1990–1999
Il miracolo più grande della storia umana
Aprile 1994


Il miracolo più grande della storia umana

Possono esservi degli increduli. Ma esiste un fatto nella storia dell’umanità meglio attestato della risurrezione di Gesù il mattino della prima Pasqua?

Miei amati fratelli e sorelle, aggiungo la mia testimonianza a quella dei miei Fratelli questa mattina di Pasqua. Tutta la cristianità, tutta l’umanità, oggi osserva l’anniversario del più grande miracolo della storia umana. È il miracolo che abbraccia tutti coloro che sono vissuti sulla terra, tutti coloro che ci vivono ora, e tutti coloro che ci vivranno. Nulla che sia stato mai fatto prima o dopo ha influito sull’umanità quanto l’espiazione compiuta da Gesù di Nazaret che morì sulla croce del Calvario, fu sepolto nella tomba di Giuseppe di Arimatea e il terzo giorno si levò dalla tomba come Figlio vivente del Dio vivente, Salvatore e Redentore del mondo.

Come esseri mortali tutti noi dobbiamo morire. La morte fa parte della vita eterna quanto la nascita. Se la guardiamo attraverso i nostri occhi di esseri terreni, senza comprendere il piano eterno di Dio, la morte è una fine triste e ineluttabile, un’esperienza implacabile descritta da Shakespeare come «il paese inesplorato dalle cui rive nessun viandante mai ritorna» (Amleto, Atto III, Scena 1, versi 79-80).

Ma il nostro Padre Eterno, di cui siamo figli, ci rese possibile un destino migliore tramite il sacrificio del Suo Unigenito Figliuolo, il Signore Gesù Cristo. Era una cosa che doveva accadere. Può qualcuno credere che il Grande Creatore ci avrebbe offerto la vita, il progresso e il successo, soltanto per spegnere tutto ciò nell’oblio mediante il processo della morte? La ragione dice di no. La giustizia richiede una risposta migliore. Il Dio dei cieli ne ha data una. Il Signore Gesù Cristo la fornì.

Il Suo fu il sacrificio supremo, Sua fu la sublime vittoria.

Possono esservi degli increduli. Ma esiste un fatto della storia dell’umanità meglio attestato della risurrezione di Gesù il mattino della prima Pasqua? Egli parlò con Maria che arrivò per prima alla tomba. Egli parlò con le altre donne che corsero a dirlo ai fratelli, due dei quali vennero di corsa. Apparve ai Suoi dieci apostoli, mentre Toma era assente. E poi venne di nuovo quando Toma era presente. L’incredulo, al vederlo, disse: «Signor mio e Dio mio!» (Giovanni 20:28). Parlò con i due fratelli sulla via di Emmaus, ed essi dissero: «Non ardeva il cuor nostro in noi?» (Luca 24:32). E Paolo dichiarò che Egli «apparve a più di cinquecento fratelli in una volta» (1 Corinzi 15:6).

Poi Paolo aggiunge: «E, ultimo di tutti, apparve a me» (1 Corinzi 15:8).

Tutto questo, e ancor di più, si trova nel Nuovo Testamento. Questi fatti sono le fondamenta della fede di innumerevoli milioni di persone di tutto il mondo nel cui cuore è entrata la testimonianza del Santo Spirito che ciò è vero. Essi sono vissuti in base a questa testimonianza, e per essa sono morti. Quando l’ombra oscura della morte è andata loro incontro, quando la speranza di norma sarebbe svanita, è entrata in loro la rassicurazione che «come tutti muoiono in Adamo, così in Cristo saran tutti vivificati» (1 Corinzi 15:22). In quelle ore di tenebre è esplosa una luce viva e sicura per sostenere, confortare, soccorrere.

