2000–2009
Il bisogno di maggior gentilezza
Aprile 2006


Il bisogno di maggior gentilezza

Perché dovremmo essere scortesi e antipatici con gli altri? Perché non possiamo essere amici di tutti coloro che ci circondano?

Il fratello Monson è difficile da seguire. È pieno di umorismo ma anche di tanta sincerità.

Grazie, fratelli, per la vostra fede e le vostre preghiere. Le apprezzo molto.

Quando un uomo invecchia, sviluppa un tocco più affettuoso, un modo di fare più gentile. Di recente ho pensato molto a questo.

Mi sono domandato perché nel mondo vi sia tanto odio. Siamo coinvolti in terribili guerre dove si perdono molte vite e s’infliggono ferite permanenti. Ma senza andare troppo lontano, c’è tanta gelosia, orgoglio, arroganza, lamentele e critiche; padri che si arrabbiano per cose piccole e insignificanti, che fanno piangere le mogli e spaventano i figli.

Le distinzioni razziali continuano ad essere presenti. Mi è stato riferito che questo è presente anche fra di noi. Non capisco come ciò possa accadere. Mi era sembrato che tutti avessimo gioito della rivelazione ricevuta nel 1978 dal presidente Kimball. Nel momento in cui accadde io mi trovavo nel tempio. Non v’era alcun dubbio nella mia mente, e nella mente dei miei colleghi, che ciò che era stato rivelato fosse l’intenzione e il volere del Signore.

Ora mi viene riferito che insulti razzisti e commenti denigratorie sono a volte uditi fra di noi. Vi ricordo che nessun uomo che proferisca commenti sprezzanti riguardo a persone di una razza diversa può considerarsi un vero discepolo di Cristo. E neppure può considerarsi in armonia con gli insegnamenti della Chiesa di Cristo. Come può un uomo che detiene il Sacerdozio di Melchisedec, presumere con arroganza di essere qualificato ad avere il Sacerdozio mentre un altro uomo, che vive rettamente, ma che ha la pelle di un altro colore, non sia idoneo?

Durante il mio incarico, quale membro della Prima Presidenza, ho riconosciuto e parlato molte volte riguardo alle diversità che esistono nella nostra società. Tutto ha a che vedere con noi, e dobbiamo sforzarci di andare incontro a quelle diversità.

Tutti noi dobbiamo riconoscere che ciascuno è un figlio, o una figlia, del nostro Padre celeste che ama tutti i Suoi figli.

Fratelli, nel sacerdozio di questa Chiesa non v’è spazio per le discriminazioni razziali. Se qualcuno, fra coloro che mi stanno ascoltando, ha l’abitudine di discriminare, che vada dinanzi al Signore per richiedere il perdono e non sia più coinvolto in tale pratica.

Spesso, ricevo lettere nelle quali gli autori mi suggeriscono degli argomenti da trattare alla conferenza. Una di esse mi è arrivata l’altro giorno. È scritta da una donna che ha indicato che il suo primo matrimonio era terminato con il divorzio. Ella incontrò successivamente un uomo che sembrava essere molto gentile e rispettoso. Tuttavia, dopo il matrimonio, lei scoprì che le sue finanze erano allo sbaraglio; egli aveva pochi soldi ma lasciò lo stesso il lavoro e rifiutò di avere un’occupazione. Ella fu quindi costretta ad andare a lavorare per provvedere alla famiglia.

Gli anni passarono e lui rimase disoccupato. Lei menziona quindi due altri uomini che seguono lo stesso esempio, rifiutandosi di andare a lavorare mentre le loro mogli sono costrette a dedicare lunghe ore per provvedere al mantenimento dei familiari.

Paolo disse a Timoteo: «Se uno non provvede ai suoi, e principalmente a quelli di casa sua, ha rinnegato la fede, ed è peggiore dell’incredulo» (1 Timoteo 5: 8). Queste sono parole molto forti.

Il Signore ha detto nella rivelazione moderna:

«Le donne hanno diritto di essere mantenute dal marito finché il loro marito non sia preso…

Tutti i figli hanno diritto ad essere mantenuti dai genitori, finché siano maggiorenni» (DeA 83:2, 4).

Dagli inizi di questa Chiesa i mariti sono stati considerati responsabili di guadagnare il pane per la famiglia. Credo che nessun uomo che si rifiuti di lavorare per sostenere la sua famiglia, se è fisicamente in grado di farlo, possa considerarsi un membro di buona reputazione.

