Insegnamenti dei presidenti
Capitolo 11


“Capitolo 11: La carità, il puro amore di Cristo”, Insegnamenti dei presidenti della Chiesa – Thomas S. Monson (2020)

“Capitolo 11”, Insegnamenti – Thomas S. Monson

Capitolo 11

La carità, il puro amore di Cristo

“Possiamo noi […] esprimere amore a tutti i figli di Dio, che siano nostri familiari, nostri amici, semplici conoscenti o completi sconosciuti”.

Dalla vita di Thomas S. Monson

Per il presidente Thomas S. Monson, amare il prossimo era uno stile di vita. L’anziano Jeffrey R. Holland e altri hanno descritto alcuni modi in cui egli esprimeva amore e carità:

“Per la sua natura compassionevole e tenerezza di cuore il giovane Tom diventò presto consapevole delle molte persone del vicinato che erano […] meno fortunate di lui. Non sopportando di vedere la famiglia di uno dei suoi amici d’infanzia mangiare cereali (accompagnati da acqua calda invece che da latte) per la cena di Natale, regalò loro i suoi due conigli dicendo, con un nodo alla gola: ‘Non è come un tacchino, ma saranno una buona cena di Natale’.

Le esperienze vissute durante la fanciullezza sembrano aver fatto parte di un processo di ammaestramento divinamente ispirato che avrebbe reso sensibile Thomas Monson alle necessità dei poveri per il resto della sua vita. Quando in seguito diventò vescovo del Sesto-settimo rione, in cui era nato e cresciuto, egli dovette occuparsi di 1.060 membri incluse circa 85 vedove, ed ebbe il fardello di assistenza sociale più oneroso nella Chiesa.

Molti forse sanno che il giovane vescovo Monson, in occasione di ogni Natale, dedicava una settimana delle sue ferie annuali a fare visita a tutte le 85 vedove del suo rione. Molti forse non sanno che durante quei primi anni egli donava a ognuna di loro una delle galline da lui stesso allevate nel suo pollaio. […]

‘[Il presidente Monson è] il benefattore delle persone meno fortunate’, [diceva] il suo caro amico Wendell J. Ashton. […] ‘È come un pino la cui vetta ascende verso il cielo mentre i lunghi rami rimangono vicini a terra per proteggere tutti coloro che hanno bisogno di un rifugio’.

‘Poche persone lo sanno ma fratello Monson si è autonominato cappellano di un gran numero di case di cura della città’, [ha detto] l’anziano Boyd K. Packer, che ha seduto a fianco dell’anziano Monson in seno al Quorum dei Dodici per ben quindici anni. ‘Egli fa loro visita ogni qualvolta il suo fitto programma lo permette e qualche volta anche quando non ha tempo di farlo’.

Una persona animata da buone intenzioni una volta disse al presidente Monson che era inutile continuare a visitare quelle persone anziane e parlare a lungo con loro, poiché raramente rispondevano. ‘Farebbe meglio a risparmiare tempo e fiato, anziano Monson, loro non sanno chi lei sia’.

‘Che lo sappiano o no non conta’, rispose deciso Thomas Monson. ‘Non parlo con loro perché mi conoscono, parlo con loro perché sono io a conoscere loro’”1.

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Gesù prega nel Getsemani

“L’amore è l’essenza stessa del Vangelo e Gesù Cristo è il nostro Esempio. La Sua vita fu un retaggio d’amore”.

Insegnamenti di Thomas S. Monson

1

Dobbiamo esprimere amore con le parole e le azioni.

Non possiamo amare veramente Dio se non amiamo i nostri compagni di viaggio nella mortalità. Similmente, non possiamo amare veramente il nostro prossimo se non amiamo Dio, il Padre di tutti noi. L’apostolo Giovanni ci dice: “Questo è il comandamento che abbiam da lui: che chi ama Dio ami anche il suo fratello” [1 Giovanni 4:21]. Siamo tutti figli di spirito del Padre Celeste e, in quanto tali, siamo fratelli e sorelle. Se terremo a mente questa verità, amare tutti i figli di Dio diventerà più facile.

