze 5:11–18. Tre servitori per rendere testimonianza del Libro di Mormon

Ispirato dal Signore, il profeta Joseph Smith chiamò Oliver Cowdery, Martin Harris e David Whitmer a essere i tre “servitori” (DeA 5:11) di cui si parla in Dottrina e Alleanze 5:11–18. Questi tre uomini avrebbero sentito la voce di Dio dichiarare che le tavole erano state “tradotte per dono e potere di Dio” e un angelo le avrebbe mostrate loro (“La testimonianza di tre testimoni”, Libro di Mormon). In seguito, quando gli Otto Testimoni videro le tavole, non udirono la voce di Dio né videro un angelo. Quindi, quanto dichiarato dal Signore ai Tre Testimoni — “A nessun altro concederò questo potere, di ricevere questa stessa testimonianza” (DeA 5:14) — potrebbe riferirsi alla singolarità della loro esperienza. Per leggere altro sull’esperienza dei Tre Testimoni, vedere il commentario a Dottrina e Alleanze 17 in questo capitolo.

Dottrina e Alleanze 5:16. “Li visiterò con la manifestazione del mio Spirito”

Il Signore, oltre a promettere che avrebbe mostrato le tavole del Libro di Mormon a tre testimoni (DeA 5:11–13), promise anche che coloro che avessero creduto nelle Sue parole avrebbero ricevuto una propria manifestazione spirituale. Sulla realtà di questa testimonianza spirituale, l’anziano Robert D. Hales del Quorum dei Dodici Apostoli ha detto: “Nel cercare una testimonianza personale, ossia una rivelazione personale, scoprirete che il Padre Celeste vi ha fornito un modo speciale affinché possiate sapere la verità da voi stessi: mediante il terzo membro della Divinità, un personaggio di spirito che noi conosciamo come lo Spirito Santo” (“La vita eterna: conoscere il nostro Padre Celeste e Suo Figlio, Gesù Cristo”, Liahona, novembre 2014, 82).

Come scritto in Dottrina e Alleanze 5:16, il Signore ha anche dichiarato che ricevere una testimonianza spirituale ha sul credente un effetto che lo porta a cambiare. Questo è uno dei motivi per cui non è sufficiente soltanto vedere le tavole. Il processo che consiste nel leggere il libro, credere nelle parole e ricevere una manifestazione spirituale della verità suscita nel lettore un cambiamento, una rinascita spirituale.

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giovane donna che studia le Scritture

Studiando il Libro di Mormon con l’aiuto della preghiera, possiamo ricevere una testimonianza della sua veridicità tramite lo Spirito Santo.

Dottrina e Alleanze 5:21–22. “Non cedere più alle persuasioni degli uomini”

In questa e in altre occasioni, il Signore rimproverò il profeta Joseph Smith (vedere DeA 3:3–9; 64:5–7). Queste rivelazioni dimostrano che i servitori scelti dal Signore sono persone imperfette che cercano ciononostante di compiere la volontà del Signore. La sola persona perfetta e senza peccato che ha vissuto sulla terra è Gesù Cristo; tutti gli altri hanno peccato, hanno bisogno della misericordia divina e devono pentirsi (vedere Romani 3:23). Questo è uno dei motivi per cui dobbiamo edificare le nostre fondamenta spirituali su Gesù Cristo (vedere Helaman 5:12) e dobbiamo seguirLo sostenendo “con la preghiera della fede” i Suoi servitori scelti (DeA 43:12).

Il presidente Gordon B. Hinckley (1910–2008) ha dichiarato:

“Siamo coscienti che i nostri progenitori erano umani. Indubbiamente commettevano errori. […]

C’è stato un solo uomo perfetto che abbia mai calpestato la polvere della terra. Il Signore ha usato persone imperfette nel progetto di edificazione della Sua società perfetta. Se alcuni di essi occasionalmente hanno inciampato, o se il loro carattere può essere stato lievemente difettoso per un aspetto o per l’altro, ancora più grande è la meraviglia che deve suscitare il fatto che siano riusciti a realizzare obiettivi tanto grandi” (“L’incessante ricerca della verità”, La Stella, febbraio 1986, 10–11).

