“La roccia della rivelazione”, capitolo 8 di Santi – La storia della Chiesa di Gesù Cristo negli ultimi giorni, volume 3, Risolutezza, nobiltà e indipendenza, 1893–1955 (2021)
Capitolo 8: “La roccia della rivelazione”
Capitolo 8
La roccia della rivelazione
Nella primavera del 1904, John Widtsoe seguì le audizioni nel caso Smoot da lontano. Joseph Tanner, suo amico e mentore, che allora serviva in veste di sovrintendente delle scuole della Chiesa e di consigliere nella presidenza generale della Scuola Domenicale, era stato uno dei tanti santi chiamati a testimoniare davanti alla commissione del Senato. Dal momento che aveva sposato delle mogli plurime dopo il Manifesto, Joseph si rifiutò di farsi interrogare e fuggì invece in Canada.
“Non sono per nulla allarmato”, scrisse a John verso la fine di aprile, firmando la lettera con uno pseudonimo. “Una volta giudicato il caso di Smoot, forse per un po’ staremo in pace”1.
Come altri santi, John credeva che le audizioni nel caso Smoot fossero semplicemente un’altra prova di fede per la Chiesa.2 Lui e Leah Widtsoe erano tornati a Logan. Oltre alla figlia Anna avevano un figlio, Marsel, e un bambino in arrivo. Un altro figlio, John jr, era morto nel febbraio del 1902, qualche mese prima del suo primo compleanno.
Il resto della famiglia Widtsoe era lontano. Nel 1903 la madre di John, Anna, e sua sorella Petroline Gaarden avevano lasciato lo Utah per svolgere una missione in Norvegia, la loro madrepatria. In una lettera indirizzata a Leah, la madre di John descriveva il loro lavoro. “Abbiamo incontrato tanti vecchi amici e parlato con loro del Vangelo, molti di loro non avevano mai conversato prima con un santo degli ultimi giorni”, scrisse. “Stiamo cercando di ‘bussare alla porta della tradizione’, ma non è un compito facile farla aprire”3.
Nel frattempo il fratello minore di John, Osborne, aveva da poco terminato una missione a Tahiti e ora studiava letteratura inglese a Harvard.4
Leah lavorava a casa con i figli e prestava servizio nel consiglio di palo della Young Ladies’ Mutual Improvement Association. Inoltre, scriveva lezioni mensili di economia domestica per il Young Woman’s Journal. Ogni lezione faceva parte di un corso annuale che le giovani donne della Chiesa potevano studiare e discutere durante le riunioni della YLMIA. Leah trattava ogni lezione scientificamente, attingendo alla sua formazione universitaria per insegnare alle lettrici nozioni di cucina, di arredamento della casa, di primo soccorso e di assistenza sanitaria di base.5
John insegnava chimica all’Agricultural College, gestiva la stazione di ricerca della scuola e studiava metodi per migliorare l’agricoltura nel clima arido dello Utah. Il suo lavoro lo portava nelle città rurali di tutto lo Stato per insegnare agli agricoltori a servirsi della scienza per migliorare le coltivazioni. Inoltre, serviva come presidente della Young Men’s MIA del suo rione e come membro del consiglio della Scuola Domenicale di palo. Come Leah, scriveva regolarmente per le riviste della Chiesa.