Invero, l’amore è l’essenza stessa del Vangelo e Gesù Cristo è il nostro Esempio. La Sua vita fu un retaggio d’amore: per i malati che guarì, gli oppressi che sollevò, i peccatori che salvò. Alla fine, la folla adirata Gli tolse la vita. Ciò nonostante, ancora risuonano le parole compassionevoli che pronunciò sul Golgota: “Padre, perdona loro; perché non sanno quello che fanno” — un’espressione suprema, nella mortalità, di compassione e amore [Luca 23:34].

Ci sono molti attributi che esprimono l’amore, come la gentilezza, la pazienza, l’altruismo, la comprensione e il perdono. In tutti i nostri rapporti, questi attributi, e altri simili a questi, ci aiuteranno a dare prova dell’amore che nutriamo.

Il più delle volte dimostreremo il nostro amore nelle relazioni quotidiane con gli altri. La cosa più importante sarà la nostra capacità di riconoscere i bisogni delle persone e provvedervi. Ho sempre apprezzato molto il significato espresso da questa breve poesia:

Ho pianto spesso nella notte

per la grande miopia

che mi ha reso cieco [ai bisogni altrui],

mentre non ho mai avuto

modo di dolermi

di essere stato un po’ troppo generoso.

[Anonimo, citato da Richard L. Evans, “The Quality of Kindness”, Improvement Era, maggio 1960, 340]

[…] Spero che ci sforzeremo sempre di essere rispettosi e sensibili nei confronti dei pensieri, dei sentimenti e delle circostanze di coloro che ci circondano. Facciamo in modo di non criticarli o umiliarli. Cerchiamo, piuttosto, di essere compassionevoli e offrire incoraggiamento. Dobbiamo fare attenzione a non distruggere la fiducia di un’altra persona con parole o azioni incuranti. […]

L’amore lo si può esprimere in molti modi riconoscibili: con un sorriso, con un commento gentile, con un complimento. Altre espressioni di amore possono essere meno evidenti, come quando ci interessiamo alle attività di una persona, o insegniamo un principio con gentilezza e pazienza, o andiamo a trovare qualcuno che è malato o costretto in casa. Parole e gesti come questi, e come molti altri, possono comunicare amore. […]

Possiamo noi cominciare ora, oggi stesso, a esprimere amore a tutti i figli di Dio, che siano nostri familiari, nostri amici, semplici conoscenti o completi sconosciuti. Quando ci alziamo la mattina, decidiamo di rispondere con amore e gentilezza, qualsiasi cosa possa accaderci.

E poi, fratelli e sorelle, c’è l’amore di Dio per noi, che supera ogni comprensione. A motivo di questo amore, Egli ha mandato il Suo Figliolo, che ci ha amati al punto da dare la Sua vita per noi, affinché potessimo ottenere la vita eterna. Se arriveremo a comprendere questo dono incomparabile, il nostro cuore si riempirà di amore per il nostro Padre Eterno, per il nostro Salvatore e per tutta l’umanità.2

Il vostro Padre Celeste vi vuole bene, vuole bene a ciascuno di voi. Questo amore non cambia mai. Non è influenzato dal vostro aspetto, dai vostri possedimenti o dalla quantità di denaro che avete in banca. Non muta sulla base dei vostri talenti o delle vostre capacità. È sempre lì. È a vostra disposizione quando siete tristi o quando siete felici, quando siete scoraggiati o quando sperate qualcosa. L’amore di Dio è lì per voi, che sentiate di meritare amore oppure no. È semplicemente sempre lì.3

2

Gesù Cristo ha mostrato carità al prossimo e ci invita a fare altrettanto.

Ho pensato a una strada resa famosa da una parabola di Gesù: parlo della strada di Gerico. La Bibbia ci permette di rivivere gli eventi memorabili che hanno hanno dato fama imperitura alla strada di Gerico.

“Gesù, […], disse: Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté in ladroni i quali, spogliatolo e feritolo, se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.

Or, per caso, un sacerdote scendeva per quella stessa via; e veduto colui, passò oltre dal lato opposto.

Così pure un levita, giunto a quel luogo e vedutolo, passò oltre dal lato opposto.

Ma un Samaritano che era in viaggio giunse presso a lui; e vedutolo, n’ebbe pietà;

e accostatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra dell’olio e del vino; poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo menò ad un albergo e si prese cura di lui.

