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Capitolo 3: Dottrina e Alleanze 3; 10


Capitolo 3

Dottrina e Alleanze 3; 10

Introduzione e cronologia degli eventi

Nell’estate del 1828 Martin Harris partì da Harmony, in Pennsylvania, con 116 pagine manoscritte del Libro di Mormon per mostrarle ai suoi familiari che vivevano a Palmyra, nello Stato di New York. Quando Martin non fece ritorno a Harmony al tempo stabilito, Joseph Smith andò a casa dei propri genitori a Manchester, nello Stato di New York, e lì venne a sapere che Martin aveva perso le pagine manoscritte. Joseph era sconvolto e il giorno dopo ripartì per Harmony. Dopo essere arrivato lì, nel luglio del 1828, ricevette la rivelazione oggi riportata in Dottrina e Alleanze 3. In questa rivelazione il Signore rimproverò Joseph e gli disse che per un certo periodo di tempo avrebbe perso il privilegio di tradurre, tuttavia lo rassicurò dicendogli: “Sei ancora scelto e sei di nuovo chiamato all’opera” (DeA 3:10). Inoltre, il Signore spiegò il Suo proposito nel portare alla luce il Libro di Mormon e dichiarò che la Sua opera avrebbe prevalso, nonostante la malvagità degli uomini.

Dopo che Joseph Smith si fu impegnato “per qualche tempo” (DeA 3:14) a pentirsi, le tavole del Libro di Mormon — che Moroni si era ripreso quando il manoscritto era stato perso — gli furono restituite e gli fu nuovamente accordato il dono di tradurre. All’incirca nell’aprile del 1829, dopo aver ripreso la traduzione, Joseph ricevette la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 10 (parti di questa rivelazione potrebbero essere state ricevute già durante l’estate del 1828). In questa rivelazione, il Signore comandò a Joseph di non ritradurre le pagine del manoscritto perduto. Il Profeta apprese che anticamente furono fatti dei preparativi ispirati per compensare la perdita del manoscritto e per preservare il messaggio del Libro di Mormon.

14 giugno 1828Martin Harris porta le 116 pagine manoscritte del Libro di Mormon da Harmony, in Pennsylvania, a Palmyra, nello Stato di New York.

Luglio 1828Joseph Smith va a Manchester, nello Stato di New York, e scopre che il manoscritto è andato perduto.

Luglio 1828Joseph Smith ritorna a Harmony e riceve Dottrina e Alleanze 3.

22 settembre 1828Joseph Smith riceve di nuovo da Moroni le tavole d’oro e l’Urim e Thummim, che aveva dovuto restituire dopo la sua trasgressione relativa al manoscritto.

Aprile 1829Oliver Cowdery arriva a Harmony per prestare il suo aiuto all’opera di traduzione del Libro di Mormon.

Aprile 1829Viene ricevuta Dottrina e Alleanze 10 (parti della quale potrebbero essere state ricevute già durante l’estate del 1828).

Dottrina e Alleanze 3 – Approfondimento del contesto storico

Il profeta Joseph Smith ottenne le tavole d’oro nel settembre del 1827 mentre lui e sua moglie, Emma Hale Smith, vivevano nella casa dei genitori di lui vicino a Palmyra, nello Stato di New York. Nel dicembre del 1827 l’aumento delle persecuzioni, compresi i tentativi di rubare le tavole, spinsero Joseph ed Emma a trasferirsi a Harmony, in Pennsylvania, dove vivevano i genitori di Emma. Martin Harris, facoltoso agricoltore e uomo d’affari di Palmyra, fu uno dei primi sostenitori del Profeta e fornì l’assistenza economica per aiutarli con il trasloco.

Nel febbraio del 1828 Martin Harris andò a Harmony e ricevette una copia di alcuni caratteri antichi che Joseph aveva trascritto dalle tavole d’oro, insieme alla traduzione di quei caratteri fatta dal Profeta. Martin andò a New York City per incontrarsi con degli studiosi, il professor Charles Anthon e il dottor Samuel Mitchell (o Mitchill), che conoscevano le lingue e le civiltà antiche (vedere Joseph Smith – Storia 1:63–65). In seguito, Martin funse da scrivano per il Profeta dall’aprile al giugno 1828, mentre Joseph traduceva la prima parte del Libro di Mormon. Durante questo periodo, la moglie di Martin, Lucy, si fece sempre più scettica riguardo al sostegno che suo marito dava a Joseph, all’interesse che nutriva per l’opera di traduzione delle tavole e all’impegno economico che vi metteva. Per acquietare le preoccupazioni della moglie, Martin domandò a Joseph di chiedere il permesso al Signore di poter portare 116 pagine del manoscritto tradotto da mostrare come prova a lei e ad altri familiari.

