2004
Come crescere un figlio disabile
Ottobre 2004


Come crescere un figlio disabile

Mi ricordo quando per la prima volta tenni tra le braccia mia figlia Nikki. Ella mi sembrò bellissima e perfetta. Il cuore e la mente si riempirono dei dolci sogni relativi alle attenzioni che le avrei dato. Non vedevo l’ora di condividere con lei il mio amore per i libri, la musica e l’arte. Mi sarei sforzata al massimo per sostenerla nello sviluppo dei suoi talenti e delle sue capacità.

A quel tempo non potevo certo immaginarmi che non sarebbe mai stata in grado di leggere al di sopra del livello di quarta elementare, di fare delle semplici operazioni aritmetiche a una cifra e che non avrebbe mai imparato a guidare un’automobile. Fu solo dopo sei anni difficili di timori, frustrazioni, visite mediche e test psicologici che appresi che Nikki era limitata dal punto di vista intellettivo.

L’adattamento richiesto con un figlio disabile è un processo lungo, non un singolo evento. Il dieci percento di tutti i bambini sono disabili o soffrono di una malattia cronica a lungo termine. Benché sia un’esperienza piuttosto comune, la maggior parte dei genitori non è preparata a sentirsi dire: «Suo figlio è gravemente disabile». Occorre tempo per imparare ad affrontare la confusione, le esigenze fisiche, le difficoltà inerenti il comportamento, le spese extra, i sentimenti d’imbarazzo e di solitudine. Se avete vissuto una tale esperienza o siete attualmente nel corso del processo di adattamento, è importante che sappiate che molte delle vostre risposte e reazioni sono normali.

Lo shock

All’inizio potrebbe essere molto difficile accettare l’idea che tuo figlio sia disabile. Potreste aver bisogno di tempo per comprendere ciò che implica la diagnosi. Abbiamo tutti immagini e stereotipi di bambini che hanno difficoltà intellettive o disordini mentali. La diagnosi può non corrispondere a ciò che vediamo in nostro figlio, in particolar modo se il bambino appare normale. È utile conoscere il tipo di handicap. Scoprite quante più cose possibile riguardo alla diagnosi di vostro figlio. Informatevi presso fonti attendibili, come organizzazioni professionali che trattano quella particolare forma di disagio.

La negazione

La negazione è un meccanismo psicologico di difesa che utilizziamo quando ci sentiamo sopraffatti o incapaci di affrontare una situazione. In un certo senso, la negazione può essere un espediente che ci consente di accettare la verità un po’ alla volta, rendendocela più sopportabile. La negazione è spesso conseguenza del timore—timore dovuto all’incertezza del futuro o alla preoccupazione per l’impatto che il figlio avrà sugli altri familiari. La negazione può condurre a una ricerca frenetica di una cura. I genitori possono pensare che se solo riescono a trovare il medico giusto, il farmaco adatto, il programma appropriato, piuttosto che il corretto approccio per l’apprendimento, allora il figlio diventerà «normale». Detto processo di ricerca è utile, nel senso che può contribuire ad individuare le risorse che possono aiutare il bambino, voi stessi e la vostra famiglia. Presto o tardi, tuttavia, dovrete rendervi conto dei limiti del figlio e accettare la vostra impotenza a risolvere il problema. Dovete, inoltre, liberare le altre persone da questa responsabilità.