Prima ho dichiarato di non sapere come mai v’è tanto conflitto, odio e amarezza nel mondo. Naturalmente so che tutto ciò è l’opera dell’avversario. Egli lavora su di noi individualmente. Egli distrugge uomini forti. Egli lo ha fatto dal tempo dell’organizzazione di questa Chiesa. Il presidente Wilford Woodruff affermò:

«Ho visto Oliver Cowdery quando sembrava che la terra tremasse sotto i suoi piedi. Non ho mai udito un uomo portare una testimonianza più possente di quella che egli portò quando era sotto l’influenza dello Spirito, tuttavia, nel momento stesso in cui si allontanò dal regno di Dio, tale potere svanì… Egli fu privato della sua forza, come Sansone sulle ginocchia di Delila. Egli perse il potere e la testimonianza che aveva avuto e, sino alla fine dei suoi giorni, non li riottenne più nella loro pienezza, benché sia morto da [membro della] Chiesa» (vedere Insegnamenti dei presidenti della Chiesa: Wilford Woodruff, 108).

Ho il permesso di raccontarvi la storia di un giovane uomo che è cresciuto nella nostra comunità. Egli non era un membro della Chiesa. Lui e i suoi genitori erano praticanti in un’altra fede.

Egli affermò che mentre cresceva, alcuni dei suoi compagni Santi degli Ultimi Giorni lo sminuivano, lo facevano sentire fuori luogo e lo prendevano in giro.

Egli iniziò a odiare questa Chiesa e il suo popolo. Egli non vedeva alcun bene in essi.

Poi accadde che suo padre perse il lavoro e dovette trasferirsi. Nella nuova località, all’età di 17 anni fu in grado di iscriversi all’università. Lì, per la prima volta nella sua vita, sentì l’amore dei suoi amici; uno di loro, chiamato Richard, gli chiese di unirsi a un’organizzazione della quale egli era il presidente. Egli scrive: «Per la prima volta nella mia vita qualcuno mi voleva attorno a sé. Non sapevo come reagire, ma accettai con gratitudine… Era una sensazione che amavo, la sensazione di avere un amico. Avevo pregato tutta la vita per avere un amico. Ed ora, dopo 17 anni d’attesa, Dio aveva risposto alla mia preghiera».

All’età di 19 anni egli si ritrovò ad essere il compagno di tenda di Richard durante un lavoro estivo. Egli notò che ogni sera Richard leggeva un libro. Gli chiese cosa leggesse. Gli fu detto che egli leggeva il Libro di Mormon. Poi aggiunge: «Cambiai velocemente discorso e andai a letto. Dopo tutto, quello era il libro che aveva rovinato la mia infanzia. Provai a dimenticarmene, ma dopo una settimana ancora non riuscivo a addormentarmi. Perché lo leggeva ogni sera? Presto non potei più sopportare quella domanda senza risposta nella mia testa. Così una sera gli chiesi cosa ci fosse di tanto importante in quel libro. Che cosa conteneva? Mi porse il libro. Risposi velocemente che non avevo mai voluto toccare il libro. Volevo solo sapere cosa contenesse. Egli iniziò a leggere da dove si era fermato. Egli lesse riguardo a Gesù e riguardo a un’apparizione nelle Americhe. Ne fui sbalordito. Non pensavo che i Mormoni credessero in Gesù».

Richard gli chiese di cantare con lui nel coro di una conferenza di palo. Il giorno arrivò e la conferenza iniziò. «L’anziano Gary J. Coleman, del primo quorum dei Settanta, era l’oratore principale. Ho scoperto durante quella conferenza che anche lui [era un convertito]. Al termine Richard iniziò a tirarmi per il braccio perché andassi a parlargli. Alla fine acconsentii e mentre lo avvicinavo lui si girò verso di me e mi sorrise. Mi presentai e dissi che non ero membro della Chiesa ma che ero solo venuto per cantare nel coro. Egli sorrise, disse che era felice che fossi lì e affermò che la musica era stata ottima. Gli chiesi come aveva saputo che la Chiesa era vera. Mi diede una breve versione della sua testimonianza e mi chiese se avessi letto il Libro di Mormon. Risposi di no. Mi promise che la prima volta che l’avessi letto avrei sentito lo Spirito».

In un’altra occasione questo giovane e il suo amico stavano viaggiando insieme. Richard gli porse un Libro di Mormon e gli chiese di leggere ad alta voce. Egli lo fece e immediatamente l’ispirazione dello Spirito Santo lo toccò.

Il tempo passò e la sua fede crebbe. Egli accettò di essere battezzato. I suoi genitori si opposero, ma egli perseverò e fu battezzato quale membro della Chiesa.

La sua testimonianza continua a rafforzarsi. Solo poche settimane fa si è sposato con una bellissima ragazza appartenente alla Chiesa, per il tempo e l’eternità, nel Tempio di Salt Lake. L’anziano Gary J. Coleman ha celebrato il suggellamento.

Questa è la fine della storia, ma in essa ci sono delle importanti dichiarazioni. Primo, la triste maniera con cui quei giovani compagni in una comunità mormone lo hanno trattato.