Il profeta Joseph Smith fece la seguente descrizione dei fatti: “Io lo chiesi e la risposta fu negativa. Non essendo però soddisfatto della risposta, volle che io ripetessi la domanda al Signore. Lo feci, ma la risposta fu la stessa. Non contento, insistette che io chiedessi al Signore ancora una volta. Dopo grandi insistenze, rivolsi ancora la domanda al Signore, e questa volta la richiesta fu esaudita, a certe condizioni” (Manuscript History of the Church, vol. A-1, pagina 9, josephsmithpapers.org). Joseph fece promettere a Martin Harris che avrebbe mostrato il manoscritto soltanto a sua moglie; a suo fratello, Preserved Harris; ai suoi genitori, Nathan e Rhoda Harris; e a sua cognata, Mary Harris Cobb, sorella di sua moglie (vedere The Joseph Smith Papers, Documents, Volume 1: July 1828–June 1831, a cura di Michael Hubbard MacKay e altri [2013], 6, nota a piè di pagina 25).

Martin Harris tornò a casa a Palmyra con il manoscritto delle 116 pagine. Il giorno dopo la partenza di Martin, Emma Smith partorì un figlio, che morì subito dopo. Emma stessa stava per morire e Joseph rimase al suo capezzale per diverse settimane. Agli inizi di luglio del 1828 Martin era partito da tre settimane e non avevano ricevuto più sue notizie. Emma, che stava lentamente guarendo, persuase Joseph ad andare nello Stato di New York e scoprire perché Martin non si fosse più fatto sentire. Joseph si recò a casa dei suoi genitori e mandò a chiamare Martin.

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Tomba del figlio neonato di Joseph ed Emma Smith

Il figlio neonato di Joseph ed Emma Smith fu seppellito nel cimitero di McKune, vicino alla loro casa a Harmony, in Pennsylvania, nel giugno del 1828 (fotografia scattata tra il 1897 e il 1927).

Per gentile concessione della Biblioteca e degli archivi di storia della Chiesa.

Lucy Mack Smith, madre del profeta Joseph Smith, scrisse che, aspettando che Martin arrivasse per la colazione, la famiglia preparò il tavolo e aspettò, ma lui impiegò tutta la mattinata per arrivare. Quando infine arrivò a casa, si sedette a tavola e “prese il coltello e la forchetta come se stesse per usarli, ma li lasciò cadere”. Quando gli fu chiesto se andava tutto bene, Martin Harris “scoppiò in un pianto di angoscia, dicendo: ‘Oh! La mia anima è perduta! La mia anima è perduta!’.

Joseph, che fino ad allora aveva represso i suoi timori, saltò in piedi, esclamando: ‘Martin, hai perso il manoscritto! Hai infranto il giuramento e portato la condanna sulla mia testa e sulla tua?’.

‘Sì’, rispose Martin, ‘è perso e non so dove sia’”.

Sconvolto dalla paura e dal rimorso, Joseph esclamò: “‘Tutto è perduto! [Tutto] è perduto! Che cosa posso fare? Ho peccato. Sono io che ho tentato l’ira di Dio chiedendoGli ciò che non avevo diritto di chiederGli, visto che l’angelo mi aveva detto altrimenti’; e piangeva e gemeva, continuando a camminare avanti e indietro.

Alla fine disse a Martin di ritornare a casa sua a cercarlo.

‘No’, rispose il signor Harris, ‘è inutile, perché ho già guardato ovunque. Ho persino sventrato i letti e i cuscini [cercando il manoscritto] e so che non è lì’.

‘Quindi’, disse Joseph, ‘dovrei tornare da mia moglie con una notizia simile? Non oso farlo. […] E come mi presenterò dinanzi al Signore? C’è forse un rimprovero che non mi merito da parte […] dell’angelo dell’Altissimo?’” (“Lucy Mack Smith, History, 1844–1845”, libro 7, pagine 5–6, josephsmithpapers.org).

Tornato a casa sua a Harmony senza le pagine del manoscritto, Joseph Smith riversò la sua anima a Dio chiedendo perdono. Moroni, il messaggero celeste, apparve a Joseph e gli diede gli interpreti, ossia l’Urim e Thummim, che Joseph aveva usato mentre traduceva. L’Urim e Thummim era stato tolto a Joseph perché aveva “importunato il Signore chiedendoGli il permesso di lasciare che Martin Harris prendesse gli scritti” (Manuscript History of the Church, vol. A-1, pagina 10, josephsmithpapers.org). Dopo l’apparizione di Moroni e la restituzione dell’Urim e Thummim, Joseph ricevette la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 3.