John provava empatia per i santi giovani che lottavano, come aveva fatto lui un tempo, per conciliare la conoscenza del Vangelo con l’apprendimento secolare. Sempre più persone abbracciavano l’idea che la scienza e la religione fossero in conflitto tra loro. Eppure, John riteneva che la scienza e la religione fossero entrambe fonte di principi divini ed eterni e potessero essere in armonia.6
Aveva iniziato da poco a pubblicare una serie di articoli intitolata “Joseph Smith as Scientist” [Joseph Smith come scienziato] sulla rivista ufficiale della YMMIA, l’Improvement Era. In ogni articolo spiegava come il vangelo restaurato aveva anticipato alcune delle più grandi scoperte della scienza moderna. Ad esempio, nell’articolo intitolato “Geological Time” [il tempo geologico], John spiegava come alcuni passi tratti dal Libro di Abrahamo si adattassero alle idee scientifiche secondo cui la terra fosse molto più vecchia dei seimila anni stimati da alcuni studiosi della Bibbia. In un altro articolo, individuava delle analogie tra aspetti della controversa teoria dell’evoluzione e la dottrina del progresso eterno.7
La serie si rivelò un successo. Il presidente Joseph F. Smith, che serviva come direttore dell’Improvement Era, gli inviò personalmente una lettera in cui elogiava la serie. Il suo solo rammarico era di non poter pagare John per il lavoro. “Come alcuni di noi”, scrisse, “dovrai, almeno per il presente, accettare come pagamento la consapevolezza di aver fatto un ottimo lavoro per il beneficio dei ragazzi e delle ragazze di Sion”8.
“La nostra situazione sembra gravissima ora”, scrisse l’apostolo Francis Lyman sul suo diario. La testimonianza di Joseph F. Smith all’audizione nel caso Reed Smoot aveva fatto ben poco per fugare le preoccupazioni della commissione del Senato in merito all’esistenza di matrimoni plurimi nella Chiesa celebrati dopo il Manifesto. Né era stato di aiuto per la causa dei Santi il fatto che gli apostoli John W. Taylor e Matthias Cowley, agendo su consiglio dei dirigenti della Chiesa, si fossero resi irreperibili poco dopo essere stati chiamati dalla commissione del Senato a testimoniare alle audizioni. Come Joseph Tanner e altri membri della Chiesa, entrambi avevano sposato mogli plurime dopo il Manifesto. I due apostoli avevano anche celebrato molti nuovi matrimoni plurimi e incoraggiato i santi a mantenere viva la pratica.9
Come presidente dei Dodici, Francis aveva deciso che ogni uomo del quorum dovesse attenersi al Secondo Manifesto appena emanato. Aveva inviato lettere a diversi apostoli avvisandoli che la Prima Presidenza era determinata a far applicare il proclama. “È bene che tutti noi comprendiamo questa questione importante nello stesso modo e ci comportiamo di conseguenza”, scrisse, “affinché non ci siano dissensi o dispute tra noi”10.
In seguito, il presidente Smith incaricò Francis di assicurarsi che nella Chiesa non avesse più luogo alcun matrimonio plurimo. Sin dalla fine del decennio del 1880, alcuni apostoli erano stati autorizzati a celebrare, per le zone lontane, suggellamenti al di fuori dei templi. Nel settembre del 1904, il presidente Smith dichiarò che tutti i suggellamenti ora dovevano avvenire nei templi, rendendo così impossibile per i santi contrarre matrimoni plurimi validi in Messico, in Canada o in qualsiasi altro luogo. Francis informò prontamente gli apostoli di questa decisione.11
A dicembre il presidente Smith mandò Francis a convincere John W. Taylor a testimoniare alle audizioni nel caso Smoot. Francis trovò John W. in Canada e lo incoraggiò a seguire il consiglio del profeta. Alla fine, John W. accettò di testimoniare e iniziò a prepararsi per il viaggio a Washington.
Quella sera Francis andò a letto consapevole di essere riuscito nella sua missione. Alle tre del mattino, però, si svegliò tremante. Il pensiero della testimonianza di John W. all’audizione lo preoccupava. John W. era assolutamente devoto al matrimonio plurimo. Se avesse rivelato di aver celebrato matrimoni plurimi dopo il Manifesto, avrebbe messo in imbarazzo la Chiesa e azzerato le probabilità che Reed Smoot potesse servire al Senato.
