2010–2019
Seguaci di Cristo
Aprile 2013


Seguaci di Cristo

Seguire Cristo non è una pratica casuale o occasionale, ma è un impegno continuo ed uno stile di vita che si applica in ogni momento e in ogni luogo.

Uno dei nostri inni più amati, cantati oggi dal Coro del Tabernacolo, comincia con queste parole:

“Seguitemi”, ci disse Gesù;

e allor calchiam il Suo sentier,

poiché è il solo che ci può

guidar al Santo Dio lassù.1

Queste parole, ispirate al primissimo invito esteso dal Salvatore ai Suoi discepoli (vedere Matteo 4:19), sono state scritte da John Nicholson, un convertito scozzese. Al pari di molti dei nostri primi dirigenti, anch’egli aveva ricevuto poca istruzione formale, ma possedeva un profondo amore per il nostro Salvatore e per il piano di salvezza.2

Tutti i messaggi di questa Conferenza ci aiutano a seguire le orme del nostro Salvatore, il cui esempio e insegnamenti indicano il sentiero per ogni seguace di Gesù Cristo.

Come tutti gli altri cristiani, i membri della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni studiano la vita del Salvatore come riportata nel Nuovo Testamento nei libri di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Passerò in rassegna alcuni esempi e insegnamenti contenuti in questi quattro libri della Sacra Bibbia e invito tutti noi e gli altri cristiani a ponderare come questa chiesa restaurata e ciascuno di noi si qualifichi come seguace di Cristo.

Gesù insegnò che il battesimo era necessario per entrare nel regno di Dio (vedere Giovanni 3:5). Egli incominciò il Suo ministero facendosi battezzare (vedere Marco 1:9) e poi, con i Suoi seguaci, ne battezzò altri (vedere Giovanni 3:22–26). Noi facciamo altrettanto.

Gesù cominciò la Sua predicazione invitando i Suoi ascoltatori a pentirsi (vedere Matteo 4:17). Questo è ancora il messaggio dei Suoi servitori al mondo.

Per tutto il Suo ministero Gesù diede dei comandamenti. Egli insegnò: “Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti” (Giovanni 14:15; vedere inoltre i versetti 21 e 23). Egli affermò che l’osservare i Suoi comandamenti avrebbe richiesto ai Suoi seguaci di lasciare ciò ch’Egli chiamava “quel che è eccelso fra gli uomini” (Luca 16:15) e “la tradizione degli uomini” (Marco 7:8; vedere anche il versetto 13). Inoltre Egli ammonì: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel ch’è suo; ma perché non siete del mondo, ma io v’ho scelti di mezzo al mondo, perciò vi odia il mondo” (Giovanni 15:19). Come dichiarò in seguito l’apostolo Pietro, i seguaci di Gesù dovevano essere un “popolo che Dio s’è acquistato” (1 Pietro 2:9).

I Santi degli Ultimi Giorni comprendono che noi non dobbiamo essere “del mondo” o legati alla “tradizione degli uomini”, ma, come gli altri seguaci di Cristo, a volte ci risulta difficile abbandonare il mondo e le sue tradizioni. Alcuni modellano la propria vita in base ai costumi del mondo perché, come disse Gesù riferendosi ad alcuni a cui insegnò: “[essi] amarono la gloria degli uomini più della gloria di Dio” (Giovanni 12:43). Tali esempi di mancato successo nel seguire il Cristo sono troppo numerosi e delicati per elencarli qui. Essi spaziano dalle pratiche mondane, come il linguaggio politicamente corretto e gli eccessi nel vestire e nell’aspetto, alle deviazioni dai valori basilari, come la funzione e la natura eterna della famiglia.

Gli insegnamenti di Gesù non erano da intendersi come delle istruzioni teoriche. Piuttosto, essi dovevano sempre essere messi in pratica. Gesù insegnò: “Chiunque ode queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato ad un uomo avveduto” (Matteo 7:24; vedere inoltre Luca 11:28) e “Beato quel servitore che il padrone, arrivando, troverà così occupato” (Matteo 24:46). In un altro caro inno cantiamo:

O Signor, ch’io possa amarTi

e seguire il Tuo sentier […]

O Signor, ch’io possa sempre

l’esempio Tuo seguir.3

Come insegnò Gesù, coloro che Lo amano obbediranno ai Suoi comandamenti. Come ha detto stamattina il presidente Thomas S. Monson, saranno obbedienti. Seguire Cristo non è una pratica casuale o occasionale, ma è un impegno continuo e uno stile di vita che si applicano in ogni momento e in ogni luogo. Il Salvatore insegnò questo principio e la maniera in cui dovremmo ricordarcelo ed essere rafforzati nel seguirlo quando istituì l’ordinanza del sacramento (comunione, come lo chiamerebbero altri). Grazie alla rivelazione moderna noi sappiamo che Egli comandò ai Suoi seguaci di prendere quegli emblemi in ricordo di Lui. I membri della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni seguono tale comandamento ogni settimana, quando partecipano al servizio di culto in cui si prende il pane e l’acqua e promettono di ricordarsi sempre di Lui e di obbedire ai Suoi comandamenti.