L’ansia

Il riconoscere la realtà della situazione può portare ad uno stato d’ansia. Ciò è il modo di reagire del corpo al timore e di chiamare a raccolta le risorse. Se nella vostra stanza ci fosse un’animale feroce, probabilmente avreste una reazione di tipo ansioso. Il corpo inizierebbe a rilasciare adrenalina e vi preparereste a lottare, scappare o rimarreste immobili. Queste sono le reazioni comuni quando le persone si sentono in qualche modo minacciate. Quando iniziate a rendervi conto che il bambino esige cure e attenzioni speciali, l’energia ansiosa mette in moto le vostre risorse. Informatevi. Parlate con altri genitori. Pregate e parlate con i dirigenti del sacerdozio. Cercate l’aiuto di professionisti. Tutte le attività che riducono il senso d’impotenza sono un valido sistema per impiegare questa energia. Nel controllo dell’ansia, è importante prendersi cura di sé. Dormite abbastanza, nutritevi bene, dedicate il tempo necessario ad attività che vi aiutino a rilassarvi e a godervi la vita. I genitori ogni tanto hanno bisogno di un po’ di tregua dalle responsabilità inerenti alla cura di un figlio disabile.

Il senso di colpa

Talvolta il credere in un mondo giusto produce un senso di colpa ingiustificato. Vogliamo pensare che il nostro mondo sia prevedibile e controllabile, il che ci protegge dai nostri timori. Ci convinciamo che le cose brutte accadano alle persone cattive e che quelle belle capitino ai buoni. Ciò sembra giusto. Il rovescio della medaglia di questo modo di pensare è che quando qualcuno ci ferisce, tendiamo a ritenere che in qualche modo abbiamo delle colpe. I commenti di persone benintenzionate ma insensibili possono innescare questi sentimenti. «Si vede che avevate bisogno di quest’esperienza particolare per la vostra salvezza»: frasi di questo tipo possono portare i genitori a provare un senso di colpa doloroso e al contempo ingiustificato. Essi iniziano a chiedersi: «Perché a me? Sono così cattivo da aver bisogno di un’esperienza tanto grave che mi plasmi? Cercavo solo di essere un buon genitore». Le domande possono anche provenire da persone che ritengono di proteggersi dallo stesso tipo di esperienze, se solo riescono a scoprire in che cosa voi avete «sbagliato».

Avrete bisogno di scoprire il significato spirituale che gli eventi dolorosi rivestono per voi e non consentire ad altre persone d’imporre le loro risposte in merito al motivo per cui queste cose sono avvenute. Occorrono anni per capire pienamente e, talvolta, la risposta non arriva in questa vita. Abbiate fede che il Padre celeste è un Dio d’amore e non trae diletto nel punirvi, così potrete trovare un significato più corretto delle avversità che affrontate.

La tristezza e il dolore

Come conseguenza della perdita si possono provare forti emozioni. Se avete un figlio disabile, potreste avvertire la perdita del figlio che pensavate avreste cresciuto. Potreste anche provare dolore per la mancata realizzazione di quell’idea che vi eravate fatti sulla famiglia ideale. È un dato di fatto: potreste dover riformulare la definizione di famiglia ideale.

Quando ero una giovane madre con quattro figli, mio marito era vescovo. Era meraviglioso vivere in quello che era il mio modello di famiglia ideale di Santi degli Ultimi Giorni. Mio marito, però, morì di cancro e io fui lasciata da sola a crescere i figli. Fui costretta a ritornare a scuola, laurearmi e lavorare. Dovetti riformulare la mia concezione di famiglia ideale di Santi degli Ultimi Giorni. In seguito, sposai un uomo con sei figli e siamo diventati una famiglia «mista» con dieci figli. Ancora una volta, dovetti riformulare la mia idea su ciò che una famiglia ideale di Santi degli Ultimi Giorni dovesse essere.

La consapevolezza derivante dalla sofferenza e la conseguente capacità di andare avanti, può rafforzare le persone. Se riuscite a riconoscere e affrontare i sentimenti di dolore, svilupperete delle capacità emotive, spirituali e psicologiche che possono sostenervi in altre aree della vita. Le vostre capacità empatiche possono crescere grazie alla conoscenza in prima persona del dolore.

