1990–1999
Pentiamoci del nostro egoismo (DeA 56:8)
Aprile 1999


Pentiamoci del nostro egoismo (DeA 56:8)

La mitezza è la medicina giusta, poiché non si limita a nascondere l’egoismo, ma lo dissolve!

Chi più chi meno, tutti noi lottiamo contro l’egoismo. Dato che è una malattia tanto diffusa, perché dobbiamo preoccuparci? Perché l’egoismo in realtà è la malattia che ci porta all’autodistruzione. Non dobbiamo quindi stupirci se il profeta Joseph Smith dichiarò: «Che ogni sentimento egoistico sia non soltanto sepolto, ma annientato» (Insegnamenti del profeta Joseph Smith, a cura di Joseph Fielding Smith, 138). Quindi il nostro obiettivo è quello di annullare completamente l’egoismo, non semplicemente diminuirlo!

Per esempio coloro che cercano di sentirsi più realizzati indulgendo ad atti di egoismo, in effetti non fanno che svuotarsi ancora di più. Agire soltanto per soddisfare gli appetiti e le passioni è una cosa priva di senso. A prescindere da quante siano queste azioni non porteranno mai a nulla di positivo! Ogni moto di egoismo restringe il nostro universo riducendo la nostra consapevolezza o interesse verso gli altri. Ogni atto di egoismo che compiamo non ci rende persone più importanti, come alcuni sembrano pensare, ma anzi ci limita, proprio come avviene al pesce rosso nel suo vaso che ritiene di essere autosufficiente, ma dimentica che dipende da qualcuno che gli fornisce cibo e acqua fresca.

Tanto tempo fa Copernico dovette spiegare a un mondo dalle vedute ristrette che questo pianeta non era il centro dell’universo. Per gli egoisti di oggi è necessario un altro Copernico, per informarli che neanche loro sono il centro dell’universo!

I primi ben noti sintomi dell’egoismo, sono: innalzarsi a spese degli altri, assumersi il merito di imprese non compiute o esagerare il proprio ruolo, rallegrarsi quando gli altri sbagliano, soffrire per il meritato successo altrui, preferire il riconoscimento pubblico della giustezza della propria posizione invece di risolvere in privato i contrasti, approfittare di qualcuno a causa delle sue parole (vedere 2 Nefi 28:8).

Pensando soltanto a se stesso l’egoista trova facile portare falsa testimonianza, rubare e concupire, poiché nulla deve essergli negato. Non dobbiamo stupirci se è tanto facile per i governi soddisfare gli appetiti dell’uomo naturale, specialmente se le cose vanno sempre avanti nello stesso modo rassicurandolo sempre che può continuare a fare a modo suo.

L’egoismo inoltre induce l’uomo ad essere scortese, sdegnoso e pieno di sé, capace di negare agli altri i beni, le lodi e il riconoscimento necessari, passando accanto a loro senza degnarli di uno sguardo (vedere Mormon 8:39). Ciò conduce a cose peggiori, come la prepotenza, l’arroganza e la violenza.

Al contrario di quanto avviene sulla strada dell’egoismo, lungo la via stretta e angusta del Vangelo non c’è spazio per l’ira e l’arroganza. Non c’è spazio per il maltrattamento del coniuge o dei figli se nella casa c’è l’amore altruista. Inoltre l’altruismo cresce meglio nell’orto di famiglia, e allo stesso modo la nostra diligenza nello svolgere gli incarichi di chiesa che sembrano tanto semplici può aiutarci ulteriormente a vincere l’egoismo. La persona altruista è anche più libera. Come disse lo scrittore inglese G. K. Chesterton, quando proviamo interesse per gli altri, anche se essi non si interessano a noi, ci accorgeremo di vivere «sotto un cielo più libero e in una strada piena di simpatici stranieri» (Orthodoxy [1959], 21).

Nella vita quotidiana del discepolo di Gesù, alle molte occasioni di comportarsi con egoismo si contrappongono molti modi di evitarlo. La mitezza è la medicina giusta, poiché non si limita a nascondere l’egoismo, ma lo dissolve! Fra i più piccoli mezzi ci può essere quello di chiederci, prima di compiere un’azione importante: Chi in realtà sto cercando di aiutare? Oppure possiamo soffermarci a contare sino a dieci prima di agire. Questi filtri possono moltiplicare per dieci la nostra saggezza. Compiendo ogni cosa con umiltà non riusciamo ad agire con egoismo, e possiamo così osservare sia il primo che il secondo comandamento.

Un comportamento improntato alla mitezza ci consente di esprimere le nostre idee senza imporle agli altri. Piuttosto dobbiamo consentire che sia lo Spirito a ispirare gli altri ad accettarle.