Dottrina e Alleanze 5:23–35

Il Signore dice a Martin Harris che, se si pente, può essere chiamato quale uno dei Tre Testimoni

Dottrina e Alleanze 5:23–28. Il ruolo dell’umiltà

Il Signore promise a Martin Harris che sarebbe stato un testimone delle tavole del Libro di Mormon, ossia “di queste cose” (DeA 5:2, 11), se fosse diventato più umile, avesse riconosciuto gli errori commessi e fosse stato disposto a portare testimonianza al mondo delle cose che avrebbe visto. Persino dopo la dura esperienza di aver perso le 116 pagine del manoscritto del Libro di Mormon, Martin trovava difficile confidare umilmente nel fatto che Dio stava operando tramite il Suo servitore Joseph Smith (vedere The Joseph Smith Papers, Documents, Volume 1: July 1828–June 1831, 14–15).

L’umiltà è un requisito per tutti coloro che cercano di essere discepoli di Gesù Cristo. L’anziano Marlin K. Jensen dei Settanta ha spiegato: “Attraverso questo processo [di diventare come un fanciullo], alla fine acquisiremo gli attributi propri del fanciullo quali mitezza, umiltà, pazienza, amore e sottomissione spirituale. La vera umiltà ci porterà inevitabilmente a dire a Dio: ‘Sia fatta la tua volontà’. E poiché quello che siamo influisce su quello che facciamo, la nostra sottomissione si rifletterà sulla nostra riverenza, gratitudine e disponibilità ad accettare le chiamate, i consigli e i richiami” (“‘Cammina umilmente col tuo Dio’”, Liahona, luglio 2001, 10).

Dottrina e Alleanze 50:30–34. Il Signore provvederà i mezzi per completare la traduzione

Da quando le tavole del Libro di Mormon gli erano state restituite dopo la perdita delle 116 pagine del manoscritto, il profeta Joseph Smith aveva fatto ben pochi progressi nell’opera di traduzione. È possibile che durante questo periodo Emma Smith e suo fratello Reuben Hale abbiano aiutato Joseph in qualità di scrivani (vedere The Joseph Smith Papers, Documents, Volume 1: July 1828–June 1831, 4). Quando, nel marzo del 1829, fu ricevuta la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 5, il Signore disse a Joseph di fermarsi “per qualche tempo” (DeA 5:30) e di aspettare fino a che Egli avrebbe provveduto “i mezzi” per completare la traduzione del Libro di Mormon (DeA 5:34). Sembra che questo si sia adempiuto quando Oliver Cowdery arrivò a Harmony, qualche settimana dopo che Joseph aveva ricevuto questa rivelazione (vedere il commentario a Dottrina e Alleanze 6).

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scatola di legno che conteneva le tavole del Libro di Mormon.

A volte le tavole del Libro di Mormon venivano chiuse in questa scatola di legno per mantenerle al sicuro.

Dottrina e Alleanze 17 – Approfondimento del contesto storico

Nel marzo del 1829 il Signore rivelò al profeta Joseph Smith che avrebbe permesso a tre servitori di vedere le tavole del Libro di Mormon e che, quindi, essi ne avrebbero portato testimonianza al mondo (vedere DeA 5:11–15). In seguito, mentre stava terminando la traduzione delle piccole tavole, quasi alla fine del suo lavoro sul Libro di Mormon, a Joseph fu nuovamente ricordato il piano del Signore di chiamare tre testimoni per vedere le tavole (vedere 2 Nefi 27:12–14; Ether 5:2–4). Il profeta Joseph Smith scrisse: “Quasi immediatamente dopo aver fatto questa scoperta, sovvenne a Oliver Cowdery, David Whitmer e […] Martin Harris (che era venuto a informarsi del nostro progresso nel lavoro di traduzione) di chiedermi di rivolgermi al Signore per sapere se potevano ottenere da Lui il privilegio di essere questi tre testimoni speciali. E diventarono talmente pressanti e m’invitarono così tanto a chiedere che alla fine acconsentii e per mezzo dell’Urim e Thummim ottenni dal Signore quanto segue: [DeA 17]” (The Joseph Smith Papers, Histories, Volume 1: Joseph Smith Histories, 1832–1844, a cura di Karen Lynn Davidson e altri [2012], 314).