L’ira

Abbiamo bisogno di trovare un senso a ciò che percepiamo come ingiustizia. Crescere un figlio disabile può quasi farvi toccare con mano l’aspetto crudele della vita. Riformulare una definizione di ciò che è giusto, tuttavia, può ridurre la rabbia. Ad esempio, quando mia figlia aveva dieci anni, andò a una festa della Scuola Domenicale e ritornò a casa con delle escoriazioni che sanguinavano. Uno dei bambini della classe l’aveva chiamata «stupida ritardata» e l’aveva spinta a terra. Io me la presi giacché mia figlia si era fatta male. I sentimenti di rabbia possono convogliare il messaggio che occorre fare qualcosa. L’ira può metterci in guardia contro i pericoli, i problemi e le offese che richiedono un certo intervento correttivo. Noi, comunque, possiamo decidere come agire in base a tali sentimenti. Possiamo affrontare la rabbia in maniera costruttiva.

Io e mio marito ci recammo dalla famiglia del bambino che ferì nostra figlia. Ci sedemmo con il bambino e i suoi genitori e con calma parlammo di ciò che significa la parola ritardata. Chiedemmo al ragazzino come si sarebbe sentito se non fosse stato in grado di fare le cose che gli piacevano. Questo bambino è divenuto uno degli alleati più forti di nostra figlia. Quell’esperienza, alla fine, aiutò un’altra persona a crescere. Ciò apparve «giusto». Una rappresaglia non avrebbe prodotto la giustizia. Sebbene l’ira possa derivare da situazioni ingiuste, noi possiamo rendere tali esperienze edificanti per noi e per le altre persone.

La legge dell’universo

I bambini disabili stentano ad apprendere comportamenti e attività di routine. L’apprendimento di capacità emotive è ancora più difficile. Essi sono soggetti a maggiori frustrazioni degli altri bambini. Se l’handicap riguarda il funzionamento cerebrale, il bambino farà fatica ad affrontare i problemi in maniera razionale. Mio marito si riferisce al comportamento dovuto a questa difficoltà come alla «legge dell’universo»: se non riesci a comunicare una cosa a parole, la esprimerai in altro modo. In altre parole, ciò che non può essere detto verbalmente sarà espresso in altro modo anche se, magari, attraverso un mal di stomaco. Spesso il cattivo comportamento di un figlio non è altro che un tentativo di far fronte a un altro problema.

Per esempio, quando mia figlia aveva diciotto anni, non voleva andare a letto e insisteva per lasciare accesa la luce per tutta la notte. Si arrabbiava moltissimo e diceva: «Non voglio andare a letto perché ci sono i missionari nascosti nel mio cassettone». Mi resi conto che aveva delle allucinazioni.

Piuttosto che spazientirmi, cercai di comprendere. Che cosa provocava in lei una tale paura? Nel pensarci su, mi resi conto che molte delle sue amiche si stavano sposando. Era stata a feste di nozze dove avevano ricevuto moltissimi bei doni che mettevano nel loro cassettone. Esse si stavano sposando, lasciandola, e non sarebbero più state disponibili come sue amiche. Ella desiderava tanto vivere quelle stesse esperienze e aveva espresso le sue preoccupazioni: «Mi sposerò mai? Ci sarà mai qualcuno che mi amerà? Ci sarà mai una festa di nozze con tanti bei regali per me?» Le sue amiche avevano sposato dei missionari ritornati. Ella vedeva in questi giovani degli ottimi mariti. In qualche modo, tutte cose queste confluirono insieme. Inoltre, ella era consapevole, il che provocava in lei un dolore cocente, di non avere i talenti e le capacità per soddisfare le esigenze di un matrimonio. Non era in grado di esprimere verbalmente tali conflitti, né di comprenderli pienamente, così tutto ciò che udivamo era un’allucinazione riguardo a missionari che si nascondevano nel cassettone. Una volta che iniziai a comprendere ciò che stava vivendo interiormente, fui in grado di parlarne con lei. Lavorammo insieme per esternare verbalmente il suo conflitto e l’afflizione per non essere in grado di sposarsi. Il problema comportamentale scomparve ed ella fu in grado di dormire bene.

