2006
Portare due nomi
Guigno 2006


Portare due nomi

Per rappresentare il Salvatore, dovevo riconciliarmi con mio padre.

Un anno dopo che mi unii alla Chiesa, sentii il desiderio di svolgere una missione a tempo pieno. Durante l’intervista con il mio vescovo per compilare la mia domanda, egli mi chiese: «Hai qualche problema con qualcuno che non hai ancora risolto?»

Risposi di no, perché dicevo a me stesso di non averne, ignorando del tutto l’ostilità esistente tra me e mio padre. Affermai di essere degno e pronto per servire.

I giorni che seguirono furono strazianti. L’idea di dovermi riconciliare con mio padre invadeva amaramente la mia anima. Mio padre non si era mai preso cura dei suoi figli. Tutti noi avevamo raggiunto il punto di non parlargli nemmeno più. Se qualcuno mi chiedeva riguardo a mio padre, rispondevo senza rimorsi: «è morto».

Non potevo davvero vedere alcuna ragione per la quale provare a riconciliarmi con qualcuno che non mi avrebbe neanche voluto ascoltare. Pensavo di non avergli mai fatto alcun torto. Al contrario, sentivo che era lui quello che doveva venire a trovarmi e a supplicare il mio perdono. Tuttavia, l’idea che dovevo andare a far visita a mio padre continuava a tormentarmi.

Una sera andai a trovarlo. Abitava a circa 360 chilometri di distanza. La prima ora della nostra conversazione fu piena di insulti, reciproche accuse e di parole che fecero davvero male. Nonostante le nostre parole piene di rabbia, la mia intenzione di riconciliarmi era ancora forte. Con l’aiuto dello Spirito di Dio, dopo cinque ore, fummo in grado di terminare la discussione provando entrambi sentimenti positivi.

Dopo aver versato molte lacrime, mio padre ed io fummo in grado di abbracciarci, felici di aver infine capito il fulcro del problema che per così a lungo ci aveva fatto rimanere arrabbiati l’uno con l’altro. Alla fine, mio padre prese un bicchiere pieno di acqua calda e, mentre parlava, lo svuotò lentamente, un gesto che per noi in Africa rappresenta la riconciliazione. Quindi, dopo aver riveduto tutto ciò che era successo, egli mi diede la sua benedizione impegnandosi a pentirsi dei propri errori.

Sono molto grato al mio Padre celeste, per avermi ispirato a cercare una tale discussione che permise un reciproco pentimento. Quale missionario della missione di Abidjan, Costa d’Avorio, ero felice di portare una targhetta nella quale vi erano due nomi: Lagoua, il cognome di mio padre e Gesù Cristo, il nome del mio Salvatore.