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Cartina 3: Stati Uniti nord-orientali
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Cartina 4: Palmyra-Manchester, Stato di New York, 1820–1831

Dottrina e Alleanze 3

Il Signore dichiara che la Sua opera non può essere frustrata e rimprovera Joseph Smith

Dottrina e Alleanze 3:1–3. “Gli scopi di Dio non possono essere frustrati”

Joseph Smith probabilmente vedeva la perdita delle 116 pagine manoscritte come una grande pietra d’inciampo per il piano del Signore di portare alla luce il Libro di Mormon. Tuttavia, il Signore rassicurò il Suo profeta che nulla può frustrare o distruggere gli scopi e l’opera di Dio. Un importante attributo del carattere di Dio è la Sua onniscienza, che comprende la Sua preveggenza. Non c’è nulla che l’uomo o Satana possono fare che prenderà di sorpresa Dio o che possa impedirGli di compiere i Suoi propositi. Egli conosce tutte le cose perché tutte le cose sono dinanzi a Lui, comprese quelle “passate, presenti e future” (DeA 130:7; vedere anche DeA 38:2; 88:41). L’anziano Neal A. Maxwell (1926–2004) del Quorum dei Dodici Apostoli ha insegnato perché l’opera di Dio non può essere frustrata: “Invero i successi e i fallimenti dell’uomo erano noti al Signore sin dall’inizio ed erano da Lui tenuti in considerazione nello spiegamento del Suo piano di salvezza (vedere 1 Nefi 9:6). I Suoi propositi si realizzeranno pienamente” (“‘Splendete come luci nel mondo’”, La Stella, ottobre 1983, 17).

Dottrina e Alleanze 3:2. “Dio non cammina in sentieri tortuosi” e “il suo corso è un unico cerchio eterno”

Per chiarire come mai “gli scopi di Dio non possono essere frustrati, né possono finire in nulla” (DeA 3:1), il Signore ha dato importanti dettagli sulla Sua natura. Il sentiero seguito da Dio non è tortuoso, è diritto; questo vuol dire che Egli è immutabile e il Suo corso è costante nel tempo. Poiché Dio non “gira a destra o a sinistra” (DeA 3:2), possiamo avere fiducia in Lui e confidare nelle Sue parole e nelle Sue promesse.

L’anziano Bruce R. McConkie (1915–1985) del Quorum dei Dodici Apostoli ha chiarito che cosa si intende con “un unico cerchio eterno” (DeA 3:2): “Dio governa mediante leggi: interamente, completamente, invariabilmente e sempre. Egli ha ordinato che risultati identici scaturiscano sempre dalle stesse cause. Egli non fa discriminazioni di persone ed è quindi un Essere ‘presso il quale non c’è variazione né ombra prodotta da rivolgimento’ (Giacomo 1:17; DeA 3:1–2). Pertanto il corso del Signore ‘è un unico cerchio eterno, lo stesso oggi, ieri e per sempre’ (DeA 35:1)” (Mormon Doctrine, 2ª ed. [1966], 545–546).

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fotografia di Martin Harris

Per un certo periodo, Martin Harris servì come scrivano durante la traduzione del Libro di Mormon.

Per gentile concessione della Biblioteca e degli archivi di storia della Chiesa.

Dottrina e Alleanze 3:4–8, 15. “Tu non avresti dovuto temere l’uomo più di Dio”

Probabilmente, Joseph Smith trovava difficile respingere le persistenti richieste di Martin Harris di poter prendere le pagine del manoscritto della traduzione del Libro di Mormon. Martin aveva oltre vent’anni più di Joseph ed era stato uno dei primi a credergli e a cercare di assisterlo nell’opera. Aveva sostenuto finanziariamente il Profeta e aveva dedicato molto del suo tempo per assistere nell’opera di traduzione. Nonostante tutto questo, il Signore aveva rimproverato Joseph per aver ceduto alle persuasioni di Martin e gli aveva spiegato che avrebbe dovuto temere Dio e confidare nel Suo potere di sostenerlo. L’anziano D. Todd Christofferson del Quorum dei Dodici Apostoli ha spiegato che cosa può voler dire temere Dio:

“Ci sono molti passi nelle Scritture in cui si raccomanda all’umanità di temere Dio. Ai nostri giorni, generalmente interpretiamo la parola timore con ‘rispetto’, ‘riverenza’, o ‘amore’, intendendo che il timore di Dio esprime amore per Dio e rispetto per Lui e la Sua legge. Spesso questa può essere una lettura corretta, ma mi chiedo se, a volte, il timore non indichi veramente il timore, come quando i profeti parlano di temere di offendere Dio infrangendo i comandamenti. […]

Affermo che dovremmo temere il Signore o, come dice Paolo, avere ‘riverenza e timore’ (Ebrei 12:28) nei Suoi confronti. Dovremmo amarLo e mostrarGli riverenza al punto da temere di compiere qualunque cosa sbagliata al Suo cospetto, quali che siano le opinioni degli altri o le pressioni da loro esercitate” (“A Sense of the Sacred” [riunione al caminetto della Brigham Young University, 7 novembre 2004], 8; speeches.byu.edu).