Dottrina e Alleanze 17

Il Signore comanda ai Tre Testimoni di rendere testimonianza delle tavole

Dottrina e Alleanze 17:1–2. “Vedrete le tavole”

La promessa che tre testimoni avrebbero avuto il permesso di vedere le tavole del Libro di Mormon e altri oggetti sacri dipendeva dal fatto che avessero una fede come quella che “avevano gli antichi profeti” (DeA 17:2). Alla fine, a Oliver Cowdery, David Whitmer e Martin Harris fu dato il privilegio di vedere le tavole d’oro, il pettorale, la spada di Labano, l’Urim e Thummim e gli “indicatori miracolosi”, o Liahona (DeA 17:1; vedere anche Alma 37:38–39). In seguito, David Whitmer attestò: “Non vedemmo solo le tavole del L[ibro] di M[ormon], ma anche le tavole di bronzo, le tavole del Libro di Ether, le tavole che contenevano le malvagità delle persone del mondo e molte altre tavole” (The Joseph Smith Papers, Documents, Volume 1: July 1828–June 1831, 380). Vedere, oltre alle tavole d’oro, anche gli altri oggetti antichi avrebbe dato ai Tre Testimoni la certezza che gli eventi e le persone descritte nel Libro di Mormon erano reali.

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fattoria di Peter Whitmer sr.

L’angelo Moroni mostrò le tavole del Libro di Mormon a Joseph Smith e ai Tre Testimoni vicino a questa fattoria di Peter Whitmer sr. a Fayette, nello Stato di New York.

Dottrina e Alleanze 17:3–7. La visione ricevuta dai Tre Testimoni

La sacra esperienza promessa dal Signore si realizzò intorno alla fine di giugno del 1829, quasi al termine dell’opera di traduzione del profeta Joseph Smith a casa di Peter Whitmer sr. Il Profeta scrisse:

“Non molti giorni dopo che fu dato il comandamento [in DeA 17], noi quattro — ossia Martin Harris, David Whitmer, Oliver Cowdery ed io — decidemmo di ritirarci nei boschi per cercare di ottenere, tramite una preghiera fervente e umile, l’adempimento delle promesse fatte nella rivelazione [che essi avrebbero visto le tavole e gli altri oggetti]. […] Di conseguenza scegliemmo un boschetto vicino alla casa del signor Whitmer, e là ci ritirammo e, dopo esserci inginocchiati, iniziammo a pregare con grande fede l’Iddio Onnipotente affinché riversasse su di noi la realizzazione di quelle promesse. Secondo gli accordi presi in precedenza, cominciai a pregare il nostro Padre Celeste ad alta voce e fui seguito a turno dagli altri. Tuttavia al primo tentativo non ottenemmo alcuna risposta o manifestazione di favore divino verso di noi.

Osservammo di nuovo lo stesso ordine nel pregare, ciascuno invocando e pregando Dio ferventemente; ma il risultato fu lo stesso. Al nostro secondo fallimento, Martin Harris propose di allontanarsi da noi credendo, come spiegò, di essere la causa per cui non stavamo ottenendo ciò che chiedevamo. Quindi, egli si ritirò e noi ci inginocchiammo nuovamente e, dopo pochi minuti di preghiera, scorgemmo una luce nell’aria, estremamente brillante, e vedemmo un angelo dinanzi a noi. Tra le mani teneva le tavole che avevamo pregato di poter vedere. Egli voltava le pagine ad una ad una, in modo che noi potessimo vederle e scorgerne distintamente le incisioni. Egli si rivolse a David Whitmer e disse: ‘David, benedetto è il Signore e colui che osserva i Suoi comandamenti’, e subito dopo udimmo una voce proveniente dalla luce sopra di noi che diceva: ‘Queste tavole sono state rivelate per il potere di Dio e sono state tradotte per il potere di Dio. La loro traduzione che avete veduto è corretta, e io vi comando di portare testimonianza di ciò che ora vedete e udite’.

