2010–2019
L’occasione della vita
Ottobre 2011


L’occasione della vita

Grazie al vostro servizio devoto e sacrificio volontario, la vostra missione diventerà un’esperienza santa per voi.

Una delle pietre miliari nella vita di un missionario è l’intervista finale con il suo presidente di missione. Un momento fondamentale dell’intervista è parlare di quelle esperienze che forse si ricorderanno per tutta la vita e delle lezioni chiave apprese in soli 18 o 24 mesi.

Anche se alcune di queste esperienze e lezioni possono essere ricorrenti nel servizio missionario, ogni missionario è unico, con sfide e opportunità che lo mettono alla prova secondo le sue necessità specifiche e la sua personalità.

Molto prima di lasciare la nostra casa terrena per svolgere una missione a tempo pieno, noi abbiamo lasciato i nostri genitori celesti per svolgere la nostra missione sulla terra. Abbiamo un Padre in cielo che ci conosce; conosce i nostri punti di forza, le nostre debolezze, le nostre capacità e il nostro potenziale. Egli sa di quale presidente di missione, quali colleghi, quali membri e simpatizzanti abbiamo bisogno per poter diventare il missionario, il marito, il padre e il detentore del sacerdozio che possiamo diventare.

I profeti, veggenti e rivelatori destinano i missionari sotto la guida e l’influenza dello Spirito Santo. Presidenti di missione ispirati dirigono i trasferimenti ogni sei settimane e imparano presto che il Signore sa esattamente dove vuole che ogni missionario serva.

Alcuni anni fa, l’anziano Javier Misiego, di Madrid, in Spagna, stava svolgendo una missione a tempo pieno in Arizona. A quel tempo, la sua chiamata negli Stati Uniti sembrava un po’ insolita, poiché la maggior parte dei giovani spagnoli veniva chiamata a servire nel proprio paese.

Alla fine di una riunione al caminetto di palo, a cui lui e il suo collega erano stati invitati a partecipare, l’anziano Misiego fu avvicinato da un membro della Chiesa meno attivo che era stato portato da un amico. Era la prima volta dopo anni che entrava in una cappella. Egli chiese all’anziano Misiego se, per caso, conosceva un certo José Misiego di Madrid. Quando l’anziano Misiego rispose che suo padre si chiamava José Misiego, l’uomo fece qualche altra domanda per verificare se si trattava di quel José Misiego. Quando stabilirono che stavano parlando dello stesso uomo, questo membro meno attivo iniziò a piangere. “Lui è stato l’unica persona che ho battezzato durante tutta la missione” spiegò, e descrisse quanto la sua missione, a parer suo, fosse stata un fallimento. Attribuì i suoi anni di inattività a dei sentimenti di inadeguatezza e preoccupazione, ritenendo di aver in qualche modo deluso il Signore.

L’anziano Misiego quindi descrisse ciò che il suo “presunto fallimento” come missionario aveva significato per la sua famiglia. Gli disse che suo padre, battezzato quando era un giovane adulto non sposato, si era poi sposato nel tempio; che l’anziano Misiego era il quarto di sei figli, tutti nati nell’alleanza; che tutti e tre i figli maschi e una sorella avevano svolto una missione a tempo pieno, che erano tutti attivi nella Chiesa e che quelli sposati erano stati suggellati al tempio.

L’ex missionario meno attivo cominciò a singhiozzare. Grazie ai suoi sforzi, molte vite erano state benedette e il Signore aveva mandato un anziano da Madrid fino a quella riunione al caminetto in Arizona per fargli sapere che il suo non era stato un fallimento. Il Signore sa dove vuole che ogni missionario serva.

In qualunque modo il Signore scelga di benedirci durante il corso della missione, le benedizioni del servizio missionario non cessano quando veniamo rilasciati dal nostro presidente di palo. La vostra missione è un campo di addestramento per la vita. Le esperienze, le lezioni e la testimonianza, che si ottengono grazie al servizio fedele, sono intese a fornire un fondamento incentrato sul Vangelo che durerà per tutta la vita terrena e nelle eternità. Tuttavia, vi sono delle condizioni a cui attenersi, affinché le benedizioni continuino dopo la missione. In Dottrina e Alleanze leggiamo: “Poiché tutti coloro che vorranno ricevere una benedizione dalle mie mani dovranno attenersi alla legge che è stata fissata per questa benedizione, e alle sue condizioni” (DeA 132:5). Questo principio è insegnato nella storia dell’Esodo.