Dottrina e Alleanze 3:9–11. “Dio è misericordioso; perciò pentiti di quello che hai fatto”

La madre del Profeta, Lucy Mack Smith, scrisse che Joseph si addossò la colpa quando venne a sapere che Martin Harris aveva perso il manoscritto. Descrisse così la sofferenza di Joseph: “Piangeva e gemeva, continuando a camminare avanti e indietro. […] Singhiozzi, lamenti e recriminazioni riempivano la casa. Joseph era però il più turbato fra i presenti, poiché conosceva con certezza e per dolorosa esperienza la conseguenza di quello che ad altri poteva sembrare una piccola negligenza del proprio dovere. Continuò a camminare avanti e indietro per la stanza piangendo e lamentandosi come un bambino fino quasi al tramonto, quando lo persuademmo a prendere un po’ di cibo” (“Lucy Mack Smith, History, 1844–1845”, libro 7, pagine 6–7, josephsmithpapers.org).

La disperazione di Joseph Smith continuò fino a quando Moroni gli apparve a Harmony, in Pennsylvania, e Joseph ricevette la seguente rivelazione dal Signore: “Ricorda: Dio è misericordioso; perciò pentiti di quello che hai fatto […] e sei ancora scelto e sei di nuovo chiamato all’opera” (DeA 3:10).

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copia dei caratteri del Libro di Mormon

Caratteri copiati dalle tavole del Libro di Mormon.

L’anziano Lynn G. Robbins dei Settanta ha dato la seguente descrizione dell’esperienza di Joseph:

“Il giovane Joseph Smith venne disciplinato con un periodo di prova di quattro anni prima di ottenere le tavole d’oro, ‘perché non [aveva] osservato i comandamenti del Signore’ [The Joseph Smith Papers, Volume 1: Joseph Smith Histories, 1832–1844, a cura di Karen Lynn Davidson e altri (2012), 83]. Più avanti, Joseph perse il manoscritto di 116 pagine e fu nuovamente disciplinato. Nonostante egli provasse un rimorso sincero, il Signore gli tolse comunque i suoi privilegi per un breve periodo, perché ‘coloro che amo li castigo pure, affinché i loro peccati siano perdonati’ (DeA 95:1).

Joseph disse: ‘L’angelo era felice quando mi restituì l’Urim e Thummim e disse che Iddio era compiaciuto della mia fedeltà ed umiltà, che mi amava per la mia penitenza e diligenza nella preghiera’ [Insegnamenti dei presidenti della Chiesa – Joseph Smith (2007), 74; enfasi aggiunta]. Poiché voleva insegnare a Joseph una lezione che gli cambiasse il cuore, il Signore pretese da lui un sacrificio straziante — essendo il sacrificio parte essenziale della disciplina” (“Il giudice giusto”, Liahona, novembre 2016, 97).

Ci sono molti esempi nella rivelazione moderna in cui il Signore castiga le persone o le chiama al pentimento (vedere DeA 19:13–15; 30:1–3; 64:15–17; 112:1–3, 10–16). Il passo in Dottrina e Alleanze 3:6–11 è una prova che nemmeno il profeta Joseph Smith era esente dalla correzione del Signore per i suoi errori e le sue debolezze. Tuttavia, poiché si pentì, Joseph Smith fu ancora chiamato dal Signore a compiere la Sua opera.

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fotografia di Charles Anthon

Charles H. Anthon, della Columbia University, New York, esaminò i caratteri copiati dalle tavole del Libro di Mormon.

L’anziano M. Russell Ballard del Quorum dei Dodici Apostoli ci ha ricordato che i dirigenti della Chiesa non sono perfetti, eppure possiamo confidare nel fatto che sono ispirati e che il Signore opera tramite loro:

“La Chiesa di Gesù Cristo è sempre stata guidata da profeti e apostoli viventi. Sebbene mortali e soggetti alle imperfezioni umane, i servitori del Signore sono ispirati ad aiutarci a evitare gli ostacoli che minacciano spiritualmente la nostra vita e ad aiutarci a superare indenni la mortalità per giungere alla nostra suprema destinazione celeste finale.

Nei miei quasi quarant’anni di stretta collaborazione, sono stato personalmente testimone sia di quieta ispirazione che di profonda rivelazione che hanno spinto all’azione i profeti e gli apostoli, le altre Autorità generali e i dirigenti delle organizzazioni ausiliarie. Nonostante non siano perfetti né infallibili, questi bravi uomini e donne si sono dedicati completamente a far avanzare l’opera del Signore secondo le Sue indicazioni. […]

Troppe persone pensano che i dirigenti e i membri della Chiesa debbano essere perfetti o quasi. Dimenticano che la grazia del Signore è sufficiente per compiere la Sua opera mediante persone mortali. […]

Concentrarsi su come il Signore ispira i Suoi dirigenti scelti e su come Egli spinge i santi a compiere cose notevoli e straordinarie, a dispetto della loro natura umana, è un modo in cui possiamo tenerci stretti al vangelo di Gesù Cristo” (“Dio è al timone”, Liahona, novembre 2015, 24–25).