Un sentimento di calma e di pace invase Francis mentre prendeva in considerazione l’idea di consigliare a John W. di non andare a Washington. Chiese al Signore di confermare che questa fosse la direzione giusta da seguire. Un sonno pacifico lo colse e sognò di vedere il presidente Wilford Woodruff. Sorpreso e pieno di emozione, pronunciò il nome del presidente Woodruff e gli gettò le braccia al collo. Poi si svegliò, sicuro che questo cambio di rotta fosse la cosa giusta da fare. Cercò immediatamente John W. e gli raccontò il sogno. John W. era pronto a partire per Washington, ma fu sollevato quando Francis gli consigliò di non andare.12
Poco tempo dopo Francis fece ritorno a Salt Lake City. Joseph F. Smith approvò il suo operato in Canada, tuttavia restava il problema di cosa fare con i due apostoli. Il presidente Smith sapeva di dover dimostrare che la Chiesa era fermamente intenzionata a mettere fine al matrimonio plurimo. Per accontentare la commissione del Senato, avrebbe dovuto allontanare formalmente John W. e Matthias dalla dirigenza della Chiesa, o sottoponendoli alla disciplina della stessa o chiedendo loro di dimettersi. Nessuna delle due opzioni lo entusiasmava.13
I dirigenti della Chiesa erano divisi su come affrontare la crisi. Nell’ottobre del 1905, tuttavia, i consulenti di Reed Smoot li avvisarono che la Chiesa non aveva più molto tempo a disposizione per agire. Quando quell’anno aveva testimoniato davanti alla commissione del Senato, Reed aveva promesso che le autorità della Chiesa avrebbero approfondito le accuse mosse contro John W. e Matthias. Sei mesi dopo non era stata intrapresa nessuna indagine e ora alcuni senatori mettevano in dubbio la sincerità di Reed. Rimandare ulteriormente le indagini avrebbe fanno pensare al mondo che i dirigenti della Chiesa avevano agito in mala fede quando avevano affermato di contrastare attivamente la poligamia.14
I due apostoli furono convocati alla sede centrale della Chiesa e, nel corso della settimana che seguì, i Dodici si incontrarono ogni giorno per discutere sul da farsi. All’inizio, John W. e Matthias difesero le loro azioni, facendo una distinzione tra la revoca formale di sostegno al matrimonio plurimo da parte della Chiesa e la loro scelta personale di continuare a contrarre nuovi matrimoni. Tuttavia, nessuno dei due sosteneva completamente il Secondo Manifesto e questa era ora una condotta incompatibile con una condizione di buona reputazione nella Chiesa.
Alla fine, il quorum chiese ai due apostoli di firmare delle lettere di dimissioni. Inizialmente John W. rifiutò di dimettersi. Accusò il suo quorum di cedere alle pressioni politiche. Matthias reagì in maniera più pacata, ma anche lui era riluttante all’idea. Alla fine, però, entrambi volevano ciò che era meglio per la Chiesa: firmarono i documenti, disposti a sacrificare il loro posto tra i Dodici per un bene più grande.15
“È stata una prova dolorosa e pesante”, scrisse quel giorno Francis sul suo diario. “Ne eravamo tutti molto angosciati”. John W. e Matthias lasciarono la riunione con la gratitudine e la benedizione dei loro fratelli. Eppure, anche se i Dodici avevano concesso loro di mantenere la loro appartenenza alla Chiesa e all’apostolato, entrambi non facevano più parte del quorum.16
Due mesi dopo, il mattino del 23 dicembre 1905, Susa Gates montò su un carro nel Vermont, negli Stati Uniti nord orientali. Il profeta Joseph Smith era nato esattamente cento anni prima in una fattoria a circa cinque chilometri a est, nel piccolo villaggio di Sharon. Ora Susa e circa cinquanta santi si stavano recando alla fattoria per dedicare un monumento alla sua memoria.17
Il presidente Joseph F. Smith era a capo del gruppo. Con le audizioni nel caso Smoot ancora in corso, il presidente continuava a essere sotto lo sguardo indagatore costante del governo e dei giornalisti. All’inizio dell’anno, il Salt Lake Tribune aveva pubblicato la sua testimonianza resa all’audizione nel caso Smoot insieme a degli articoli che gettavano un’ombra sulla sua chiamata profetica e sulla sua integrità personale.