Gesù insegnò che “[gli uomini] doveano del continuo pregare” (Luca 18:1). Egli Stesso esemplificò questo principio quando, per esempio, “passò la notte in orazione a Dio” (Luca 6:12) prima di chiamare i Suoi dodici apostoli. Come altri cristiani, noi preghiamo durante tutti i nostri servizi di culto. Inoltre, preghiamo per ricevere una guida e insegniamo che dobbiamo rivolgere spesso delle preghiere personali a Dio e inginocchiarci in preghiera come famiglia quotidianamente. Come Gesù, noi preghiamo il nostro Padre nei cieli e lo facciamo nel sacro nome di Gesù Cristo.

Il Salvatore chiamò i Dodici Apostoli per assistere la Sua chiesa e diede loro le chiavi e l’autorità per portare avanti la Sua opera dopo la Sua morte (vedere Matteo 16:18–19; Marco 3:14–15, 6:7; Luca 6:13). La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, in qualità di chiesa restaurata di Gesù Cristo, segue questo tipo di esempio nel gestire la sua organizzazione e nel conferire le chiavi e l’autorità agli Apostoli.

Alcune persone che Gesù chiamò per diventare Suoi seguaci non risposero immediatamente, ma cercarono di ottenere una proroga della chiamata per andare a svolgere dei formali obblighi familiari. Gesù replicò loro che: “Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi riguardi indietro, è adatto al regno di Dio” (Luca 9:62). Molti Santi degli Ultimi Giorni mettono in pratica questa priorità che Gesù insegnò. E ciò include l’esempio meraviglioso di migliaia di coppie missionarie senior e di altri che come loro hanno lasciato i loro figli e i loro nipoti per andare a svolgere gli incarichi missionari che sono stati chiamati a compiere.

Gesù insegnò che Dio li creò maschio e femmina e che un uomo lascerà i suoi genitori e si unirà a sua moglie (vedere Marco 10:6–8). Il nostro impegno a seguire questo insegnamento è ben noto.

Nella famosa parabola della pecora smarrita, Gesù insegnò che dobbiamo darci molto da fare per andare a cercare coloro che si sono allontanati dal gregge (vedere Matteo 18:11–14; Luca 15:3–7). Come sappiamo, il presidente Thomas S. Monson ha dato grande enfasi a questa direttiva attraverso il suo esempio e i suoi insegnamenti memorabili riguardo al prestare soccorso ai nostri simili.4

Nello sforzarci di prestare soccorso e di servire, noi seguiamo l’eccezionale esempio e il tenero insegnamento del nostro Salvatore riguardo all’amore: “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Matteo 22:39). Ci comandò perfino di amare i nostri nemici (vedere Luca 6:27–28). Inoltre, nei Suoi grandi insegnamenti impartiti alla fine del Suo ministero mortale, Egli disse:

“Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Com’io v’ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri.

Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:34–35).

Come parte del principio dell’amarsi l’un l’altro, Gesù insegnò che quando subiamo un torto, dobbiamo perdonare chi ce l’ha arrecato (vedere Matteo 18:21–35; Marco 11:25–26; Luca 6:37). Sebbene molti facciano fatica a osservare questo difficile comandamento, tutti noi conosciamo esempi mirabili di Santi degli Ultimi Giorni che hanno donato il proprio amorevole perdono perfino dopo aver subito i torti più gravi. Per esempio, Chris Williams fece affidamento sulla sua fede in Gesù Cristo per perdonare il guidatore ubriaco che causò la morte di sua moglie e due dei suoi figli. Dopo solo due giorni dalla tragedia, e ancora profondamente sconvolto, quest’uomo pronto a perdonare, che allora serviva come uno dei nostri vescovi, disse: “Come discepolo di Cristo, non avevo altra scelta”.5

La maggior parte dei cristiani dona ai poveri e ai bisognosi, proprio come insegnò Gesù (vedere Matteo 25:31–46; Marco 14:7). La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e i suoi membri eccellono nel seguire questo insegnamento del nostro Salvatore. I nostri membri fanno generose donazioni alle associazioni caritatevoli, prestano servizio personale e regalano altri doni ai poveri e ai bisognosi. Inoltre, i nostri membri fanno un digiuno ogni mese saltando due pasti e facendo una donazione pari al costo di questi pasti come offerta di digiuno, la quale viene usata dai nostri vescovi e presidenti di ramo per aiutare i membri bisognosi. Il nostro digiuno per aiutare gli affamati è un atto di carità e, se fatto con un intento puro, esso diviene un banchetto spirituale.

Molto meno noto è invece il servizio umanitario globale offerto dalla nostra Chiesa. Utilizzando le donazioni fatte da membri generosi, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni spedisce cibo, vestiti e altri beni essenziali per alleviare la sofferenza di adulti e bambini di tutto il mondo. Queste donazioni umanitarie, che negli ultimi dieci anni hanno raggiunto una somma di centinaia di milioni di dollari, sono fatte senza alcuna distinzione di religione, razza o nazionalità.