E il giorno dopo, tratti fuori due denari, li diede all’oste e gli disse: Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, quando tornerò in su, te lo renderò.

Quali di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté ne’ ladroni?

E quello rispose: Colui che gli usò misericordia. E Gesù gli disse: Va’, e fa’ tu il simigliante” [Luca 10:30–37].

Ognuno di noi, nel viaggio attraverso la vita terrena, percorrerà una propria strada di Gerico. Quale sarà il vostro comportamento […]? Quale sarà il mio? Mancherò di notare colui che è stato percosso dai ladri ed ha bisogno di aiuto? Farete voi altrettanto? O forse vedrò il ferito, udrò le sue invocazioni, eppure mi limiterò a passare dall’altra parte della strada? Farete voi altrettanto? O sarò invece colui che vedrà, che ascolterà, che si fermerà, che darà aiuto? Farete voi altrettanto?

Gesù ci ha lasciato il motto: “Va’ e fa’ tu il simigliante” [Luca 10:37]. Quando obbediamo a questa ingiunzione, davanti a noi si apre una gamma di possibili gioie raramente eguagliata, insuperabile.

Forse per noi la strada di Gerico non è chiaramente segnata, forse i caduti e i feriti non implorano a gran voce il nostro aiuto; ma se seguiamo le orme del Buon Samaritano, percorriamo la via che porta alla perfezione.

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Gesù aiuta un uomo ferito

“Sarò […] colui che vedrà, che ascolterà, che si fermerà, che darà aiuto? Farete voi altrettanto?”

Notate i molti esempi fornitici dal Maestro: il paralitico di Betesda; la donna colta in adulterio; la donna alla fonte di Giacobbe; la figlia di Iairo; Lazzaro, fratello di Maria e di Marta — ognuno di questi rappresentava un ferito sulla strada di Gerico. Ognuno di questi aveva bisogno di aiuto.

Al paralitico di Betesda Gesù disse: “Lèvati, prendi il tuo lettuccio, e cammina” (Giovanni 5:8). Alla donna colta in adulterio Egli rivolse queste parole: “Va’, e non peccar più” (Giovanni 8:11). A colei che era venuta ad attingere acqua alla fonte Egli offrì “una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna” (Giovanni 4:14). Alla figlia di Iairo, morta, fu rivolta l’ingiunzione: “Giovinetta, io tel dico, levati!” (Marco 5:41.) A Lazzaro nel sepolcro furono rivolte queste memorabili parole: “Lazzaro vieni fuori!” (Giovanni 11:43).

È opportuno che ognuno di noi si ponga questa domanda fondamentale: “Questi episodi riguardano la vita del Redentore del mondo. Nella mia vita, sulla mia strada di Gerico, potrà verificarsi qualcuna di queste esperienze preziose […]?

La mia risposta è un deciso “sì”. Voglio citarvi [un esempio]:

[…] Alcuni anni or sono morì uno degli uomini più buoni e più amati del mondo: Louis C. Jacobsen. Egli aveva aiutato i bisognosi, aveva aiutato gli emigranti a trovare lavoro e aveva pronunciato più sermoni ai funerali dei suoi amici di qualsiasi altra persona che io abbia mai conosciuto.

Un giorno, in un momento di raccoglimento, Louis Jacobsen mi parlò della sua fanciullezza. Egli era figlio di una povera vedova danese; era piccolo di statura e di aspetto non attraente. Ovviamente era oggetto degli scherzi dei suoi compagni di scuola. Una domenica mattina alla Scuola Domenicale i bambini si fecero beffe di lui a causa dei suoi pantaloni rattoppati e della sua camicia stinta. Troppo orgoglioso per piangere, il piccolo Louis era fuggito dalla cappella per fermarsi alla fine esausto sul marciapiede di una delle strade principali di Salt Lake City. Nella canaletta che si trovava accanto al marciapiede scorreva dell’acqua. Louis trasse di tasca il foglio di carta sul quale aveva scritto lo schema della lezione della Scuola Domenicale e con grande abilità ne fece una barchetta per farla navigare in quell’acqua. Nel suo giovane cuore ferito nacque la determinazione di non tornare mai più alla Scuola Domenicale.