“Joseph F. Smith ha negato pubblicamente di ricevere rivelazioni, o di aver mai ricevuto rivelazioni, da Dio per guidare la Chiesa mormone”, riportava un articolo. “Per quanto i mormoni dovrebbero seguire un tale dirigente?”18. Gli articoli non fecero che confondere alcuni santi e lasciarli pieni di domande.
In quanto nipote di Joseph Smith, Joseph F. Smith aveva motivi personali per recarsi nel Vermont. Tuttavia, la dedicazione gli avrebbe anche dato un’altra opportunità per parlare pubblicamente della Chiesa e per rendere testimonianza dell’opera divina della Restaurazione.19
Una volta sistematisi sui carri, Susa e il resto del gruppo partirono per la cerimonia di dedicazione. La fattoria si trovava in cima a una collina vicina e le ripide strade di campagna erano fangose per il disgelo. Degli operai locali avevano trasportato il monumento di novanta tonnellate lungo le stesse strade, pezzo per pezzo. All’inizio, avevano semplicemente programmato di trainare il carico con animali da tiro. Quando però un gruppo di venti cavalli forti non fu in grado di spostare la porzione dell’obelisco, gli operai trascorsero due mesi estenuanti a trascinare il monumento su per la collina con un sistema di corde e pulegge azionato da cavalli.20
In prossimità della fattoria, il gruppo restò senza fiato quando superò l’ultima curva della strada. Davanti a loro c’era un obelisco di granito lucido che svettava nel cielo per trentotto piedi e mezzo [circa dodici metri]: un piede per ogni anno della vita di Joseph Smith. Sotto l’obelisco c’era una grande base con un’iscrizione che rendeva testimonianza della sacra missione del Profeta. Le parole di Giacomo 1:5, il versetto che lo aveva ispirato a ricercare la rivelazione da Dio, ornavano la parte superiore della base.21
Junius Wells, il progettista del monumento, incontrò il gruppo in una casa costruita sulle fondamenta del luogo in cui Joseph Smith era nato. Entrando nella casa, Susa ammirò la pietra del focolare piatta e grigia, che i costruttori avevano preservato dall’abitazione originale. Quasi tutti i santi che avevano conosciuto il Profeta di persona erano morti. Questa pietra però era una testimonianza duratura della sua vita. Susa riusciva a immaginarselo da piccolo mentre giocava accanto al focolare.22
La cerimonia iniziò alle undici in punto. Mentre dedicava il monumento, il presidente Smith rese grazie per la restaurazione del Vangelo e chiese una benedizione per le persone del Vermont che avevano finanziato la costruzione del monumento. Dedicò il sito perché fosse un luogo in cui le persone potessero recarsi per meditare, per imparare di più sulla missione profetica di Joseph Smith e per gioire della Restaurazione. Paragonò le fondamenta del monumento alle fondamenta della Chiesa, i profeti e gli apostoli, con Gesù Cristo come pietra angolare. Inoltre, ne paragonò la base alla roccia della rivelazione su cui la Chiesa era stata edificata.23
Nei giorni che seguirono, Susa, Joseph F. Smith e altri santi fecero una breve visita guidata ai siti della Chiesa negli Stati Uniti orientali. Sotto la guida del presidente Smith, la Chiesa aveva iniziato ad acquistare diversi siti sacri per la sua storia, tra cui il carcere di Carthage, dove suo padre e suo zio erano stati uccisi. Altri siti storici della Chiesa negli stati orientali non appartenevano alla Chiesa, benché i loro proprietari generalmente permettessero ai Santi di visitarli.24
A Manchester, nello Stato di New York, il gruppo camminò con riverenza attraverso il bosco dove Joseph Smith aveva avuto la sua prima visione del Padre e del Figlio. Durante la sua vita, il Profeta e altri santi, occasionalmente, avevano reso testimonianza in pubblico della sua visione. Nei decenni dopo la morte di Joseph, però, Orson Pratt e altri dirigenti della Chiesa ne avevano sottolineato il ruolo centrale nella restaurazione del Vangelo. Un resoconto della visione ora era riportato come scrittura in Perla di Gran Prezzo e i missionari spesso vi facevano riferimento quando parlavano con le persone non appartenenti alla Chiesa.25
Susa e i suoi compagni furono invasi da un profondo senso di meraviglia mentre riflettevano sul sacro evento. “Qui il ragazzo si inginocchiò con fede incondizionata”, pensò Susa. “Qui, alla fine, le fontane della terra traboccarono e la verità, la somma dell’esistenza, si riversò attraverso i raggi della rivelazione diretta”26.