Dopo aver ricevuto il suo incarico dal Signore, Mosè tornò in Egitto e condusse i figlioli di Israele via dalla schiavitù. Le piaghe, una dopo l’altra, non garantirono la loro libertà, finché non arrivò la decima, quella finale: “Quella notte io passerò per il paese d’Egitto, e percoterò ogni primogenito nel paese d’Egitto” (Esodo 12:12).

Per avere protezione dal “distruttore” (versetto 23), il Signore istruì il Suo popolo di offrire un sacrificio, un agnello “senza difetto” (versetto 5) e di conservarne il sangue. Poi disse di prendere “del sangue d’esso” e di metterlo all’entrata di ogni casa, “sui due stipiti e sull’architrave della porta” (versetto 7), con questa promessa: “E quand’io vedrò il sangue passerò oltre, e non vi sarà piaga su voi per distruggervi” (versetto 13).

“I figliuoli d’Israele andarono, e fecero così; fecero come l’Eterno aveva ordinato” (versetto 28). Offrirono il sacrificio, conservarono il sangue e lo applicarono alle loro case. “E avvenne che, alla mezzanotte, l’Eterno colpì tutti i primogeniti nel paese di Egitto” (versetto 29). Mosè e il suo popolo, secondo la promessa del Signore, furono protetti.

Il sangue usato dagli Israeliti, simbolo della futura Espiazione del Salvatore, fu il prodotto del sacrificio che essi offrirono. Nondimeno, il sacrificio e il sangue da soli non sarebbero stati sufficienti a ottenere le benedizioni promesse. Senza l’applicazione del sangue sugli stipiti della porta, il sacrificio sarebbe stato inutile.

Il presidente Thomas S. Monson ha insegnato: “Il lavoro missionario è difficile. Impegna tutte le energie e mette alla prova le capacità, domanda il massimo impegno… Nessun altro lavoro richiede ore più lunghe, devozione più grande o altrettanto sacrificio e fervide preghiere” (“Perché tutti possano udire”, La Stella, luglio 1995, 63).

Quale risultato di quel sacrificio, noi torniamo dalla missione con dei doni nostri: il dono della fede, il dono della testimonianza, il dono della comprensione del ruolo dello Spirito, il dono dello studio quotidiano del Vangelo e il dono di aver servito il nostro Salvatore; doni attentamente impacchettati in Scritture usurate, copie sciupate di Predicare il mio Vangelo, diari missionari e cuori grati. Tuttavia, come i figliuoli di Israele, la continuazione delle benedizioni associate al servizio missionario richiede l’applicazione dopo il sacrificio.

Alcuni anni fa, mentre io e la sorella Waddell presiedevamo alla Missione di Barcellona, in Spagna, durante l’intervista finale, affidavo un ultimo incarico a tutti i missionarii. Una volta tornati a casa chiedevo loro di dedicare immediatamente del tempo a esaminare le lezioni e i doni offerti loro da un generoso Padre in cielo. Chiedevo loro di elencare e di considerare in preghiera come meglio applicare quelle lezioni nella vita dopo la missione: lezioni che avrebbero influito su ogni aspetto della loro vita—scelta dell’istruzione e della carriera, matrimonio e figli, futuro servizio nella Chiesa—e, soprattutto, su chi sarebbero col tempo diventati e sul loro continuo sviluppo quali discepoli di Gesù Cristo.

Non c’è missionario ritornato per cui è troppo tardi prendere in considerazione le lezioni ricevute tramite il servizio fedele e applicarle più diligentemente. Se lo faremo, sentiremo più pienamente nella nostra vita l’influenza dello Spirito, la nostra famiglia sarà rafforzata e noi ci avvicineremo al nostro Salvatore e al Padre Celeste. In una delle passate conferenze generali, l’anziano L. Tom Perry ha rivolto questo invito: “Chiedo a voi missionari ritornati di ridedicarvi, di essere di nuovo riempiti del desiderio e dello spirito del servizio missionario. Vi chiedo di avere l’apparenza, di essere e di comportarvi come servitori del nostro Padre Celeste…Voglio promettervi che ci sono grandi benedizioni che vi attendono se continuate a spingervi innanzi con lo stesso zelo dimostrato durante la missione a tempo pieno” (“I missionari ritornati”, Liahona, gennaio 2002, 88, 89; Ensign, Nov. 2001, 77).