Dottrina e Alleanze 3:12–13. “Nelle mani di un uomo malvagio”

La violazione dell’alleanza che Martin Harris aveva fatto di mostrare il manoscritto soltanto a cinque persone ben specifiche gli procurò un severo rimprovero da parte del Signore, che descrisse Martin come “un uomo malvagio” (DeA 3:12). Poiché Martin aveva scelto di confidare sulla propria saggezza e sul proprio giudizio, perse le pagine manoscritte del Libro di Mormon e Joseph Smith perse l’onore di tradurre “per qualche tempo” (DeA 3:14). Il presidente Joseph Fielding Smith (1876–1972) ha detto che “la malvagità [di Martin] consisteva nella sua egoistica intenzione di gratificare i propri desideri contrariamente alla volontà del Signore, dopo che la sua richiesta era stata rifiutata prima di essere esaudita” (Church History and Modern Revelation [1953], 1:28).

Dottrina e Alleanze 3:16–20. “Per questo preciso scopo sono state preservate queste tavole”

I profeti del Libro di Mormon, come Nefi, Giacobbe e Moroni, hanno descritto i propositi del Signore nel portare alla luce questi sacri annali (vedere il frontespizio del Libro di Mormon; 2 Nefi 33:4–5; Giacobbe 4:3–4; Ether 8:26). Il profeta Joseph Smith non aveva ancora tradotto nessuno di questi passi quando ricevette la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 3, e i versetti 16–20 ampliarono la sua comprensione dei propositi e del destino del Libro di Mormon.

Dottrina e Alleanze 10 – Approfondimento del contesto storico

Il profeta Joseph Smith ricevette la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 10 a Harmony, in Pennsylvania, ma non si sa esattamente quando. Egli potrebbe aver ricevuto parti di questa rivelazione già nel luglio del 1828, dopo la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 3. Tuttavia, sembra che la rivelazione sia stata trascritta la primavera successiva, nell’aprile del 1829 (vedere l’introduzione a Dottrina e Alleanze 10).

Dopo la perdita delle 116 pagine del manoscritto, le tavole d’oro e l’Urim e Thummim furono restituiti al Profeta assieme alla rassicurazione del Signore che il dono di tradurre gli era “stato di nuovo restituito” (DeA 10:3). Nel marzo del 1829 il Profeta riprese la traduzione del Libro di Mormon con sua moglie, Emma, che a volte lo assisteva come scrivana. La traduzione però procedette lentamente fino all’arrivo, il 5 aprile, di Oliver Cowdery, il quale prese a servire come scrivano di Joseph fin dal giorno dopo.

Sembra che, con l’aiuto di Oliver, Joseph abbia incominciato a tradurre dal libro di Mosia, che era il punto in cui stava traducendo prima della perdita del manoscritto. Avvicinandosi alla fine del Libro di Mormon, Joseph iniziò a chiedersi se dovesse tornare all’inizio degli annali per ritradurre la parte che era andata perduta. In risposta, il Signore espose al Profeta la strategia di Satana per distruggere l’opera di Dio e gli disse di non ritradurre quella parte delle tavole, ma di tradurre piuttosto le piccole tavole di Nefi (vedere The Joseph Smith Papers, Documents, Volume 1: July 1828–June 1831, 38–39). Le piccole tavole erano una documentazione spirituale che si soffermava principalmente sulla predicazione, sulle rivelazioni e sulle profezie (vedere Giacobbe 1:4). Il Signore spiegò che le piccole tavole coprivano lo stesso arco di tempo della parte perduta, ma che per molti aspetti “[offrivano] una migliore visione” del Suo vangelo (DeA 10:45).

Dottrina e Alleanze 10:1–29

Il Signore rivela il piano di Satana per distruggere Joseph Smith e l’opera di Dio

Dottrina e Alleanze 10:1–4. “Non correre più in fretta, ossia non lavorare oltre la forza e i mezzi che ti sono forniti”

Fino al marzo del 1829, a causa della perdita delle 116 pagine del manoscritto, il profeta Joseph Smith non aveva più delle pagine trascritte che gli indicassero il progresso della traduzione del Libro di Mormon, anche se le tavole gli erano state date nel settembre del 1827. Sebbene la traduzione del Libro di Mormon fosse un incarico di estrema importanza, il Signore non richiedeva al Profeta di lavorare oltre la forza e i mezzi che Dio gli aveva fornito. L’anziano Neal A. Maxwell ha spiegato in che modo i servitori del Signore sulla terra devono lavorare nell’opera:

“Il Signore vuole che noi siamo diligenti, ma prudenti. Non dobbiamo semplicemente soppesare velocemente la nostra croce per vedere se riusciamo a sollevarla per poi rimetterla giù — dobbiamo portarla per il resto della nostra vita. E l’andatura tenuta è molto importante. […]

‘Non è necessario’ correre più veloce di quanto ne abbiamo la forza. In effetti, è necessario fare le cose diligentemente ma ‘con saggezza e ordine’, se si vuole ‘vincere il premio” [Mosia 4:27]. Questo equilibrio tra andatura e diligenza è un esercizio molto importante e impegnativo nell’uso del nostro tempo, dei nostri talenti e della nostra facoltà di scelta. […]

Quando la nostra andatura supera le nostre forze e i nostri mezzi, il risultato è la prostrazione invece della dedizione costante. Una guida a tale proposito ci può essere data, e ci viene data, nel processo di ispirazione personale. […]

L’andatura, che richiede uno sforzo diligente e continuo, non è il modo di agire di coloro che si buttano a capofitto in un unico compito, si esauriscono rapidamente e, quindi, per un certo periodo non possono più aiutare” (Notwithstanding My Weakness [1981], 4, 6–7).