Il nostro imponente impegno umanitario in Giappone, dopo il terremoto e lo tsunami del 2011, ha portato al paese tredici milioni di dollari in valuta e in provviste. Inoltre, più di trentunomila volontari sponsorizzati dalla Chiesa hanno prestato più di seicentomila ore di servizio. Il nostro programma di assistenza umanitaria alle vittime dell’uragano Sandy, nella parte orientale degli Stati Uniti, ha incluso sostanziose donazioni di svariate risorse, da aggiungere alle quasi trecentomila ore di opere di pulizia svolte da circa ventottomila membri della Chiesa. Fra gli altri numerosi atti di assistenza dello scorso anno, abbiamo anche fornito circa 136 tonnellate di vestiti e di scarpe per i rifugiati nella nazione africana del Chad. Durante l’ultimo quarto di secolo abbiamo prestato assistenza a quasi trenta milioni di persone in centosettantanove paesi diversi.6 Le persone chiamate “Mormoni” sanno veramente come donare al povero e al bisognoso.

Nel Suo ultimo insegnamento biblico, il nostro Salvatore diede istruzioni ai Suoi seguaci affinché portassero i Suoi insegnamenti a ogni nazione e a ogni creatura. Sin dall’inizio della restaurazione, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni ha cercato di seguire tale insegnamento. Perfino quando eravamo una Chiesa nuova, povera, in difficoltà e con solo poche migliaia di membri, i nostri primi dirigenti mandarono i missionari oltreoceano, verso l’est e verso l’ovest. Come gruppo, abbiamo continuato ad insegnare il messaggio cristiano fino ad oggi in cui il nostro eccezionale programma missionario conta più di sessantamila missionari a tempo pieno, più altre migliaia che svolgono una missione part-time. Abbiamo missionari in oltre centocinquanta paesi e territori, sparsi in tutto il mondo.

A conclusione del Suo grande Sermone sul Monte, il Salvatore insegnò: “Voi dunque siate perfetti, com’è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5:48). Lo scopo di questo insegnamento e lo scopo del seguire il nostro Salvatore è di venire al Padre, a cui il nostro Salvatore si riferiva come “Padre mio e Padre vostro, all’Iddio mio e Iddio vostro” (Giovanni 20:17).

Dalla rivelazione moderna, propria solo al vangelo restaurato, sappiamo che il comandamento di cercare la perfezione è parte del piano di Dio Padre per la salvezza dei Suoi figli. Secondo quel piano noi siamo tutti eredi dei nostri genitori celesti. “Siamo figliuoli di Dio”, insegnò l’apostolo Paolo, “E se siamo figliuoli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo” (Romani 8:16–17). Come ci viene spiegato nel Nuovo Testamento, ciò significa che noi siamo “eredi… della vita eterna” (Tito 3:7) e che, se veniamo al Padre, noi potremo “eredit[are] queste cose” (Apocalisse 21:7), ossia tutto ciò che Egli ha, un concetto che difficilmente le nostre menti mortali possono afferrare. Ma almeno possiamo comprendere che raggiungere questo destino finale nell’eternità è possibile solo se seguiamo il nostro Salvatore, Gesù Cristo, che insegnò che “nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Giovanni 14:6). Noi cerchiamo di seguirLo e di diventare più simili a Lui, in questa vita e in quella successiva. Così nei versi finali del nostro inno “Seguitemi” cantiamo:

Non solo in vita seguirem

il nostro Santo Redentor:

Allor che il mondo lascerem

Gesù noi seguirem ancor …

Su un trono eterno siederem,

eredi insiem al Salvator,

se solo noi ascolterem

l’invito “Vieni, seguimi”.7

Porto testimonianza del nostro Salvatore, Gesù Cristo, i cui insegnamenti ed esempio cerchiamo di seguire. Egli invita tutti coloro che sono oppressi a venire a Lui, a imparare da Lui, a seguirLo e, in tal modo, a trovare riposo alle nostre anime (vedere Matteo 4:19; 11:28). Porto testimonianza della verità del Suo messaggio e della divina missione e autorità della Sua chiesa restaurata, nel nome di Gesù Cristo. Amen.

Note

  1. “Seguitemi”, Inni, 68.

  2. Vedere Karen Lynn Davidson, Our Latter-day Hymns: The Stories and the Messages (1988), 142–43, 419.

  3. “O Signor, ch’io possa amarTi”, Inni, 134.

  4. Vedere, per esempio, Heidi S. Swinton, To the Rescue – The Biography of Thomas S. Monson (2010), 149– 161; Thomas S. Monson, “In soccorso”, Liahona, luglio 2011, 57–60.

  5. Chris Williams, in Jessica Henrie, “Father Relies on Faith to Forgive Intoxicated Teen Driver”, Deseret News, 1 agosto 2012, deseretnews.com/article/865559847/Let-It-Go-Chris-Williams-shares-his-story-of-tragedy-and-forgiveness.html; vedere anche Chris Williams, Let It Go: A True Story of Tragedy and Forgiveness (2012).

  6. Vedere “Emergency Response: Church Assists Worldwide”, Church News, 9 marzo 2013, 9; Servizi di benessere per le emergenze, “2012 Year in Review,” 8.

  7. Inni, 68.