A questo punto io mi allontanai da David e Oliver per andare in cerca di Martin Harris, che trovai a una notevole distanza tutto intento nella preghiera. Egli mi disse subito di non aver avuto successo con il Signore e mi chiese caldamente di unirmi a lui nella preghiera, affinché anche a lui fosse concesso lo stesso dono che noi avevamo appena ricevuto. Così ci unimmo in preghiera e alla fine ottenemmo la realizzazione dei nostri desideri; infatti, prima che avessimo finito, la stessa visione apparve dinanzi ai nostri occhi, o quanto meno apparve nuovamente a me, perché una volta ancora vidi e udii le stesse cose, mentre nel medesimo istante, Martin Harris gridò pieno di gioia: ‘Basta così, basta così; i miei occhi hanno veduto’ e poi, saltando su, gridò: ‘Osanna’, benedicendo Dio, e gioì grandemente” (The Joseph Smith Papers, Histories, Volume 1: 1832–1834, 316, 318, 320).

A seguito di quell’esperienza, i testimoni scrissero una dichiarazione, firmata da ognuno di loro. Quella dichiarazione, conosciuta come “La testimonianza di tre testimoni”, è apparsa nella prima edizione stampata del Libro di Mormon e in tutte quelle successive pubblicate dalla Chiesa.

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Il monumento ai Tre Testimoni a Richmond, nel Missouri

Un monumento a Richmond, nel Missouri, rende onore ai Tre Testimoni del Libro di Mormon.

Dottrina e Alleanze 17:4–5. “Voi attesterete che le avete vedute”

Dopo aver visto le tavole d’oro, Oliver Cowdery, David Whitmer e Martin Harris condividevano il peso di rendere testimonianza al mondo della realtà delle tavole e della divinità del Libro di Mormon. Lucy Mack Smith, madre del profeta Joseph Smith, descrisse così i sentimenti di Joseph al ritorno a casa della famiglia Whitmer dopo la visione: “Quando tornarono a casa tra le tre e le quattro del pomeriggio, io, la signora Whitmer e il signor Smith [Joseph Smith sr] eravamo seduti in una stanza. Io sedevo sul bordo di un letto. Quando Joseph entrò, si gettò in ginocchio accanto a me. ‘Padre! Madre!’, esclamò, ‘Non sapete quanto sono felice. Il Signore ha permesso che le tavole fossero mostrate ad altre tre persone, oltre a me, che hanno anche visto un angelo e dovranno portare testimonianza della verità di ciò che ho detto, poiché ora essi sanno personalmente che non vado in giro a ingannare la gente. Mi sento sollevato da un tremendo fardello che era quasi troppo pesante per me da portare, ma ora loro ne dovranno portare una parte. La mia anima si rallegra perché non sarò più completamente solo al mondo’” (“Lucy Mack Smith, History, 1844–1845”, libro 8, pagina 11, josephsmithpapers.org).

Come descritto nel Libro di Mormon, il Signore ha profetizzato che oltre a Joseph Smith e ai Tre Testimoni “non c’è nessun altro che lo esaminerà, salvo pochi, secondo la volontà di Dio, per portar testimonianza della sua parola ai figlioli degli uomini” (2 Nefi 27:13; vedere anche il versetto 12). Questo si riferisce agli Otto Testimoni che hanno visto e toccato le tavole d’oro (vedere “La testimonianza di Otto Testimoni”, Libro di Mormon). In tutto ci sono stati dodici testimoni oculari delle tavole del Libro di Mormon (Joseph Smith, i Tre Testimoni e gli Otto Testimoni) che hanno ricevuto il comandamento di dichiarare la loro testimonianza al mondo.

Altre persone hanno toccato le tavole, quando erano coperte da un panno, o ne hanno sentito il peso mentre erano in un sacco di stoffa. Durante questo periodo, Mary Whitmer, la moglie di Peter Whitmer sr, ebbe un’esperienza sensazionale. Lei e suo marito avevano il fardello, diventato oneroso, di ospitare la famiglia Smith e Oliver Cowdery nella propria casa mentre il Profeta portava a termine la traduzione del Libro di Mormon. Il loro figlio, David, ricordò che, nonostante sua madre non si lamentasse, si sentiva oppressa. “David in seguito raccontò quello che accadde un giorno, quando sua madre andò nella stalla per mungere le mucche. ‘Quando fu sull’aia le venne incontro lo stesso vecchio [che David aveva veduto in precedenza] (a giudicare dalla descrizione che ella ne fece), il quale disse: «Sei stata molto fedele e diligente nelle tue opere, ma sei stanca per le maggiori fatiche alle quali sei sottoposta; è dunque giusto che tu debba ricevere una testimonianza, in modo che la tua fede possa essere rafforzata». E così dicendo le mostrò le tavole’” (Storia della Chiesa nella pienezza dei tempi [manuale del Sistema Educativo della Chiesa, 1997], 59).