Dottrina e Alleanze 10:5. “Prega sempre […] per poter vincere Satana”

L’amara esperienza della perdita delle pagine del manoscritto del Libro di Mormon portò il profeta Joseph Smith a confidare con maggiore diligenza nella guida ricevuta da Dio. Gli fu ricordato di “[pregare] sempre” per poter sfuggire all’influenza distruttrice di Satana e dei suoi servitori (DeA 10:5). Il presidente Henry B. Eyring della Prima Presidenza ha messo in evidenza un motivo per cui il Signore ha dato il comandamento di pregare sempre:

“Potreste esservi chiesti, come ho fatto io, perché Egli ha usato la parola sempre, data la natura della vita terrena che ci affligge. Sapete per esperienza quanto sia difficile pensare sempre a una cosa qualsiasi in maniera deliberata. Anche al servizio di Dio, non pregherete coscientemente sempre. Allora perché il Maestro ci esorta a pregare sempre?

Non sono abbastanza saggio da conoscere tutti i Suoi propositi nel farci stringere l’alleanza di ricordarci sempre di Lui e nell’esortarci a pregare sempre per non cadere, ma ne conosco uno: Egli conosce perfettamente le potenti forze che influiscono su di noi e anche ciò che significa essere umani. […]

Egli sa che cosa vuol dire essere oppressi dalle preoccupazioni della vita. […] Egli sa che sia le prove che affrontiamo sia i poteri umani di cui disponiamo per superarle sono caratterizzati da alti e bassi.

Egli conosce l’errore che possiamo commettere tanto facilmente: quello di sottovalutare le forze che operano per noi e di confidare troppo nelle nostre capacità umane. Perciò Egli ci offre l’alleanza di ‘ricordarci sempre di lui’ e l’avvertimento di ‘pregare sempre’ in modo da poter riporre la fiducia in Lui, la nostra unica salvezza. Non è difficile sapere che cosa dobbiamo fare. La stessa difficoltà di ricordare sempre e pregare sempre è uno sprone necessario a sforzarci di più. Il pericolo sta nel procrastinare o nell’allontanarci” (“Always”, Ensign, ottobre 1999, 8–9).

Il presidente Eyring continua spiegando un modo in cui possiamo pregare continuamente per tutto il giorno: “Il Signore ascolta le preghiere del vostro cuore. I sentimenti di amore che avete nel cuore per il nostro Padre Celeste e per il Suo Beneamato Figliuolo possono essere così costanti che le vostre preghiere ascenderanno sempre al cielo” (“Always”, 12).

Dottrina e Alleanze 10:6–19. “Il diavolo ha cercato di preparare un piano astuto per poter distruggere quest’opera”

Satana cerca di ostacolare l’opera del Signore (vedere Matteo 4:1–11; Mosè 1:12–23; 4:6; Joseph Smith – Storia 1:15). La perdita delle pagine del manoscritto del Libro di Mormon e il complotto ordito da uomini malvagi per cogliere in contraddizione il profeta Joseph Smith se avesse ritradotto lo stesso materiale furono alcuni dei molti tentativi di Satana di evitare che il Libro di Mormon venisse alla luce (per un riassunto di ciò che Joseph Smith imparò riguardo al piano di Satana per le 116 pagine perse del manoscritto, leggi l’introduzione a Dottrina e Alleanze 10).

Riguardo a Satana e al suo più grande obiettivo, l’anziano Richard G. Scott (1928–2015) del Quorum dei Dodici Apostoli ha insegnato: “Satana ha un piano. È un piano astuto, malvagio, subdolo, teso alla distruzione. È suo obiettivo prendere prigionieri i figli del Padre in cielo e con ogni mezzo possibile frustrare il grande piano di felicità” (“Gioia nel grande piano di felicità”, La Stella, gennaio 1997, 82).

Dottrina e Alleanze 10:20–29. “Egli aizza all’ira il loro cuore contro quest’opera”

Satana influenzò degli uomini corrotti spingendoli a perseguitare il profeta Joseph Smith e a cercare di distruggere il Libro di Mormon. Egli inganna e lusinga i malvagi dicendo che “non è peccato mentire” e distruggere ciò che è buono (DeA 10:25). Il profeta Joseph Smith (1805–1844) ha insegnato: “Il diavolo ha un grande potere d’ingannare; egli trasforma le cose in modo tale da far restare a bocca aperta le persone che osservano coloro che fanno la volontà di Dio” (Insegnamenti dei presidenti della Chiesa – Joseph Smith [2007], 75).