Ma se questo non bastasse, c’è un’altra testimonianza. Questo cosiddetto Libro di Mormon, questo volume di Scritture del Nuovo Mondo, sta dinanzi a noi come ulteriore testimonianza della divinità e della realtà del Signore Gesù Cristo, della generosità della Sua espiazione che abbraccia tutti gli uomini, e della Sua risurrezione dalle tenebre della tomba. Entro queste pagine si trovano gran parte delle parole di profezia che riguardano Colui che sarebbe nato da una vergine, Figlio dell’Iddio onnipotente. C’è una predizione dell’opera che avrebbe svolto tra gli uomini come essere terreno. C’è una dichiarazione della Sua morte, dell’Agnello senza macchia che doveva essere sacrificato per i peccati del mondo. E c’è un racconto che è commovente e ispiratore e vero della visita del Cristo risorto tra gli uomini e le donne viventi in questo Emisfero Occidentale. Questa testimonianza sta qui perché la tocchiamo, sta qui affinché possiamo leggerla e ponderarla, sta qui perché possiamo pregare, per godere della promessa che colui che prega conoscerà, per potere dello Spirito Santo, la sua verità e la sua validità (vedi Moroni 10:3-5).

E ancora, se questo non bastasse, c’è la testimonianza di un profeta il cui nome è Joseph, che suggellò con il suo sangue la testimonianza del Suo Signore. Oggi celebriamo l’anniversario della Pasqua. Quest’anno commemoriamo il 150mo anniversario della morte del profeta Joseph Smith. Nell’afoso pomeriggio del 27 giugno 1844 egli e suo fratello Hyrum furono uccisi da una plebaglia armata, i cui componenti si erano anneriti il volto per nascondere la loro identità. John Taylor, che si trovava con loro in quella occasione e che rimase ferito, in seguito scrisse questo omaggio:

«Joseph Smith, il Profeta e Veggente del Signore, ha fatto più, ad eccezione del solo Gesù, per la salvezza degli uomini in questo mondo di qualsiasi altro uomo che vi abbia mai vissuto … Visse da grande e morì da grande agli occhi di Dio e del suo popolo; e come la maggior parte degli unti del Signore dell’antichità, egli ha suggellato la missione e le opere compiute col suo sangue; e così pure suo fratello Hyrum … Il loro sangue innocente … è una testimonianza della verità del Vangelo eterno che il mondo intero non può smentire» (DeA 135:3, 7).

Poiché questo è il centocinquantesimo anniversario di quel tragico evento, vorrei dire qualche parola in merito ai personaggi principali presenti a Carthage. Da una parte abbiamo Joseph, il profeta martire. Dall’altra Thomas Ford, governatore dell’Illinois, che mancando fede a una promessa provocò la tragedia di quel giorno.

Joseph Smith e Thomas Ford erano quasi coetanei. Il governatore Ford era nato in Pennsylvania nel 1800. Joseph Smith era nato nel Vermont nel 1805. Il governatore aveva cinque anni più del Profeta. Le informazioni in mio possesso riguardanti il Profeta provengono dalle fonti che tutti voi conoscete. Quelle che possiedo riguardanti il governatore provengono dai suoi stessi scritti e per la maggior parte dalla loro introduzione storica scritta da M. M. Quaife e dall’introduzione scritta dal generale James Shields alla prima edizione del libro Storia dell’Illinois di Ford. Sono in debito con la signora Doris M. Davis di Peoria per l’aiuto che mi ha dato nelle ricerche. Aggiungo questi dettagli perché sappiate che ciò che dico proviene da fonti che possono essere considerate attendibili.

Joseph Smith morì all’età di trent’otto anni nel 1844. Avrebbe compiuto trentanove anni nel dicembre successivo.

Il governatore Ford morì nel 1850, un mese prima di compiere cinquant’anni. Egli portò a termine il suo mandato di governatore nel 1846 e andò a stabilirsi nella fattoria dei suoceri, dove scrisse una Storia dell’Illinois.

Nella sua storia egli fa un resoconto assai dettagliato della morte di Joseph e Hyrum Smith. Egli conclude con questa dichiarazione riassuntiva: «Così cadde Joe Smith, l’impostore di maggior successo dei tempi moderni; un uomo che, sebbene ignorante e rozzo, possedeva grandi talenti naturali che lo qualificavano per un successo momentaneo, ma che erano talmente oscurati e controbilanciati dalla corruzione insita in lui e dai vizi della sua natura, sì che egli non avrebbe mai avuto successo nell’istituire un sistema politico che potesse sperare in un successo permanente nel futuro» (A History of Illinois, 2 voll., Edizioni Lakeside Press, Chicago, 1946, 2:213).