In seguito, mentre tornavano nello Utah, il presidente Smith condusse una piccola riunione di testimonianza sul treno: “Non siamo né io, né alcun uomo, e neppure il profeta Joseph Smith, che ne è a capo, a dirigere e guidare questa opera”, disse loro. “È Dio, tramite Suo Figlio Gesù Cristo”.
Questo messaggio commosse Susa e lei fu sbalordita dall’amore del Salvatore per i figli di Dio. “Gli uomini sono uomini, e perciò deboli!”, notò. Gesù Cristo, però, era il Signore di tutto il mondo.27
Mentre i Santi celebravano la dedicazione del monumento a Joseph Smith, Anna Widtsoe e Petroline Gaarden erano ancora in Norvegia a predicare il Vangelo. Erano trascorsi più di due anni da quando le sorelle avevano lasciato lo Utah. La loro chiamata in missione era stata inaspettata, ma ben accolta. Entrambe erano impazienti di ritornare nella loro madrepatria per condividere la loro fede nel vangelo restaurato con i parenti e gli amici.28
Anthon Skanchy, uno dei missionari che avevano insegnato ad Anna il Vangelo nel decennio del 1880, era il presidente della Missione scandinava quando le sorelle vi arrivarono nel luglio del 1903. Le assegnò all’opera nell’area di Trondheim, in Norvegia, dove Anna viveva quando si era unita alla Chiesa. Da lì, le sorelle presero una barca fino al loro villaggio natale, Titran, su una grande isola al largo della costa occidentale della Norvegia. Quando arrivò sull’isola, Anna era preoccupata. Vent’anni prima le persone di Titran le avevano voltato le spalle perché si era unita alla Chiesa. Avrebbero accettato lei e la sua religione ora?29
La voce che le sorelle erano tornate come missionarie della Chiesa si sparse velocemente. All’inizio nessuno, familiare o amico, fu disposto a offrire loro una sistemazione. Anna e Petroline perseverarono e alla fine alcune persone offrirono loro ospitalità.30
Un giorno le sorelle fecero visita allo zio Jonas Haavig e alla sua famiglia. Tutti sembravano sulla difensiva, pronti a discutere con le sorelle in merito alle loro convinzioni. Anna e Petroline evitarono l’argomento della religione e la prima sera si concluse senza contese. Il mattino seguente, però, dopo colazione, la loro cugina Marie iniziò a porre alle sorelle domande difficili sul Vangelo, cercando di generare una disputa.
“Marie”, disse Anna, “ero determinata a non parlare con te di religione, ma adesso ascolterai quello che ho da dire”. Rese una testimonianza possente e Marie ascoltò in silenzio. Anna però si rendeva conto che le sue parole non avevano alcun effetto. Più tardi quel giorno, lei e Petroline lasciarono la casa, affrante per quanto era successo.31
Le sorelle presto ritornarono a Trondheim, ma nel corso dei due anni che seguirono si recarono diverse volte a Titran. Col trascorrere del tempo le persone si fecero più accoglienti e Anna e Petroline alla fine vennero invitate in ogni casa della città. Anche il loro servizio in altre zone della Norvegia fu impegnativo, ma le sorelle erano grate di aver avuto una certa esperienza di servizio nella Chiesa prima di partire per la missione.