Purtroppo quando le persone si comportano con egoismo per lungo tempo, l’egoismo diventa parte della loro cultura. Le società in cui prevale questo sentimento alla fine precipitano nel caos e in esse non vi è più traccia di misericordia e di amore; la perversione e l’indifferenza prendono il sopravvento (vedere Moroni 9). La società quindi comincia a rispecchiare un crescendo di disagi che rivelano un grave declino. Questo avvenne nell’antichità quando un popolo in effetti diventò «debole a causa delle sue trasgressioni» (vedere Helaman 4:26). È un principio del comportamento umano che quando la voce della minoranza diventa dominante, i giudizi di Dio e le conseguenze degli atti di egoismo si fanno sentire (vedere Mosia 29:26–27).

Il declino culturale è accelerato quando l’interesse dei pochi non è più in sintonia con i valori generali condivisi in passato da tutto il popolo. Questa tendenza è favorita dall’indifferenza o dalla permissività in una società che viene condotta lentamente giù in inferno (vedere 2 Nefi 28:21). Alcuni non si uniscono a questa corrente, ma si mettono in disparte, mentre in passato si sarebbero opposti a tale tendenza, come avrebbero il diritto di fare. Il poeta e drammaturgo irlandese Yeats deplorò questo fatto: «Le persone più virtuose non fanno nulla, mentre coloro che agiscono nella maniera più egoistica lo fanno con tanta intensità» (W. B. Yeats, «The Second Coming»).

Oggi invece dei valori tradizionali c’è una pressante richiesta di conformità, richiesta che per colmo dell’ironia è avanzata da coloro che alla fine non tollereranno coloro che in passato li hanno tollerati. Quando una società cade nell’iniquità non lo fa tutto in una volta, poiché questo allarmerebbe le persone che forse vorrebbero opporsi a questo declino. Invece la società diventa malvagia un poco alla volta, sì che quasi nessuno si rende conto del cambiamento (vedere 2 Nefi 28:21).

Queste sono alcune delle conseguenze più immediate dell’egoismo, mentre altre si fanno sentire soltanto in seguito, mettendo in pericolo la nostra eterna salvezza.

L’egoismo, in effetti, è la miccia di tutti i peccati cardinali. È il martello che spezza le tavole dei Dieci Comandamenti, portando alla mancanza di rispetto per i genitori, alla violazione della santità della domenica o a portare falsa testimonianza, uccidere e invidiare. Non dobbiamo stupirci se la persona egoista è spesso disposta a violare un’alleanza per soddisfare un appetito. Non stupiamoci dunque del fatto che coloro che in seguito erediteranno il regno teleste, dopo aver pagato il prezzo delle loro trasgressioni, sono gli adulteri e i lussuriosi impenitenti e coloro che hanno amato e propagato la menzogna.

Alcune persone egoiste ritengono che non vi sia nessuna legge divina e quindi nessuna possibilità di peccare (vedere 2 Nefi 2:13). Esse si creano un sistema etico su misura del loro egoismo. Quindi secondo il suo criterio l’egoista può fare tutto ciò che gli è possibile con la sua forza e intelligenza al fine di raggiungere il successo, poiché non c’è nulla di sbagliato (vedere Alma 30:17).

Non sorprendiamoci dunque se l’egoismo conduce a terribili errori di valutazione e di comportamento. Per esempio Caino, corrotto dalla sete di potere, disse dopo aver ucciso Abele: «Sono libero» (Mosè 5:33; vedere anche 6:15).

Una delle peggiori conseguenze dell’egoismo nella sua forma più grave è perciò la perdita del senso delle proporzioni, cosa che induce a filtrare i moscerini pur ingoiando interi cammelli (vedere Matteo 23:24). Per esempio oggi vi sono coloro che filtrano i moscerini, ma accettano l’aborto praticato quando il feto è ormai sviluppato. Non stupiamoci perciò se l’egoismo fa sembrare una semplice minestra un luculliano banchetto e trenta pezzi d’argento un vero tesoro.

Quando si consente all’egoismo di svilupparsi, accade oggi quello che accadde a un gruppo di bambini tanto tempo fa, che crebbero e si fecero forti e con gli anni divennero padroni di se stessi e «furono sviati» (3 Nefi 1:29; vedere anche v. 30). Avvengono così «nello spazio di non molti anni» cambiamenti culturali devastanti che sostituiscono alla collaborazione comunitaria un atteggiamento negativo di individualismo nella ricerca di cose frivole, senza valore (vedere Helaman 4:26).

Deciso a vivere a modo suo, l’uomo naturale spesso insiste in questo comportamento fino al punto di «non sentire più nulla» sotto l’influenza del sedativo dei piaceri offerti dalla mente carnale (vedere 1 Nefi 17:45; vedere anche Efesini 4:19). Purtroppo, come il tossicodipendente, quest’uomo ha sempre bisogno di un’altra dose.