Improvvisamente, attraverso le lacrime, Louis vide rispecchiata nell’acqua l’immagine di un uomo alto e ben vestito. Louis alzò lo sguardo e riconobbe nell’uomo George Burbidge, [un dirigente] della Scuola Domenicale. “Posso sedere qui accanto a te?”, chiese con voce dolce quel buon dirigente. Louis annuì. E là, sul cordolo del marciapiede, sedette […] un Buon Samaritano che si adoperava per soccorrere chi si trovava nel bisogno. I due […] fecero parecchie barchette di carta e le vararono, mentre la conversazione continuava. Alla fine il dirigente si alzò e, tenendo stretta nella sua la piccola mano di Louis, tornò alla Scuola Domenicale. Anni dopo lo stesso Louis presiedette a quella Scuola Domenicale. Durante la sua lunga vita di servizio egli non mancò mai di esprimere la sua gratitudine per quel viaggiatore che lo aveva soccorso sulla strada di Gerico.4

3

L’amore è il catalizzatore che favorisce i cambiamenti, è il balsamo che porta guarigione.

Nella mente degli onesti di cuore risuona l’invito del Signore ai Suoi figli: “Ecco, io sto alla porta e picchio: se uno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui’ (Apocalisse 3:20). Questa porta ha un nome? Certamente. Io la chiamo “la porta dell’amore”.

L’amore è il catalizzatore che favorisce i cambiamenti. L’amore è il balsamo che porta guarigione all’anima, ma l’amore non è spontaneo come l’erbaccia, né cade dal cielo come la pioggia. L’amore ha il suo prezzo. “Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16). Questo Figliuolo, il Signore Gesù Cristo, dette la Sua vita affinché potessimo avere la vita eterna, tanto era grande il Suo amore per il Padre e per noi.

[…] Nel commovente addio ai Suoi discepoli, insegnando loro, Gesù disse: “Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama” (Giovanni 14:21). Particolarmente lungimirante fu l’ingiunzione: “Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Com’io v’ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri” (Giovanni 13:34). […]

Il mio plauso va a coloro che, con affettuose cure e sincera compassione, nutrono gli affamati, rivestono gli ignudi e danno rifugio ai senza tetto. Colui che vede un passero caduto non dimenticherà tali servigi.5

Recentemente pensavo a un’esperienza della mia infanzia [quando] avevo solo 11 anni. La nostra presidentessa della Primaria, Melissa, era un’affettuosa donna anziana con i capelli grigi. Un giorno, in Primaria, Melissa mi chiese di trattenermi e di parlare con lei. Ci ritrovammo seduti a parlare in quella cappella ormai vuota. Mi mise un braccio sulla spalla e iniziò a piangere. Sorpreso, le chiesi perché piangeva.

Mi disse: “Non riesco a convincere i bambini a comportarsi con riverenza durante gli esercizi di apertura della Primaria. Potresti darmi una mano, Tommy?”.

Promisi a Melissa che lo avrei fatto. Stranamente per me, ma non per lei, così fu risolto il problema della riverenza in Primaria. Ella era andata alla radice del problema, che ero io stesso. La soluzione fu l’amore.

Gli anni passarono. La meravigliosa Melissa, che all’epoca aveva 90 anni, viveva in una casa di riposo a nordovest di Salt Lake City. Proprio prima di Natale decisi di far visita alla mia amata presidentessa della Primaria. Mentre ero in macchina, alla radio sentii: “Noi con gli angeli esultiam, nato è il gran Sovran!” [vedere Un Re nacque a Betleem, Inni, 127]. Riflettevo sulla visita che i magi fecero così tanti anni fa. Portarono doni di oro, incenso e mirra. Io portavo soltanto un dono d’amore e il desiderio di dire grazie.

Trovai Melissa nella sala da pranzo. Fissava il piatto davanti a lei e spostava il cibo con la forchetta che teneva nella mano piena di rughe. Non aveva mangiato neanche un boccone. Mentre le parlavo, le mie parole venivano accolte con uno sguardo gentile ma perso nel vuoto. Presi la forchetta e iniziai a imboccare Melissa, e intanto le parlavo del suo servizio che aveva reso ai bambini della Primaria. Da parte sua non ci fu un cenno di assenso, men che meno qualche parola. Altri due ospiti della casa di riposo mi guardavano perplessi. Poi uno di loro mi disse: “Non le parli. Non riconosce nessuno, neanche la sua famiglia. Non ha detto una parola da quando è arrivata qui”.

