2002
Il linguaggio dell’amore
Luglio 2002


Il linguaggio dell’amore

Ogni bambino ha bisogno di continue conferme come: «sei conosciuto, sei apprezzato, hai un grande potenziale, sei bravo».

Quando ero una giovane madre, mio marito e io ci siamo ritrovati a portare cinque bambini al di sotto degli otto anni a vivere in Sud America. Nessuno di noi conosceva la lingua, ma fu la mia bambina di sei anni ad incontrare maggiori difficoltà ad impararla. Decidemmo di iscriverla all’asilo con i bambini di quattro anni, anche se avrebbe dovuto cominciare la prima elementare. Speravamo che interagire con i bambini più piccoli sarebbe stato meno pauroso e le avrebbe reso più facile comunicare in portoghese.

Ma la realtà per mia figlia era che si sentiva una straniera per i bambini quanto loro lo erano per lei. Ogni giorno era una lotta: l’angoscia mi assaliva tutte le mattine nell’accompagnarla a scuola e poi nell’aspettare che tornasse, distrutta, alla fine della giornata.

Un giorno, dei bambini furono particolarmente cattivi con lei. Durante la ricreazione alcuni le tirarono addirittura dei sassi e la spinsero, sghignazzando. Spaventata e ferita, decise che non poteva tornare in classe. Seduta da sola mentre il campo giochi si svuotava, si ricordò ciò che le avevamo insegnato riguardo alla solitudine. Si ricordò che il Padre celeste è sempre vicino ai Suoi figli e che poteva parlare con Lui in qualunque momento, non soltanto prima di andare a dormire. Lui avrebbe compreso il linguaggio del suo cuore. In un angolo del campo giochi chinò il capo e disse una preghiera. Non sapeva per cosa pregare, così chiese che suo padre e sua madre potessero essere con lei per proteggerla. Camminando verso la classe le venne in mente un inno della Primaria.

Io vado a spasso giocando nei prati,

mi siedo nell’erba, raccolgo un fior.

Lo porto alla mamma. O mia cara mamma,

tutto in questo fior ricorda te.

(«Io vado a spasso», Innario dei bambini, 109).

Riaprendo gli occhi, si accorse che un fiorellino era cresciuto tra le crepe del cemento. Lo raccolse e lo mise in tasca. I problemi con gli altri bambini non scomparirono, ma tornò nella scuola sentendo la presenza dei suoi genitori con sé.

Ognuno di noi si è sentito, come mia figlia, perso o isolato in una terra straniera. Forse la vostra terra straniera era imparare la lingua della matematica o della chimica. Può darsi che abbiate pensato di essere approdati su di una spiaggia aliena quando siete entrati a far parte della Chiesa, anche se l’avete fatto nel vostro paese. Mettetevi nei panni di un neo convertito. Espressioni quali chiamata, Vescovato Presiedente o anche Autorità generale richiedono spiegazioni.

Cosa dire dei nostri missionari che hanno compreso e risposto ai suggerimenti dello Spirito sulla veridicità della Chiesa, ma che devono poi affrontare le difficoltà dell’imparare contemporaneamente sia il Vangelo che una lingua straniera? Rimango meravigliata quando penso al loro coraggio.

Nella nostra vita incontriamo molti momenti frustranti nell’apprendere una lingua straniera. Ciononostante, esiste una lingua universale. «O mia cara mamma, tutto in questo fior ricorda te» parlò direttamente al cuore di una bambina. Un inno della Primaria e un fiore selvatico furono il linguaggio semplice in risposta a una preghiera.

Dopo aver insegnato per un po’ di tempo nel tempio di Abbondanza, Gesù intuì che il popolo poteva non aver compreso tutte le parole che pronunciò. Chiese loro di tornare alle loro case e meditare e pregare con le loro famiglie e di prepararsi per il Suo ritorno il giorno successivo.

Ma quando «gettò di nuovo lo sguardo tutt’attorno sulla moltitudine, e vide che essi erano in lacrime e lo guardavano fissamente, come se volessero chiedergli di attardarsi un po’ più a lungo con loro…

Egli prese i loro bambini, ad uno ad uno, e li benedisse, e pregò il Padre per loro…

E parlò alla moltitudine e disse loro: Ecco i vostri piccoli.

E mentre erano attenti a guardare… videro degli angeli scendere dal cielo come se fossero in mezzo al fuoco; ed essi vennero giù e circondarono i piccoli…e gli angeli li istruirono» (3 Nefi 17:5, 21, 23–24).

Essere «circondati» dal fuoco della nostra testimonianza è un linguaggio che noi tutti dobbiamo imparare a parlare e comprendere.

La prima lezione insegnata a ogni bambino del mondo che frequenta la Primaria si intitola «Sono un figlio di Dio». I bambini, già dall’età di 18 mesi, possono essere in grado di indicare se stessi recitando questa filastrocca:

Il Padre celeste sa chi sono io

e sa che cosa piace a me.

Sa il mio nome e dov’è la mia casa.

Mi vuole tanto bene».

(«Il Padre celeste sa chi sono io», Primaria 1: Sono un figlio di Dio, 2).

Quando insegnavo in una prima media parecchi anni fa, un ragazzo di quattordici anni vestito da bullo fu portato nella mia classe. Rispetto agli altri trenta studenti, era più vecchio di due anni e più grande di quattro taglie. Presto scoprii che Brian non sapeva leggere, non aveva frequentato la scuola regolarmente e aveva vissuto con diversi tutori in molte città.