Poi, il modo in cui il suo nuovo amico Richard lo ha trattato. Fu totalmente diverso dalla sua precedente esperienza. Ciò portò alla sua conversione e battesimo nonostante la grande opposizione.

Questo genere di miracoli possono succedere e accadranno quando v’è gentilezza, rispetto e amore. Perché dovremmo essere scortesi e antipatici con gli altri? Perché non possiamo essere amici di tutti coloro che ci circondano? Perché c’é tanta amarezza e animosità? Questo non fa parte del vangelo di Gesù Cristo.

Tutti inciampiamo occasionalmente. Tutti facciamo degli errori. Voglio citare le parole che Gesù menzionò nella Sua preghiera: «E rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori» (vedere Matteo 6:12; Joseph Smith Translation, Matthew 6:13).

William W. Phelps, che era molto amico del profeta Joseph, lo tradì nel 1838, causando l’incarcerazione del profeta nel Missouri. Riconoscendo il gran male che aveva commesso, il fratello Phelps scrisse al Profeta supplicando il perdono. Il profeta replicò in parte come segue:

«è vero che noi abbiamo sofferto molti dolori a seguito del tuo comportamento—la coppa dell’amarezza, già abbastanza piena per degli esseri mortali che dovevano berla, si riempì veramente sino a straripare allorché tu ti rivoltasti contro di noi…

Tuttavia, abbiamo bevuto la coppa, la volontà del Padre nostro è stata fatta, e noi siamo ancora vivi, della qual cosa ringraziamo il Signore…

Credendo che la tua confessione sia reale, e il tuo pentimento sincero, io sarò nuovamente felice di porgerti la mano dell’accoglienza e mi rallegro del ritorno del figliuol prodigo.

Domenica scorsa la tua lettera è stata letta ai santi, ed in quella circostanza abbiamo colto l’espressione dei loro sentimenti quando è stato deciso all’unanimità che W. W. Phelps venisse nuovamente riaccolto fra noi.

‹Vieni fratello caro, poiché la guerra è passata.

Coloro che prima erano amici, alla fine son di nuovo amici›» (Insegnamenti del profetaJoseph Smith, compilati da Joseph Fielding Smith, 128).

Fratelli, è questo spirito espresso dal profeta che dobbiamo coltivare nella nostra vita. Non possiamo prenderlo alla leggera. Siamo membri della Chiesa del nostro Signore. Abbiamo degli obblighi verso di Lui, come pure verso noi stessi e verso gli altri. Questo vecchio mondo peccaminoso necessita d’uomini di forza, uomini di virtù, uomini di fede e rettitudine, uomini disposti a perdonare e a dimenticare.

In conclusione, sono felice di far notare che gli esempi e le storie da me citati non rappresentano le azioni e l’atteggiamento della grande maggioranza del nostro popolo. Vedo tutt’attorno a me meravigliosi atti d’amore e di preoccupazione nei confronti degli altri.

Una settimana fa questa sala era piena di bellissime giovani donne che stanno cercando di vivere il Vangelo. Esse sono generose l’una con l’altra. Cercano di rafforzarsi reciprocamente. Sono l’orgoglio dei loro genitori e delle case dalle quali vengono. Esse si stanno avvicinando all’età adulta e continueranno a seguire gli ideali che ora le stanno motivando.

Pensate all’immenso bene fatto dalle donne della Società di Soccorso. L’ombra delle loro benevoli opere si estende su tutta la terra. Le donne porgono la mano e donano il proprio tempo, le amorevoli cure e le risorse per assistere i poveri e i malati.

Pensate al programma di benessere con i volontari che forniscono cibo, vestiti e altri articoli necessari a coloro che soffrono.

Pensate alla grandezza dei nostri sforzi umanitari che vanno al di là della Chiesa per raggiungere le nazioni della terra distrutte dalla povertà. Il flagello del morbillo è stato eliminato in molte zone grazie ai contributi di questa Chiesa.

Ammirate l’opera del Fondo perpetuo per l’educazione nel sollevare migliaia di giovani dall’abisso della povertà fino alla luce della conoscenza e della prosperità.

E così potrei continuare ricordandovi gli ampi sforzi delle buone persone di questa Chiesa che sono di beneficio reciproco in una maniera che si estende in tutto il mondo, ai poveri e agli afflitti della terra.

Non v’è limite al bene che possiamo compiere, all’influenza che possiamo avere sugli altri. Non siamo critici o negativi. Preghiamo per avere forza, preghiamo per avere la capacità e il desiderio di assistere gli altri. Irradiamo la luce del Vangelo sempre e ovunque, in modo che lo Spirito del Redentore sia vista per nostro tramite.

Usando le parole del Signore a Giosuè: «Sii forte e fatti animo; non ti spaventare e non ti sgomentare, perché l’Eterno, il tuo Dio, sarà teco dovunque andrai» (Giosuè 1:9).

Nel nome di Gesù Cristo. Amen.