Questa è la valutazione di Joseph Smith fatta da Thomas Ford.

Non voglio ergermi a critico del governatore Ford. Posso soltanto compiangerlo. Lo considero una persona che seminò vento e raccolse tempesta.

Nell’aprile del 1847, quando il nostro popolo iniziò la sua lunga marcia verso l’Ovest da Winter Quarters sul Missouri fino a raggiungere la valle del Gran Lago Salato, il governatore Ford e la sua famiglia si trasferirono a Peoria, dove egli aveva intenzione di aprire uno studio legale. Leggerò ora quanto scrive Quaife:

«La storia del suo soggiorno di tre anni in quella città è una storia di estrema povertà e di rovesci. La signora Ford, colpita dal cancro, morì il 12 ottobre 1850 all’ancor giovane età di trentotto anni. Tre settimane dopo, il 3 novembre, egli la seguiva nella tomba. Lasciava cinque figli orfani, senza un soldo e in tenera età, ad affrontare il mondo come meglio avrebbero potuto. Va a credito della compassione umana il fatto che tutti furono accolti in casa da cittadini benestanti e da questi allevati in condizioni migliori di quella che il loro padre avrebbe potuto garantire loro. Durante le sue ultime settimane di vita aveva vissuto di carità, e le spese del funerale furono coperte mediante una sottoscrizione pubblica» (Ibidem, I:xxvi, xxvii).

Sia lui che sua moglie furono seppelliti nel cimitero cittadino di Peoria. I loro resti furono in seguito trasferiti nel cimitero di Springdale, dove la tomba rimase anonima sino al 1896, quando la legislatura dello Stato stanziò 1.200 dollari per il monumento funebre che segna il luogo della sepoltura.

Mi sono soffermato davanti a quel monumento e ho meditato sugli avvenimenti e sulle circostanze di cui vi ho parlato.

Dopo la morte del governatore e dopo il pagamento dei suoi debiti, rimanevano 146 dollari e sei centesimi da dividere tra i suoi cinque figli come loro eredità.

Nell’introduzione alla Storia di Ford il generale James Shields scrive: «Nel 1850, mentre era sul letto di morte, l’autore della presente opera mi mise tra le mani un manoscritto del cui contenuto ero allora completamente all’oscuro, con la richiesta che dopo la sua morte lo facessi pubblicare devolvendone i profitti alla sua famiglia. Morì poco dopo, lasciando i figli orfani in condizioni di estrema povertà». I diritti d’autore del libro ammontarono a 750 dollari, il che consentì a ognuno dei suoi cinque figli di ricevere 150 dollari come loro magra eredità materiale, oltre ai 29,61 dollari lasciati ad ognuno dal loro padre.

La figlia più grande si sposò; suo marito morì nel 1878. Ella visse sino al 1910, assistita durante gli ultimi anni da estranei. La seconda figlia si sposò, allevò una famiglia e morì a St. Louis. La figlia minore, nata nel 1841, morì di tisi all’età di ventun’anni e fu sepolta accanto ai suoi genitori. Riguardo ai due figli, leggo di nuovo quanto scrive il signor Quaife:

«Nell’autunno del 1872 Thomas [il minore] fu impiccato come ladro di cavalli nelle vicinanze di Caldwell, nel Kansas, senza processo. Due anni dopo, nel 1874, Seuel [suo fratello] e altri due fuorilegge furono impiccati allo stesso ramo di un albero nelle vicinanze di Wellington, nel Kansas, anche essi senza processo» (Ibidem, 1:xxxii). Furono sepolti in tombe anonime nelle praterie del Kansas.

Ho parlato di questi fatti per sottolineare che vi fu una tragedia per entrambe le parti che si affrontarono a Carthage. Joseph e Hyrum furono uccisi. Il governatore Thomas Ford, che aveva promesso la protezione dello Stato dell’Illinois e aveva mancato di fornirla, finì in circostanze tragiche e dolorose, morendo nella più abietta povertà e lasciando privi di mezzi i figli che per la maggior parte vissero anch’essi nella frustrazione e morirono tragicamente.