Erano altresì grate di essere state in grado di parlare il norvegese prima di arrivare. “In tutte le occasioni siamo più spigliate rispetto ai missionari giovani che non sanno parlare la lingua, né quando arrivano né quando ritornano a casa”, raccontò Anna a John in una lettera.32
Per quanto l’opera missionaria la rendesse felice, ad Anna mancava la sua famiglia nello Utah. John, Osborne e Leah scrivevano con regolarità. Nell’estate del 1905, John riferì di aver perso il lavoro all’Agricultural College quando la direzione della scuola aveva rimosso lui e altri due membri della Chiesa fedeli dal corpo docente. La Brigham Young University, il nuovo nome della Brigham Young Academy a Provo, immediatamente lo assunse per gestire il dipartimento di chimica. Sin da quando era stata fondata nel 1875, la scuola era diventata la principale istituzione di istruzione superiore della Chiesa e John accettò il lavoro con gratitudine.
Osborne, nel frattempo, si era laureato a Harvard e accettò una posizione come capo del dipartimento di inglese presso la Latter-day Saints’ University a Salt Lake City.33
“Dio è stato buono con noi”, disse Anna a John in una lettera. “Credo che, con l’aiuto del Signore, siamo state in grado di fare qualcosa di buono. Abbiamo visto molti frutti dell’opera svolta qui e spero e prego Dio che Egli possa assisterci anche nel nuovo anno, così come ha fatto nell’anno trascorso”34.
Nel gennaio del 1906, i dirigenti della missione incaricarono Anna e Petroline di rimanere a Trondheim per completare la missione tra i familiari e per fare ricerche genealogiche. I loro parenti non avevano ancora alcun interesse per il Vangelo. Le sorelle però non percepivano più ostilità e diffidenza da parte loro. Questo cambiamento fu confortante per loro; avevano fatto la propria parte per servire il Signore in Norvegia.35
Quell’estate, i santi europei vennero a sapere che il presidente Joseph F. Smith avrebbe fatto un breve viaggio nel loro continente. La notizia elettrizzò l’undicenne Jan Roothoff, specialmente quando sentì che la prima tappa del profeta sarebbe stata nei Paesi Bassi, dove Jan viveva. Il ragazzo era troppo entusiasta per parlare di altro.
Alcuni anni prima, Jan aveva contratto una malattia che gli aveva causato un’infezione agli occhi e lo aveva reso sensibile alla luce. Sua madre, Hendriksje, una madre sola, lo aveva tenuto a casa da scuola e aveva cercato di farlo sentire il più possibile a suo agio appendendo delle tende perché potesse giocare al buio. Alla fine però era diventato cieco e i dottori avevano detto a sua madre che non avrebbe riacquistato mai più la vista.
Jan ora portava delle bende sugli occhi per proteggerli dalla luce. Tuttavia, sapeva che se qualcuno avesse potuto guarirgli gli occhi, sarebbe stato un profeta di Dio. “Mamma, lui è il missionario più potente”, disse. “Tutto ciò che deve fare è guardarmi negli occhi e io starò bene”36.
La madre di Jan credeva che il Signore avrebbe potuto guarirlo, ma era riluttante nell’incoraggiare il figlio a ricercare l’aiuto del presidente Smith. “Il presidente è molto impegnato in questo momento”, rispose. “Ci sono centinaia di persone che vogliono vederlo. Tu sei solo un ragazzo, figlio mio, e non dobbiamo intrometterci”37.
Il 9 agosto 1906 Jan e sua madre parteciparono a una riunione speciale a Rotterdam, dove il presidente Smith parlò a circa quattrocento santi. Mentre lo ascoltava parlare, Jan si sforzava di immaginare il profeta. Prima di perdere la vista, Jan aveva visto una fotografia del presidente Smith e si ricordava del suo viso gentile. Ora riusciva anche a sentire la gentilezza nella voce del profeta, anche se doveva aspettare che un missionario traducesse le parole in olandese prima di comprenderle.38
Il presidente Smith parlò del potere dei missionari. “È loro compito venire da voi e mostrarvi la luce maggiore”, disse, “che i vostri occhi possano essere aperti e le vostre orecchie sturate, che i vostri cuori possano essere toccati dall’amore per la verità”39.