Il pranzo finì. Il mio monologo terminò. Mi alzai per andar via. Tenevo la sua fragile mano nella mia, guardai il suo bel volto rugoso e le dissi: “Che Dio ti benedica, Melissa. Buon Natale”. Senza preavviso, prese a parlare e disse: “Ti conosco. Sei Tommy Monson, il mio bambino della Primaria. Ti voglio tanto bene”. Portò la mia mano alle labbra e vi posò un dolce bacio pieno d’affetto. Le sue guance furono solcate dalle lacrime che scesero a bagnare le nostre mani giunte. Quelle mani, quel giorno, furono santificate dal cielo e dalla grazia di Dio.6

4

Mostriamo carità quando ci tratteniamo dal giudicare e criticare gli altri.

Una giovane coppia, Lisa e John, si trasferì in un nuovo quartiere. Una mattina, mentre facevano colazione, Lisa guardò fuori della finestra e osservò la sua vicina mentre stendeva il bucato.

“Quei panni non sono puliti!”, esclamò Lisa. “La nostra vicina non sa fare il bucato!”.

John guardò ma rimase in silenzio.

Ogni volta che la sua vicina stendeva il bucato, Lisa faceva gli stessi commenti.

Alcune settimane dopo, dando un’occhiata fuori dalla finestra, Lisa fu sorpresa di vedere degli abiti ben puliti che erano stesi nel giardino della sua vicina. Disse al marito: “Guarda John; finalmente ha imparato a lavare nel modo giusto! Mi chiedo come avrà fatto”.

John rispose: “Cara, ho io la risposta. Ti interesserà sapere che stamattina mi sono alzato presto e ho lavato le nostre finestre!”.

[…] Vorrei esprimervi alcuni pensieri riguardo a come ci consideriamo a vicenda. Stiamo guardando attraverso una finestra che ha bisogno di pulizia? Stiamo dando dei giudizi senza conoscere tutti i fatti? Che cosa vediamo quando guardiamo gli altri? Che giudizi diamo di loro?

Il Salvatore disse: “Non giudicate” [Matteo 7:1]. Poi continuò: “Perché guardi tu il bruscolo che è nell’occhio del tuo fratello, mentre non iscorgi la trave che è nell’occhio tuo?” [Matteo 7:3]. Oppure, per parafrasare: perché guardi tu ciò che ritieni essere biancheria macchiata nella casa della tua vicina ma non iscorgi la finestra sporca che è nella casa tua?

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donna vicino a una finestra

“Invece di giudicare e criticare gli altri, possiamo avere il puro amore di Cristo per gli altri viaggiatori in questo viaggio che è la vita”.

Nessuno di noi è perfetto. Non conosco nessuno che professi di esserlo. Eppure, per qualche ragione, malgrado le nostre imperfezioni, abbiamo la tendenza a far notare quelle degli altri. Esprimiamo dei giudizi sulle loro azioni o su ciò che non fanno.

Davvero non c’è alcun modo in cui possiamo conoscere il cuore, le intenzioni o le circostanze di qualcuno che può dire o fare cose che reputiamo di dover criticare. Di conseguenza, il comandamento: “Non giudicate”. […]

Io considero la carità, o il “puro amore di Cristo”, l’opposto della critica e del giudicare. Parlando di carità […] ho in mente la carità che si manifesta quando siamo tolleranti verso gli altri e clementi per le loro azioni; il tipo di carità che perdona; il tipo di carità che è paziente.

Ho in mente la carità che ci spinge ad essere comprensivi, compassionevoli e misericordiosi, non solo nei momenti di malattia, afflizione e difficoltà, ma anche in tempo di debolezza o errore da parte degli altri.

C’è grande necessità della carità che dà attenzione a coloro che non vengono notati, speranza a coloro che sono scoraggiati, aiuto a coloro che sono afflitti. La vera carità è amore in azione. Il bisogno di carità è ovunque.