Mentre il governatore Ford scriveva la sua lugubre valutazione di Joseph Smith, un altro contemporaneo, Parley P. Pratt, scriveva la sua. Parlando a quel tempo di Joseph Smith, egli dice:

«La sua opera vivrà fino alla fine del tempo, e milioni di persone non ancora nate pronunceranno il suo nome con rispetto, come un nobile strumento nelle mani di Dio, il quale, durante la sua breve e giovanile carriera, pose le fondamenta di quel regno di cui parla Daniele, il profeta, che avrebbe distrutto tutti gli altri regni per sussistere in perpetuo» (Autobiography of Parley P. Pratt, Salt Lake City: Deseret Book Co., 1979, pag. 46).

Parley Pratt scrisse con un più sicuro senso di profezia di Tom Ford. Egli scriveva con amore, è vero, ma anche spinto da una visione di questo grande movimento teso verso il Millennio.

L’ombra degli eventi del giugno del 1844 si proietta ormai da più di un secolo e mezzo. Quell’ombra ha raggiunto una considerevole parte del mondo. La storia è chiara, e suscita ammirazione in coloro che la studiano. È una storia commovente e impressionante, un’epica senza paralleli. Due anni dopo il martirio, mentre il governatore stava scrivendo la sua storia, la maggior parte del nostro popolo lasciava Nauvoo, la loro amata città sul Mississippi. Si lasciavano alle spalle case belle e comode; si lasciavano alle spalle il loro magnifico tempio. L’esodo cominciò nel febbraio del 1846, nel gelo dell’inverno, un inverno tanto freddo da far ghiacciare il Mississippi, sì che qualcuno poté attraversarlo sul ghiaccio. Quella gente non partiva perché lo desiderava: era costretta ad andarsene, scacciata dall’acerrimo e inestinguibile odio della crudele plebaglia.

Si aprirono la strada attraverso le praterie dell’Iowa fino a raggiungere il fiume Missouri a Council Bluffs, che allora si chiamava Kanesville. Là fondarono Winter Quarters, i loro quartieri d’inverno. Durante la primavera successiva risalirono il corso del fiume Elkhorn e poi quello del Platte, attraversando quelli che sono ora il Nebraska e il Wyoming, fino a raggiungere infine il Gran Lago Salato. La Morte marciava accanto a loro. Circa seimila furono sepolti lungo il percorso, prima che fosse completata la ferrovia transcontinentale nel 1869. Qui, in queste valli tra le montagne, estirparono la salvia selvatica, combatterono i grilli, imbrigliarono l’acqua che scendeva per far fiorire il deserto. Da quel tempo sino al presente quest’opera si è propagata su tutta la terra. Oggi congregazioni di fedeli di circa centosessantacinque lingue e più di centoquaranta nazioni cantano ripetendo il tributo reso da W. W. Phelps a Joseph Smith:

«Lode all’uomo che vide Dio Padre, scelto da Cristo per la mission di iniziare gli ultimi giorni; sia riverito da ogni nazion»

I membri della Chiesa sono ormai quasi nove milioni. Soltanto l’anno scorso abbiamo stampato e distribuito più di quattro milioni e cinquecentomila copie del Libro di Mormon come un’altra testimonianza di Gesù Cristo. Migliaia di case di riunione con oltre ventunomila congregazioni e decine di bellissimi templi portano il nome della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.

Il governatore Ford non riusciva a vedere le virtù di quell’uomo il cui sangue macchiava il pavimento del piccolo carcere di Carthage. Ma un angelo del cielo anni prima aveva parlato del destino del giovane Joseph. Moroni aveva detto: «Il tuo nome sarà conosciuto tra le nazioni, poiché il lavoro che il Signore compirà mediante le tue mani farà gioire i giusti e muoverà all’ira i malvagi. Presso i primi sarà tenuto in onore, presso gli altri sarà biasimato. Tuttavia incuterà terrore nei malvagi per la grande e meravigliosa opera che seguirà la venuta alla luce di questa pienezza del mio vangelo» (Times and Seasons, 2:394-395).

