2009
Una doppia benedizione
Gennaio 2008


Una doppia benedizione

La mia vita cambiò per sempre quando con mio marito mi recai dalla dottoressa per controllare il sesso e lo sviluppo del piccolo che portavo in grembo. Piansi dalla gioia quando scoprimmo che aspettavo dei gemelli. Le lacrime, però, divennero di disperazione quando il medico ci spiegò che una serie di complicazioni faceva sì che fosse improbabile che i gemelli sopravvivessero sino alla nascita. La dottoressa ci suggerì di abortire. Ci spiegò che la gestazione sarebbe stata a rischio e che a un certo punto avrei dovuto essere ricoverata.

Nonostante il pericolo, decidemmo di non interrompere la gravidanza.

Mentre ritornavamo a casa in macchina, mi resi conto della gravità della situazione. Mi chiesi come avrei potuto lasciare mio marito e i nostri tre figli per rimanere a lungo in ospedale. Divenne per me molto stressante sapere che probabilmente i gemelli sarebbero nati prematuri e che sarebbero potuti non sopravvivere. Non ero sicura che avrei potuto superare quella prova.

Soltanto dopo che ricevetti una benedizione del sacerdozio da mio marito e da mio suocero provai un senso di pace. Mi resi conto che, a prescindere dal risultato, tutto sarebbe andato bene per me e per la mia famiglia. Sentii l’amore del Salvatore e seppi che Egli sarebbe stato con noi nella gioia o nel dolore.

Un po’ di tempo dopo, salutai la famiglia e fui ricoverata in ospedale a tempo indefinito. La frequenza cardiaca dei gemelli era costantemente monitorata, per essere certi che stessero bene. Era stressante per me vedere la frequenza cardiaca calare e mi chiedevo se ce l’avrebbero fatta ad arrivare alla meta delle trentaquattro settimane prima del parto. A venticinque settimane e mezzo, il battito cardiaco di uno dei gemelli scese a un livello critico, sino a quasi arrestarsi. I medici decisero che se il cuore non avrebbe ripreso un ritmo normale, nel giro di pochi minuti i gemelli sarebbero stati fatti nascere con un cesareo d’emergenza. Andai in panico quando sentii un’infermiera che telefonò a mio marito per riferirgli che mi stavano preparando per un intervento e che l’equipe chirurgica era pronta.

Sapevo che per superare la prova avevo bisogno dell’aiuto del Padre celeste. Pregai in silenzio, supplicando che il piccolo si riprendesse, lasciando a entrambi il tempo necessario per svilupparsi a sufficienza nell’utero. Pregai inoltre per ricevere conforto. Ancora una volta provai un senso di pace, proprio come quando avevo ricevuto la benedizione del sacerdozio. Non sapevo se i nostri neonati sarebbero sopravvissuti o no, ma sapevo che se mi fossi rivolta al Signore, Egli mi avrebbe aiutato a portare il fardello. Il battito cardiaco del piccolo si normalizzò e l’intervento chirurgico non fu più necessario.

La permanenza in ospedale proseguì per altri due mesi e in molte occasioni ci preoccupammo per il ritmo cardiaco fluttuante dei gemelli. Per fortuna, però, il loro battito non si abbassò più come era successo a uno di loro. I nostri figli, John e Jacob, nacquero a trentatré settimane. I cordoni ombelicali erano intrecciati con otto nodi e a John, che era colui al quale il ritmo era sceso drammaticamente, faceva un paio di giri attorno al collo. I gemelli furono portati nell’unità intensiva neonatale, in modo da regolare la loro temperatura corporea e la respirazione. Nonostante i problemi potenziali associati alla nascita prematura, John e Jacob ritornarono a casa dopo solo diciannove giorni.

Ora muovono i primi passi e non hanno riportato effetti negativi dall’essere nati prematuramente. Sono grata che quella che iniziò come una prova si sia trasformata in una delle più grandi benedizioni che abbia ricevuto nella vita. Mi sono stati dati due figli sani e si è rafforzata la mia testimonianza del potere del sacerdozio e della preghiera. Sono inoltre grata di ricordare la pace e l’amore provati nel sapere che il Signore era consapevole della mia situazione. Appresi allora che, con l’aiuto del Signore, avremo la forza di superare le prove.