È necessaria la carità che rifiuta di trovare soddisfazione nell’ascoltare o nel ripetere il racconto delle sfortune degli altri, se non per dare beneficio alla persona meno fortunata. […]

Carità è avere pazienza verso qualcuno che ci ha deluso; è resistere all’impulso di offendersi facilmente. È accettare le debolezze e le imperfezioni. È accettare le persone per come sono veramente. È guardare al di là dell’aspetto fisico, a quegli attributi che non si offuscano col tempo. È resistere all’impulso di classificare gli altri. […] Invece di giudicare e criticare gli altri, possiamo avere il puro amore di Cristo per gli altri viaggiatori in questo viaggio che è la vita. […]

“La carità non verrà mai meno” [Moroni 7:46]. […] Questa verità senza tempo vi guidi in tutto ciò che fate. Possa permeare ogni anima e trovare espressione in tutti i vostri pensieri e atti.7

Suggerimenti per lo studio e l’insegnamento

Domande

  • Ripassa i molti modi insegnati dal presidente Monson in cui dovremmo esprimere amore (vedere la sezione 1). Quali sono alcuni modi in cui possiamo dimostrare maggiormente il nostro affetto nelle nostre interazioni quotidiane? Come possiamo sviluppare maggiore amore per gli altri? Come ti aiuta sapere che l’amore del Padre Celeste per te “è semplicemente sempre lì”?

  • Medita sulle domande poste dal presidente Monson sul nostro viaggio lungo la strada di Gerico (vedere la sezione 2). Come sei stato benedetto da qualcuno che per te è stato un “buon samaritano”? Che cosa può insegnarci la storia di Louis Jacobsen e George Burbidge? Perché è importante “lasciare che le preoccupazioni per gli altri [rimpiazzino] le preoccupazioni per noi stessi”?

  • Il presidente Monson ha insegnato che “l’amore è il catalizzatore che favorisce i cambiamenti” (sezione 3). In che modo l’affetto di un insegnante lo aiutò a cambiare quando era un bambino della Primaria di 11 anni? In quale occasione l’affetto di un’altra persona ha fatto la differenza nella tua vita? Perché l’amore ha un tale potere?

  • Che cosa possiamo apprendere sull’amore dalla storia del presidente Monson sul bucato della vicina? (Vedere la sezione 4). Perché a volte giudichiamo o critichiamo? Come possiamo vincere queste tendenze? Rileggi gli insegnamenti del presidente Monson sulla carità contenuti nel penultimo paragrafo e pensa a come puoi avere maggiore carità mettendo in pratica quei metodi.

Ulteriori versetti di riferimento

Matteo 5:44–46; Giovanni 15:9–13; 1 Corinzi 13:1–13; Colossesi 3:12–14; 1 Nefi 11:8–23; Ether 12:33–34; Moroni 7:47–48; Dottrina e Alleanze 121:45–46

Sussidi didattici

“In base alle circostanze, esprimere affetto a coloro a cui insegni potrebbe significare fare loro dei complimenti sinceri, interessarti alla loro vita, ascoltarli attentamente, coinvolgerli nella lezione, svolgere atti di servizio nei loro confronti o semplicemente salutarli calorosamente quando li vedi” (Insegnare alla maniera del Salvatore, [2016] 6).

Note

  1. Jeffrey R. Holland, “Il presidente Thomas S. Monson – Sempre ‘al servizio del Signore’”, La Stella, ottobre 1986, 16–17.

  2. L’amore: l’essenza del Vangelo”, Liahona, maggio 2014, 91, 93–94.

  3. Non siamo mai soli”, Liahona, novembre 2013, 123–124.

  4. La vostra strada di Gerico”, La Stella, settembre 1989, 2–3.

  5. Una porta chiamata amore”, La Stella, gennaio 1988, 62, 63.

  6. Christmas Is Love” (Riunione di Natale della Prima Presidenza, 2 dicembre 2012), ChurchofJesusChrist.org/broadcasts/article/christmas-devotional/2012/12/christmas-is-love; vedere anche “Una porta chiamata amore”, 64.

  7. La carità non verrà mai meno”, Liahona, novembre 2010, 122, 124–25.