La fede di Jan non vacillò. Dopo la riunione sua madre lo condusse a un’entrata dove il presidente Smith e sua moglie Edna stavano salutando i santi. “Questo è il presidente, piccolo Jan”, disse Hendriksje. “Vuole stringerti la mano”.
Prendendolo per la mano, il presidente Smith gli sollevò le bende. Poi toccò la testa del ragazzo e lo guardò negli occhi malati. “Il Signore ti benedica, ragazzo mio”, disse. “Egli ti concederà i desideri del tuo cuore”.
Jan non comprese le parole in inglese del presidente Smith, ma i suoi occhi stavano già meglio. Quando arrivò a casa, non riusciva a contenere la gioia. Si strappò le bende e guardò verso la luce. “Mamma, vedi”, disse. “Sono guariti. Ci vedo bene!”.
Sua madre corse da lui e gli esaminò la vista in ogni modo immaginabile. Jan riusciva davvero a vedere bene quanto vedeva prima di ammalarsi.
“Mamma”, disse Jan, “il nome del presidente è Joseph F. Smith, giusto?”.
“Sì”, rispose sua madre. “È un nipote del profeta Joseph”.
“Pregherò sempre per lui”, disse Jan. “So che è un vero profeta”40.
Dopo la partenza da Rotterdam, Joseph F. Smith e il suo gruppo si recarono a est, in Germania, dove vivevano circa tremila santi. La missione svizzero-tedesca era la missione in più rapida espansione della Chiesa. Eppure, le leggi sulla libertà di religione della Germania non riconoscevano la Chiesa né la proteggevano dalle persecuzioni, che erano in aumento dopo i resoconti scandalosi che avevano raggiunto l’Europa in merito alle audizioni nel caso Smoot. Alcuni ministri tedeschi, feriti per la perdita di membri dalle loro congregazioni, collaborarono con la stampa per fomentare l’opinione pubblica contro i Santi. La polizia cacciava i missionari dalle città e impediva ai membri della Chiesa di radunarsi, di amministrare il sacramento e di usare il Libro di Mormon o altre Scritture degli ultimi giorni.41
Dopo aver fatto sosta a Berlino per incontrare i membri locali della Chiesa, i missionari e un piccolo gruppo di santi degli ultimi giorni americani che studiavano musica in città, il presidente Smith e il suo gruppo si spinsero verso sud, in Svizzera. Durante una conferenza a Berna, il profeta consigliò ai santi di sottostare ai governi locali e di rispettare le convinzioni religiose degli altri. “Non vogliamo imporre le nostre idee alle persone, ma spiegare la verità così come la comprendiamo”, disse. “Lasciamo al singolo la scelta di accettarla o meno”. Insegnò che il messaggio del vangelo restaurato era pace e libertà.
“Uno dei suoi effetti più gloriosi sulle persone”, disse, “è che le libera dai legami dei loro peccati, le purifica dai loro peccati, le conduce a essere in armonia con il cielo, le rende fratelli e sorelle mediante l’alleanza del Vangelo e insegna loro ad amare il prossimo”42.
Il presidente Smith concluse il sermone con una profezia per i giorni futuri: “Deve ancora venire il tempo — forse non ai miei giorni e neppure nella prossima generazione — in cui i templi di Dio dedicati alle ordinanze sacre del Vangelo saranno stabiliti in diverse nazioni della terra”.
“Poiché questo Vangelo deve essere divulgato in tutto il mondo”, dichiarò, “finché la conoscenza di Dio non ricoprirà la terra come le acque ricoprono il grande abisso”43.