2005
Mosso a compassione
Ottobre 2005


Mosso a compassione

Il fratello Thamas, un esile uomo anziano, si sedeva da solo, spesso a qualche distanza dagli altri fedeli che si riunivano per salutarsi a vicenda all’inizio delle nostre riunioni domenicali. Era una persona di bassa statura, dall’aspetto dimesso. Era stato da poco battezzato e non aveva una famiglia. Il suo spagnolo, sebbene comprensibile, era una mescolanza di portoghese, francese, tedesco, inglese e ungherese, sua lingua natia. Nelle brevi conversazioni intrattenute con quei fedeli che cercavano di essergli amici, egli parlava della lontana Ungheria.

Un giorno il vescovo gli chiese di parlare per alcuni minuti durante la riunione sacramentale. Rimase sorpreso, ma accettò. Anche noi fummo sorpresi di sentire annunciare il suo nome. Ci preparammo ad ascoltare una testimonianza breve e semplice.

Ma una volta che fu al pulpito, l’aspetto di questo fratello fu trasformato in modo notevole, ed egli catturò immediatamente la nostra attenzione. Assunse una postura dritta, quasi militare, anche senza uniforme o medaglie. Aveva i modi di un soldato—anziano, ma fiero. Iniziò a raccontare la sua storia affascinante in maniera lenta ma sicura.

Durante la seconda guerra mondiale aveva fatto parte di un battaglione di fanteria in una zona in cui si era combattuto strenuamente, seminando sangue, dolore e morte. Il suo squadrone era comandato da un sergente che si era conquistato l’odio dei suoi uomini per la sua severità. Durante una notte di combattimenti cruenti, un colpo di mortaio esplose non distante dal sergente, ferendolo. L’ufficiale preposto fermò il furgone usato che passava spesso per raccogliere i morti e i feriti e portarli nelle retroguardie per essere curati o sepolti.

I soldati guardarono da lontano il destino di morte toccato al loro capo. Nessuno andò ad aiutarlo. L’ufficiale chiese un volontario che caricasse l’uomo sul furgone e lo accompagnasse nelle retrovie. Nessuno si offrì volontario.

Poi, dopo un momento di riflessione, il fratello Thamas venne avanti. «Mosso a compassione», ci disse, «decisi di trasportare lo sfortunato e di accompagnarlo nel suo viaggio. Mi presi cura di lui nel miglior modo possibile durante il suo lungo e doloroso tragitto.

«Più tardi tornai indietro in cerca del mio gruppo. Quando arrivai al fronte, seppi che quel terribile bombardamento aveva ucciso un gran numero di uomini la sera della mia partenza. Non era sopravvissuto neanche un uomo del mio gruppo, eccetto me. E allora capii. Ringraziai Dio per avermi mosso a compassione. Egli mi aveva salvato la vita e dato la possibilità di conoscere il vangelo restaurato».

Il nostro semplice affetto per questo fratello piegato dagli anni si tramutò in apprezzamento, ammirazione e gratitudine per aver condiviso il suo esempio di attuazione del puro amore di Cristo.

Juan Aldo Leone è membro del Rione di Villa Allende, nel Palo di Córdoba Sierras (Argentina).