Le persone veramente egoiste usano gli altri, ma non li amano. Gli Uriah di questo mondo stiano in guardia! (Vedere 2 Samuele 11:3–17). Alcuni secoli prima di Cristo il profeta Giacobbe rivolse questo ammonimento ai lussuriosi: «Avete spezzato il cuore delle vostre tenere mogli, e avete perduto la fiducia dei vostri figliuoli, a causa del vostro cattivo esempio davanti a loro» (Giacobbe 2:35). Quando l’amore svanisce anche i poveri e i bisognosi devono stare in guardia, poiché saranno trascurati, come avveniva nell’antica Sodoma (vedere Matteo 24:12; vedere anche Ezechiele 16:49). Per quanto possa sembrare strano, quando le persone veramente egoiste perdono il senso delle proporzioni, tutti gli altri sembrano più piccoli e insignificanti (vedere 1 Samuele 15:17).

Anche i primi sintomi dell’egoismo mostrano uno schema preciso. Quando tutti i piccoli rigagnoli dell’egoismo si uniscono per formare un fiume, la corrente trascina con sé l’egoista verso «l’abisso di infelicità e di guai senza fine» (Helaman 5:12).

Abbiamo l’obbligo di prendere nota di ogni sintomo che rivela il declino della società. Gesù ci mette così in guardia: «L’aspetto del cielo lo sapete dunque discernere; e i segni de’ tempi non arrivate a discernerli?» (Matteo 16:3) suggerendo la necessità di un diverso genere di previsioni del tempo.

Sia i capi che i seguaci sono in realtà chiamati a rendere conto di quanto accade nel declino spirituale. Nel contesto della storia naturalmente è facile criticare i cattivi capi, ma non dobbiamo con ciò esonerare da ogni responsabilità i cattivi seguaci. Altrimenti per giustificare la loro depravazione potrebbero dire che non hanno fatto altro che eseguire gli ordini, mentre il capo si limitava a dare ordini ai suoi seguaci! Invece molto di più è richiesto ai seguaci in una società democratica dove la natura dell’individuo conta tanto, sia nei capi che nei seguaci.

Il profeta Mormon con grande altruismo acconsentì a guidare un popolo che era già in pieno declino. Egli pregava per loro, ma sapeva che le sue preghiere non avrebbero avuto l’effetto desiderato a causa della malvagità del popolo (vedere Mormon 3:12). In altre occasioni un capo dotato di grande perspicacia come Giuseppe d’Egitto, distoglie un popolo da un comportamento abituale che conduce al pericolo per prepararlo ad affrontare determinate prove future (vedere Genesi 41:46–57). Pochi, come Lincoln, pur svolgendo un ruolo politico, forniscono anche una guida spirituale. Lincoln, a proposito, metteva in guardia il popolo contro gli uomini pieni di ambizione e di talento che avrebbero continuato a presentarsi alle folle «affamati e assetati di onori, volti a soddisfare le loro brame sia a danno dell’emancipazione degli schiavi che a costo della schiavitù degli uomini liberi» (citato da John Wesley Hill, Abraham Lincoln—Man of God [1927], 74; corsivo nell’originale).

Dell’altruista George Washington è stato scritto: «In tutta la storia pochi uomini che hanno posseduto un potere assoluto hanno usato tale potere con tanta gentilezza e discrezione per realizzare quello che a loro avviso era il bene dei loro concittadini e di tutta l’umanità» (James Thomas Flexner, Washington: The Indispensable Man [1984], xvi).

Il potere è al sicuro nelle mani di coloro che, come Washington, non sono amanti del potere. Una società narcisista in cui ogni persona pensa soltanto a se stessa non può favorire i sentimenti di fratellanza e di comunione. Non dobbiamo essere felici in questo giorno di Pasqua, e in ogni altro giorno dell’anno, perché Gesù non pensò soltanto a Se stesso?

Non dobbiamo stupirci che ci sia stato detto: «Non avere altri dii nel mio cospetto», e ciò comprende anche l’adorazione di se stessi! (Esodo 20:3; corsivo dell’autore). In un modo o nell’altro la persona veramente egoista alla fine incontrerà la distruzione, dopo tanti lamenti per le conseguenze del suo egoismo.

Per contrasto, a conclusione del mio discorso, voglio citare un esempio di altruismo, quello di Melissa Howes, il cui padre ancora relativamente giovane morì di cancro alcuni mesi fa. Proprio prima del decesso del genitore Melissa, che ha nove anni, disse nella preghiera familiare: «Padre celeste, benedici mio padre, e se Tu hai bisogno di lui più di noi puoi prenderlo. Lo vogliamo qui con noi, ma sia fatta la Tua volontà. E, per favore, aiutaci a non sentirci arrabbiati con Te» (Lettera di Christie Howes, 25 febbraio 1998).

Quanta devota sottomissione in un essere tanto giovane! Quale generosa comprensione del piano di salvezza! La via della sottomissione altruista sia anche la nostra via. Nel santo nome di Gesù Cristo. Amen. 9