Il comportamento inadeguato

I genitori talvolta fanno fatica a identificare il motivo del cattivo comportamento di un figlio disabile. Gli handicap differiscono nel tipo di problemi che comportano. Le disposizioni naturali dei figli, come pure i punti di forza e quelli deboli, variano. Le circostanze relative all’incidenza del cattivo comportamento sono uniche per ogni famiglia. Questi fattori rendono le cose difficili, ma se riuscite a stabilire il significato del cattivo comportamento, diviene più facile sapere quale problema debba essere risolto. Arrabbiarsi e frustrarsi è controproducente poiché, in genere, queste reazioni impediscono ai genitori di comprendere la causa del comportamento inadeguato.

Uno dei motivi piuttosto comuni del cattivo comportamento è la ricerca dell’attenzione. Il figlio magari sta cercando di attirare la vostra attenzione perché ha fame, è stanco, ha paura, è sovraeccitato, annoiato, frustrato, malato, ha una reazione allergica al cibo o semplicemente risponde all’ambiente circostante. Se un figlio non è in grado di parlarne, si esprimerà in altro modo. Ciò è vero in particolar modo per i figli che hanno dei disturbi che compromettono il funzionamento cerebrale, come il disturbo dell’attenzione, il deterioramento cognitivo, il disturbo bipolare o la schizofrenia. Il figlio si sente oppresso e può non essere in grado di esprimere a parole il suo stato. Occorre che i genitori prestino attenzione a ciò che sta succedendo nella vita del figlio che possa causargli la ricerca delle attenzioni.

Le strategie che non funzionano nel controllo del cattivo comportamento includono: (1) fare delle regole e non applicarle; (2) urlare—il figlio impara a non ascoltare salvo che una persona gridi; (3) insultare e chiamare per epiteti, che hanno l’effetto unicamente di fare vergognare; (4) revocare dei privilegi che non hanno nulla a che vedere con il cattivo comportamento; (5) maltrattare fisicamente o verbalmente. Queste strategie di solito peggiorano il cattivo comportamento, piuttosto che aiutare il figlio a imparare come controllare le situazioni difficili e le emozioni.

Le benedizioni

Molte benedizioni giungono dal crescere un figlio disabile. Mi sono resa conto del ruolo importante che Nikki ha avuto nella mia crescita personale e spirituale. L’esperienza mi ha portato a inginocchiarmi in molte occasioni, poiché avevo bisogno di ulteriori istruzioni da parte del nostro saggio Padre celeste. Ciò mi ha aperto il cuore a principi che avevo desiderato conoscere meglio. Non ho ancora tutte le risposte alle domande «Perché a me?» o «Perché lei?» Ciononostante, comprendo meglio molti principi, il che è per me di valore inestimabile.

Una delle cose più meravigliose che ho compreso è che lo spirito di mia figlia non è disabile. Mi sono resa conto che ella vive una ricca vita spirituale. Durante le occasioni sacre, spesso è lei che per prima in famiglia avverte la presenza dello Spirito Santo. Frequentemente parla di impressioni spirituali che le sue capacità intellettive limitate non avrebbero potuto elaborare.

Quando Nikki ricevette la benedizione patriarcale, le fu detto che le era stata data quest’esperienza terrena speciale per via della grandezza della sua anima. Ella aiuta le altre persone ad apprendere la compassione e la comprensione. Sono grata per tutto il bene che ha fatto alla nostra famiglia, come pure a molta altra gente. Nikki ci insegna che l’amore, la gentilezza e la carità non sono solo per coloro che sono veloci e forti, ma anche per coloro che arrancano. Ho una speranza certa di un rapporto eterno con Nikki. So che quando alla fine sarà guarita, io apprenderò ancora molto dalla grandezza della sua anima.

Marleen S. Williams è membro del Rione Hillcrest 8, Palo Hillcrest di Orem, Utah.