Ora, ai giovani uomini che devono ancora svolgere la missione a tempo pieno, leggerò il consiglio del presidente Monson alla conferenza dello scorso ottobre: “Ripeto quello che da lungo tempo ci hanno insegnato i profeti: ogni giovane uomo degno e capace deve prepararsi per svolgere una missione. Il servizio missionario è un dovere del sacerdozio, un impegno che il Signore si aspetta che noi, a cui è stato dato tanto, assolviamo” (“Ci riuniamo di nuovo insieme”, Liahona, novembre 2010, 5–6).

Proprio come per i missionari passati e presenti, il Signore vi conosce e ha un’esperienza missionaria pronta per voi. Conosce il vostro presidente di missione e la sua moglie meravigliosa, che vi ameranno come se foste figli loro e che cercheranno ispirazione e guida per voi. Egli conosce ciascuno dei vostri colleghi e sa che cosa imparerete da loro. Sa in quale area lavorerete, conosce i membri che incontrerete, le persone a cui insegnerete e le vite che influenzerete per l’eternità.

Grazie al vostro servizio devoto e sacrificio volontario, la vostra missione diventerà un’esperienza santa per voi. Sarete testimoni del miracolo della conversione mentre lo Spirito opererà per vostro tramite per toccare il cuore di coloro a cui insegnerete.

Mentre vi preparate a servire c’è molto da fare. Diventare un servitore efficace del Signore richiede di più della messa a parte, del mettere un nome su una targhetta o dell’entrare al centro di addestramento per i missionari. È un processo che inizia molto tempo prima di essere chiamati “Anziano”.

Arrivate in missione con una testimonianza personale del Libro di Mormon, ottenuta mediante lo studio e la preghiera. “Il Libro di Mormon è una prova possente della divinità di Cristo. È inoltre una prova della Restaurazione avvenuta attraverso il profeta Joseph Smith… Come missionar[i, dovete] in primo luogo avere una testimonianza personale che il Libro di Mormon è vero… Questa testimonianza dello Spirito Santo [diventerà] il fulcro del [vostro] insegnamento” (Predicare il mio Vangelo: guida al servizio missionario (2005), 107).

Arrivate in missione degni della compagnia dello Spirito Santo. Usando le parole del presidente Ezra Taft Benson: “Lo Spirito è il singolo elemento più importante in questo lavoro. Con lo Spirito che magnifica la vostra chiamata, sul campo di missione potete fare miracoli per il Signore. Senza lo Spirito, non avrete mai successo, a prescindere dai talenti e dalle capacità che possedete” (Predicare il mio Vangelo, 186).

Arrivate in missione pronti a lavorare. “Il [vostro] successo come missionar[i sarà misurato] per prima cosa dalla [vostra] dedizione nel trovare, insegnare, battezzare e confermare le persone”. Vi sarà richiesto di lavorare “tutti i giorni… con efficacia, facendo del [vostro] meglio per portare le anime a Cristo” (Predicare il mio Vangelo, 10, 11).

Ripeto l’invito rivolto dall’anziano M. Russell Ballard a un gruppo precedente di giovani uomini che si preparavano a servire: “Noi guardiamo a voi, miei giovani fratelli del Sacerdozio di Aaronne. Abbiamo bisogno di voi. Come i duemila giovani guerrieri di Helaman, anche voi siete figli spirituali di Dio e anche voi potete essere dotati del potere di edificare e difendere il Suo regno. Abbiamo bisogno che voi, come loro, siate degni di stipulare alleanze sacre. Abbiamo bisogno che voi, come loro, siate scrupolosamente obbedienti e fedeli” (“La più grande generazione di missionari”, Liahona, novembre 2002, 47).

Accettando questo invito, voi imparerete una grande lezione, come hanno fatto l’anziano Misiego e tutti coloro che hanno servito fedelmente, sono ritornati e hanno messo in pratica quanto appreso. Saprete che le parole del nostro profeta, il presidente Thomas S. Monson, sono vere: “La possibilità di svolgere il lavoro missionario per tutta la vita spetta a voi. Le benedizioni dell’eternità vi aspettano. Vostro è il privilegio di essere non spettatori, ma di partecipare attivamente al servizio reso dal sacerdozio” (La Stella, luglio 1995, 63). Rendo testimonianza che ciò è vero nel nome di Gesù Cristo. Amen.