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vista del Bosco Sacro dalla fattoria della famiglia Smith

Joseph Smith mostrò le tavole del Libro di Mormon agli Otto Testimoni nella fattoria di suo padre a Palmyra, New York, o nelle vicinanze. Sullo sfondo si vede il Bosco Sacro (fotografia scattata intorno al 1907).

Per gentile concessione della Biblioteca e degli archivi di storia della Chiesa.

Dottrina e Alleanze 17:6. La testimonianza del Signore del Libro di Mormon

Oltre alle testimonianze rese dai testimoni speciali del Libro di Mormon, il Signore stesso ha dato la propria definitiva conferma che esso è veritiero. L’anziano Bruce R. McConkie ha spiegato:

“Uno dei più solenni giuramenti mai fatti all’uomo si trova in queste parole del Signore relative a Joseph Smith e al Libro di Mormon. ‘Ed egli [intendendo Joseph Smith] ha tradotto il libro, sì, quella parte che gli ho comandato, e, come il vostro Signore e il vostro Dio vive, è vero’ (DeA 17:6).

Questa è la testimonianza del Libro di Mormon resa da Dio. In essa, Iddio stesso ha messo in gioco la propria divinità. O il libro è vero o Dio cessa di essere Dio. Non vi è né può esservi linguaggio più solenne o più possente noto agli uomini o agli dèi” (“La dottrina del sacerdozio”, La Stella, ottobre 1982, 65).

Dottrina e Alleanze 17:7–9. “Per poter realizzare i miei giusti propositi”

Il comandamento dato ai Tre Testimoni di rendere testimonianza era essenziale nella restaurazione del Vangelo. Se mai avessero negato la propria testimonianza, avrebbero dato alle persone un motivo per non credere al profeta Joseph Smith e al Libro di Mormon.

Parlando dei Tre Testimoni, l’anziano Dallin H. Oaks del Quorum dei Dodici Apostoli ha detto: “Ognuno di questi tre uomini ebbe validi motivi e occasioni di ritrattare la sua testimonianza, se fosse stata falsa, o di dichiararsi incerto riguardo ai dettagli, se fosse stata inesatta. Come ben sappiamo, a causa di disaccordi o gelosie verso altri dirigenti della Chiesa, ognuno di questi Tre Testimoni venne scomunicato dalla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni prima che fossero trascorsi otto anni dalla pubblicazione della loro testimonianza. Ognuno dei tre andò per la sua strada, senza che tra loro vi fossero interessi tali da presupporre una collusione. Tuttavia alla fine della loro vita — durante un periodo di tempo che va dai dodici ai cinquant’anni dopo la loro scomunica — nessuno di questi testimoni si allontanò dalla sua testimonianza pubblicata, né disse nulla che potesse gettare qualche ombra sulla sua veridicità” (“Martin Harris, il testimone”, La Stella, luglio 1999, 42).

Il Signore promise la Sua grazia ai Tre Testimoni, dato che avrebbero affrontato grandi opposizioni alle loro testimonianze. Il presidente Henry B. Eyring della Prima Presidenza ha attestato: “I Tre Testimoni non rinnegarono mai la loro testimonianza del Libro di Mormon. Non poterono perché sapevano che esso era vero. Fecero sacrifici e affrontarono difficoltà che la maggior parte della gente non conosce mai. […] Ciò che rende la loro testimonianza più possente è che continuarono ad affermare, durante i lunghi periodi di allontanamento dalla Chiesa e da Joseph Smith, ciò che videro e udirono durante quell’esperienza meravigliosa” (“Una testimonianza permanente della missione del profeta Joseph Smith”, Liahona, novembre 2003, 90).