Sono ormai trascorsi centocinquant’anni. Siamo grati della riconciliazione che è avvenuta. Ringraziamo Dio nostro Padre Eterno per questo periodo di maggiore tolleranza e comprensione. Abbiamo ormai alle spalle i giorni degli incendi e delle marce forzate. Il sole della buona volontà splende sul nostro popolo. La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni oggi è proprietaria del luogo in cui avvenne il martirio, il carcere di Carthage, e dell’isolato in cui si trova. Il carcere è stato restaurato per farne un luogo bello e interessante per decine di migliaia di visitatori provenienti da molte nazioni. Nauvoo è un simbolo di buona volontà, il reperto di una storia straordinaria. Il sito su cui una volta si ergeva un bellissimo tempio è diventato oggetto di riverente curiosità. Oggi là c’è un palo di Sion che porta il nome di Nauvoo. E a nord di Chicago c’è un tempio bello e splendente in cui si celebrano le ordinanze di salvezza per il beneficio dei figli e delle figlie di Dio di ogni generazione, lavoro che fu istituito tramite il sacerdozio rivelato al profeta Joseph Smith, lavoro che estende alle generazioni del passato le meravigliose possibilità offerte dall’espiazione del Salvatore dell’umanità.

In un’altra occasione Joseph era stato imprigionato in un’altro carcere, a Liberty, nel Missouri. Dallo squallore di quel fetido luogo egli gridò:

«O Dio, dove sei? E dov’è la tenda che ricopre il Tuo nascondiglio?»

In risposta a quella invocazione venne questa straordinaria promessa:

«Le estremità della terra chiederanno il tuo nome, e i folli ti derideranno e l’inferno si scatenerà contro di te;

Mentre i puri di cuore, i saggi, i nobili e i virtuosi cercheranno costantemente consiglio, autorità e benedizioni dalle tue mani.

E il tuo popolo non si rivolgerà mai contro di te per la testimonianza dei traditori» (DeA 121:1-3).

Io e voi siamo testimoni dell’ adempimento di queste straordinarie parole profetiche. Le parole che dico in questo momento sono ascoltate in migliaia di sale sparse in questa e in altre nazioni. Questo è soltanto un piccolo segno dell’adempimento di quella promessa. E sono certo che quello che vediamo oggi è soltanto una prefigurazione di ciò che il futuro ha in serbo. Joseph Smith fu uno strumento nelle mani del Signore per istituire la Sua opera, restaurata in questa dispensazione della pienezza dei tempi. Egli morì a testimonianza del Salvatore dell’umanità. La Chiesa che fu istituita per suo tramite porta il nome del Redentore del mondo.

Dopo una visione meravigliosa avuta negli anni della sua giovinezza il profeta Joseph scrisse queste parole che confermano la verità di quella mattina della prima Pasqua e di Colui al quale attinse tutta la sua ispirazione come profeta di questa grande dispensazione degli ultimi giorni. Egli disse:

«Ed ora, dopo le numerose testimonianze che sono state date di Lui, questa è l’ultima testimonianza che noi portiamo di Lui, l’ultima di tutte: ch’Egli vive!

Lo vedemmo infatti alla destra di Dio; e noi udimmo la voce dare testimonianza che Egli è il Figlio Unigenito del Padre –

Che da Lui, e per Lui, e in Lui i mondi sono e furono creati, e i loro abitanti sono generati figli e figlie di Dio» (DeA 76:22-24).

E così, in questa domenica di Pasqua, noi portiamo testimonianza del Redentore del mondo, di Colui che nacque come Unigenito Figliuolo del Padre, di Colui che andava attorno facendo del bene nell’esercizio del Suo divino potere, di Colui che morì sulla collina del Calvario, di Colui che si levò dalla tomba per diventare la primizia della Risurrezione. Noi portiamo testimonianza della verità delle parole degli Apostoli e degli altri testimoni dell’antichità. Noi ribadiamo inoltre la verità della testimonianza del grande veggente e rivelatore di questa dispensazione, il profeta Joseph Smith, che centocinquant’anni fa dette la sua vita come testimone del Redentore risorto. E per il potere dello Spirito Santo noi portiamo la nostra personale testimonianza che Colui che fu messo a morte sulla collina del Calvario si levò dalla morte, il nostro Salvatore, il Cui sacrificio rese possibile il dono della vita eterna a tutti coloro che osservano i Suoi comandamenti. Nel nome di Gesù Cristo, nostro Redentore. Amen. 9