La consegna della pagella si avvicinava e mi recai a scuola nel mio giorno libero per terminare di registrare i compiti dei bambini e completare le pagelle. Entrando in classe per prendere le pagelle, mi accorsi che Brian stava disturbando la lezione. Proposi al mio grato collega che avrei portato Brian con me. Con alcuni libri per prima elementare pieni di figure ci incamminammo verso la biblioteca, parlando un po’ di football.

Ci sedemmo a una scrivania dove stavo compilando le pagelle. Gli chiesi se avesse mai ricevuto una pagella.

Scosse la testa e disse di no. Gli domandai se volesse una pagella.

Mi guardò negli occhi e disse: «solo se dicesse che sono stato un bravo ragazzo».

Feci una pagella speciale per lui evidenziando le sue qualità. Vi scrissi il suo nome e la sua abilità di non escludere nessuno e far ridere le persone. Menzionai espressamente il suo amore per gli sport. Non era una pagella tradizionale, ma sembrò fargli piacere. Dopo breve tempo, Brian sparì dalla scuola e l’ultima volta che ebbi notizie di lui, viveva in un altro stato. Sperai che, dovunque fosse, avesse in tasca la mia pagella che diceva che era un bravo ragazzo.

Un giorno a ognuno di noi sarà consegnata una pagella finale. Forse saremo giudicati in base a quanto abbiamo visto di buono negli altri. Ogni bambino ha bisogno di continue conferme come: «sei conosciuto, sei apprezzato, hai un grande potenziale, sei bravo».

Adoro le storie dei bambini pionieri. Sentiamo sempre parlare dei genitori che camminarono verso la Valle del Lago Salato. Ma, con le parole di un inno della Primaria:

«Quando penso ai pionieri,

penso a uomini e donne coraggiosi.

Ma mi piace ricordare che c’erano anche i bambini;

mi sarebbe piaciuto essere un bimbo di allora».

(«Whenever I Think about Pioneers», Children’s Songbook, 222).

Susan Madsen ha raccontato la storia di Agnes Caldwell nella compagnia di carretti a mano di Willie. Furono sorpresi da forti temporali e soffrirono terribilmente la fame e il freddo. Le carovane di soccorso giunsero per distribuire cibo e coperte, ma non c’erano abbastanza carri per trasportare tutti. Anche dopo il soccorso, la maggior parte delle persone dovettero trascinarsi ancora per molte miglia prima di arrivare in salvo alla valle.

Agnes, di soli nove anni, era troppo affaticata per spingersi oltre. Il conducente si accorse della sua determinazione nello stare al passo con la carovana e chiese se volesse un passaggio. Ella spiegò con queste parole ciò che avvenne:

«Allungò il braccio, afferrando la mia mano, fischiando ai cavalli per farmi correre, con gambe che… non potevano andare oltre. Proseguimmo, per quelle che a me parvero miglia. Ciò che mi passò per la testa in quel momento era che egli fosse l’uomo più crudele che avesse mai vissuto o di cui avrei mai sentito parlare… Proprio quando sembrava essere la fine, si fermò [e mi sollevò sul carro]. Mi avvolse in una coperta…calda e confortevole. Lì ebbi tempo di cambiare idea, comprendendo appieno che facendo così mi evitò di congelare una volta salita sul carro» (I Walked To Zion, 599).

Il conducente di quel carro di soccorso fece correre la bambina più lontano e più forte che poteva per far circolare il sangue nelle sue gambe e piedi gelati. Le salvò le gambe, e probabilmente anche la vita, permettendole di aiutare se stessa.

I nostri figli devono compiere viaggi tanto terribili e impegnativi quanto la migrazione verso l’Ovest. Devono affrontare ogni tipo di calamità lungo il cammino. Bisogna che noi irrobustiamo le loro spalle per sopportare i pesi e le loro gambe per danzare sotto il cielo stellato. Talvolta dobbiamo correre per stare al passo con la fede dei nostri figli.

In un’altra occasione in 3 Nefi, quando Cristo stava benedicendo i suoi discepoli, «il suo aspetto sorrideva su di loro e la luce del suo aspetto risplendeva su di loro» (3 Nefi 19:25).

Un aspetto sorridente indica che sei buono. I bambini stanno cercando di assomigliare a Gesù. Vogliono assomigliare a qualcuno che sorride. Vogliono essere con qualcuno che risponde loro con gioia.

Il presidente Hinckley disse: «I bambini hanno bisogno della luce del sole; hanno bisogno di felicità; hanno bisogno di essere amati e curati» («Salvate i bambini», La Stella, gennaio 1995, 66).

Questo dovrebbe essere il linguaggio dell’istruzione evangelica ai nostri figli. Qualunque sia la vostra madrelingua, imparate ad insegnare e parlare nella lingua delle preghiere del cuore e di gioiose testimonianze così che gli angeli, sia terrestri che dei cieli, possano circondarci e istruirci. Abbiamo bisogno di guide che parlino la lingua di elogio e amicizia. Abbiamo bisogno di dare continue pagelle spirituali che affermano la nostra bontà reciproca. È bene far sì che i bambini corrano più lontano che possono con le proprie forze, accrescano una loro forte testimonianza, e noi dovremmo sorridere su di loro e avvolgerli nella coperta del nostro affetto lungo tutto il grande cammino, nella lingua universale dell’amore.

Sono grata per la grande benedizione: «Ecco i [n]ostri piccoli». Mi piace ricordare che ci sono anche i bambini. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.