Oggi continuano a esserci persone aizzate all’ira contro l’opera di Dio. L’anziano Neil L. Andersen del Quorum dei Dodici Apostoli ha avvisato i membri della Chiesa dicendo:

“Nessuno è immune dalle influenze del mondo. I consigli del Signore ci mettono in guardia. […]

Seguendo il Salvatore, di sicuro ci troveremo davanti a delle difficoltà. Affrontate con fede, queste esperienze raffinatrici porteranno a una più profonda certezza della realtà del Salvatore. Affrontate alla maniera del mondo, queste stesse esperienze offuscheranno la nostra vista e indeboliranno la nostra determinazione. Persone che amiamo e ammiriamo si sviano dal sentiero stretto e angusto e ‘non [vanno] più con lui’ [Giovanni 6:66]. […]

Ci sorprenderemo talvolta dell’astio che alcuni provano nei confronti della chiesa del Signore e dei loro sforzi per distruggere la fede dei più deboli? Sì. Ma questo non arresterà la crescita e il destino della Chiesa, né impedirà ad alcuno di noi di progredire spiritualmente come discepolo del Signore Gesù Cristo” (“Non lasciamoLo mai”, Liahona, novembre 2010, 39, 41).

Dottrina e Alleanze 10:30–70

Joseph Smith viene a conoscenza del piano di Dio per contrastare gli sforzi di Satana di distruggere l’opera

Dottrina e Alleanze 10:30–37. “Non devi tradurre di nuovo quelle parole”

Il Signore sapeva che persone malvagie volevano pubblicare una versione con parole alterate del manoscritto rubato. Quella versione avrebbe contraddetto qualsiasi cosa il profeta Joseph Smith avrebbe pubblicato se avesse ritradotto la parte andata perduta. Quindi, il Signore ordinò a Joseph di non ritradurre quella porzione delle tavole. I nemici del Profeta non hanno mai pubblicato le 116 pagine del manoscritto, che non sono mai state trovate. In seguito, quando fu pubblicata la prima edizione del Libro di Mormon, Joseph Smith incluse una prefazione in cui citò una parte di Dottrina e Alleanze 10 e svelò pubblicamente il piano dei malvagi di pubblicare parole che avrebbero “[avuto] un senso contrario a quelle che [Joseph tradusse e fece] scrivere” (DeA 10:11).

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particolare di una pagina del manoscritto originale del Libro di Mormon

Particolare di una pagina del manoscritto originale del Libro di Mormon.

Dottrina e Alleanze 10:38–45. “La mia saggezza è più grande delle astuzie del diavolo”

Le 116 pagine perse del manoscritto del Libro di Mormon contenevano la traduzione del profeta Joseph Smith delle grandi tavole di Nefi, che comprendevano il libro di Lehi (vedere 1 Nefi 1:16; 19:1) e, probabilmente, la prima parte del libro di Mosia. Dopo la perdita del manoscritto, il Profeta non ritradusse questa porzione delle tavole, ma continuò a tradurre il resto del riassunto di Mormon delle grandi tavole. Tuttavia, il Signore comandò a Joseph di tradurre le incisioni contenute nelle piccole tavole di Nefi che riguardavano lo stesso arco temporale del libro di Lehi (vedere DeA 10:41).

Quando Nefi, il profeta del Libro di Mormon, descrisse l’ordine datogli dal Signore di creare delle altre tavole, scrisse che fu per un “saggio scopo, scopo che io non conosco. Ma il Signore conosce tutte le cose fin dal principio; pertanto egli prepara una via per compiere tutte le sue opere” (1 Nefi 9:5–6; vedere anche 1 Nefi 19:1–5; 2 Nefi 5:29–33; Parole di Mormon 1:6–7).

L’anziano Jeffrey R. Holland del Quorum dei Dodici Apostoli ha spiegato come le seconde tavole di Nefi sono un esempio dell’infinita saggezza di Dio e in che modo sono una benedizione per noi oggi:

“Nel Libro di Mormon viene riportata almeno sei volte l’espressione ‘per un saggio scopo’ riferita alla fabbricazione, compilazione e preservazione delle piccole tavole di Nefi (vedere 1 Nefi 9:5; [Parole di Mormon] 1:7; Alma 37:2, 12, 14, 18). Sappiamo che un saggio scopo — il più ovvio — era quello di compensare la futura perdita delle centosedici pagine del manoscritto della prima parte del Libro di Mormon tradotto dal profeta Joseph Smith (vedere DeA 3; 10).

Mi colpisce però il fatto che ci sia uno scopo più saggio di quello o, più propriamente, un più saggio scopo nel farlo. La chiave di tale suggerimento si trova in DeA 10:45. Mentre istruisce Joseph sulle procedure per la traduzione e la scelta del materiale tratto dalle piccole tavole per quella che era iniziata come la traduzione del riassunto delle grandi tavole, il Signore dice: ‘Ecco, vi sono molte cose incise sulle [piccole] tavole di Nefi che offrono una migliore visione del mio Vangelo’ (enfasi aggiunta).

Quindi, è evidente che non siamo in presenza di uno scambio alla pari nello sviluppo del prodotto finale del Libro di Mormon. Non si trattò di un baratto, questo per quello — centosedici pagine di manoscritto per centoquarantadue di testo stampato. Non fu così. Abbiamo riottenuto più di quanto abbiamo perso, ed era noto sin dal principio che sarebbe stato così. Non sappiamo esattamente che cosa abbiamo perso nelle centosedici pagine, ma sappiamo che ciò che abbiamo ricevuto sulle piccole tavole sono la dichiarazione personale di tre grandi testimoni [Nefi, Giacobbe e Isaia], tre dei grandi autori dottrinali del Libro di Mormon che rendono testimonianza che Gesù è il Cristo” (“For a Wise Purpose”, Ensign, gennaio 1996, 13–14).

Dottrina e Alleanze 10:46–52. La risposta alle preghiere dei discepoli nefiti

Molti dei profeti e dei discepoli nefiti pregarono che i loro annali fossero preservati e che, grazie a essi, il Vangelo alla fine arrivasse ai Lamaniti e alla loro posterità (vedere 2 Nefi 26:15; Enos 1:13, 16–17; Mosia 12:8; 3 Nefi 5:14; Mormon 8:25–26; 9:34–37). Le preghiere di questi profeti sono state esaudite con la venuta alla luce del Libro di Mormon negli ultimi giorni.

Dottrina e Alleanze 10:53–56, 67. “La mia chiesa”

Dottrina e Alleanze 10:53–56 contiene una delle prime indicazioni date dal Signore del fatto che Egli si stava preparando a stabilire di nuovo la Sua chiesa sulla terra (vedere anche DeA 5:14; 6:1; 11:16). Il Signore ha promesso che chiunque appartiene alla Sua chiesa “non ha motivo di temere, poiché questi erediteranno il regno dei cieli” (DeA 10:55). Alcuni suppongono che l’appartenenza alla Chiesa restaurata del Signore garantisca la salvezza. Per comprendere la dottrina del Signore su questo punto, dobbiamo capire che cosa vuol dire appartenere alla Chiesa del Signore. Il Signore ha dichiarato che coloro che appartengono alla Chiesa non sono semplicemente coloro che sono battezzati e il cui nome è scritto nei registri della Chiesa, ma coloro che si pentono e vengono a Lui (vedere DeA 10:67). Il Signore ha anche aggiunto che quei membri della Sua chiesa che perseverano fino alla fine prevarranno sulle porte dell’inferno (vedere DeA 10:69).

Dottrina e Alleanze 10:57–70. “Porteranno alla luce i veri punti della mia dottrina”

Attraverso la rivelazione contenuta in Dottrina e Alleanze 10, Gesù Cristo rende testimonianza della Sua divinità quale Figlio di Dio, nostro Signore, e Redentore del mondo (vedere DeA 10:57, 70). Il Signore ha promesso che “i veri punti della [Sua] dottrina” sarebbero stati portati alla luce grazie alla venuta alla luce del Libro di Mormon e alla restaurazione della Chiesa di Gesù Cristo (DeA 10:62). Uno dei Suoi scopi nel rivelare la Sua dottrina tramite il Libro di Mormon è quello di aiutare i figli di Dio a comprendere chiaramente la Sua parola, in modo da evitare contese e la tendenza a “distorcere” la Sua parola e a interpretare male le Scritture (vedere DeA 10:63).

La dichiarazione del Signore secondo cui il Libro di Mormon avrebbe portato “alla luce i veri punti della [Sua] dottrina” (DeA 10:62) e messo fine alle contese è l’adempimento di una profezia fatta da Giuseppe in Egitto sugli scritti dei suoi discendenti, scritti che sarebbero venuti alla luce negli ultimi giorni (vedere 2 Nefi 3:12). Durante la Grande Apostasia, il sacerdozio fu ritirato dalla terra e molte verità chiare e preziose furono tolte o escluse dalla Bibbia (vedere 1 Nefi 13:26–29). Di conseguenza, il mondo rimase senza la pienezza della verità e la rivelazione divina necessarie a comprendere e a mettere in pratica la parola di Dio. Questa mancanza di luce e verità portò disaccordi e contese riguardo alle dottrine divine e permise a Satana di fomentare le contese nel cuore degli uomini. La venuta alla luce del Libro di Mormon in questi ultimi giorni ristabilisce e chiarisce la pienezza della verità di Dio e ne rende di nuovo testimonianza.