1990–1999
Il maturo amore di un fanciullo
Aprile 1994


Il maturo amore di un fanciullo

L’amore sincero ci porta l’amore degli altri. E questo amore corrisposto ci dà fiducia, sostegno e un sentimento di incredibile sicurezza.

L’argomento di cui voglio parlarvi oggi si incentra su tre dichiarazioni fatte dal Salvatore durante la sua permanenza sulla terra. Quando Gli fu chiesto di definire quale fosse «il comandamento primo fra tutti», Egli rispose: «Ama dunque il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la mente tua e con tutta la forza tua» (Marco 12:29, 30). Pertanto l’obbedienza a questo comandamento deve diventare la nostra più alta priorità. Tutti i nostri sforzi devono rivelare il nostro amore per il Padre celeste.

Gesù spiegò che vi sono molti modi di dimostrare l’amore che dobbiamo sentire per Lui e per il nostro Padre celeste; ma volle descriverli concisamente con questa semplice dichiarazione: «Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti» (Giovanni 14:15).

Poi il Salvatore aggiunse un’altra breve dichiarazione, assai facile da comprendere: «Amatevi gli uni gli altri» (Giovanni 13:34). Il nostro amore per Dio e Gesù Cristo e per il nostro prossimo deve dettare tutto quello che facciamo e sentiamo. L’amore sincero che doniamo ci porta l’amore degli altri. E questo amore corrisposto ci dà fiducia, sostegno e un sentimento di incredibile sicurezza. Il bambino si rifugia automaticamente tra le braccia della madre cercando amore e protezione presso colei che gli ha dato la vita. Questo genere innato di amore sembra costituire un esempio del comandamento di amarci gli uni gli altri. L’amore per gli altri sembra un elemento naturale nei bambini. E sembra innata in loro anche l’aspettativa di essere amati dagli altri.

Notai in modo particolare questa tendenza ad amare tipica dei bambini durante il mio primo viaggio in Romania. Lo ricordo vividamente. Io e mia moglie facemmo visita a vari istituti insieme ai missionari che lavoravano in quel paese. In un orfanotrofio vedemmo una stanza lunga e stretta con le pareti di vetro nella quale stavano giocando una ventina di bambini di circa tre anni. Essi trascorrevano la maggior parte delle ore diurne giocando da soli e con gli altri, evidentemente senza la partecipazione degli adulti. Chiesi alla direttrice se potevo aprire la porta e prendere qualche fotografia. Ella acconsentì. Quando aprii la porta molti bambini si precipitarono fuori. Ricordai i giorni della mia fanciullezza quando, in modo molto simile, osservavo le mucche o i cavalli che si precipitavano verso la libertà non appena si aprivano le porte dei recinti. Questi bambini tuttavia non stavano correndo verso la libertà: avevano invece fame di amore. Subito alcuni di loro ci afferrarono per le gambe, cercando di raggiungere quell’amore che tanto era mancato loro. Avrò sempre viva nella mente la fotografia che ho scattato a mia moglie mentre tiene stretto tra le braccia uno di quei bambini. Quei piccoli volevano soltanto essere amati e amare a loro volta. Quei piccoli e gli altri bambini del mondo sembrano nascere dotati di questo irresistibile desiderio e capacità.

Ma a mano a mano che cresciamo qualcosa sembra interferire con questo sentimento. Sembra diventare sempre più difficile donare e ricevere con naturalezza un amore sincero, come avviene naturalmente nei bambini. Il Signore non disse solo di amarci gli uni gli altri, ma volle far precedere questa esortazione dalle seguenti parole: «Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri». Poi insegnò il genere di amore che dovevamo nutrire aggiungendo: «Com’io v’ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri» (Giovanni 13:34).

Spesso mi sono chiesto: perché a noi adulti si deve comandare di fare quello che viene naturale ai bambini? Forse questo è il motivo per cui Cristo disse che ognuno di noi deve sforzarsi di diventare come un piccolo fanciullo, «perché di tali è il regno dei cieli» (Matteo 19:14).

Il regno dei Cieli che ci sforziamo di raggiungere può cominciare subito conducendo una vita celeste quaggiù. Possiamo sviluppare il maturo amore di un fanciullo. Il presidente David O. McKay disse:

«Non conosco nessun luogo sulla terra oltre alla casa in cui si possa trovare più felicità in questa vita. È possibile fare della casa un angolo di cielo. Infatti mi immagino il cielo come una continuazione della casa ideale. Qualcuno ha detto: ‹Una casa piena di gioia è una delle più grandi speranze di questa vita›» (Conference Report, aprile 1964, pag. 5; oppure Improvement Era, giugno 1964, pag. 520).

In che modo possiamo fare della nostra casa la casa ideale e il bel preludio al cielo? Credo che possiamo cominciare osservando l’ ammonimento del Salvatore a obbedire ai Suoi comandamenti e a farlo specificamente entro le pareti della nostra casa. Marito e moglie – padre e madre – danno l’esempio in tutto quello che avviene nella casa. Si spera anzi che il rapporto coniugale sia iniziato davanti a un sacro altare in un sacro tempio. Lì essi si inginocchiano, sapendo di essere entrambi degni di questo sacro privilegio. Essi sono preparati e desiderosi di stringere le sacre alleanze – di mettere il coniuge e l’obiettivo di trovarsi insieme in cielo al primo posto nella vita. L’egoismo deve essere messo da parte. Essi danno vita a una società – una società a pari diritti – che deve durare in eterno.

Durante gli ultimi anni sono venuto a conoscenza di troppi casi in cui particolarmente l’uomo ha cercato di dominare e di esercitare un dominio ingiusto, semplicemente perché si è convinto che questo è il suo ruolo di maschio. Alcuni, sbagliando, asseriscono che questo è giusto perché detengono il sacerdozio. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. La sacra dichiarazione contenuta nella sezione 121 di Dottrina e Alleanze smentisce questo concetto errato. Questo passo delle Scritture dice chiaramente che:

«Nessun potere o influenza può o dovrebbe essere mantenuto in virtù del sacerdozio, se non per persuasione, per longanimità, per gentilezza e mansuetudine, e con amore sincero;

Per bontà e conoscenza pura, che eleveranno grandemente l’anima senza ipocrisia e senza frode –

Rimproverando immediatamente con severità, quando ispirato dallo Spirito Santo; ed in seguito mostrando un sovrappiù di amore verso colui che avrai ripreso, per timore che ti prenda per un nemico suo;

Affinché sappia che la tua fedeltà è più forte delle corde della morte» (DeA 121:41-44).

Al contrario, l’uomo egoista e prepotente si fa beffe delle parole che ci chiedono di rimproverare «immediatamente con severità». È vero invece che egli rimprovera con severità, spesso alzando la voce, pronunciando parole e frasi volgari, forse punteggiate da degradanti percosse o da altro genere di maltrattamenti. Egli è dimentico dell’espressione qualificante che dice: «quando ispirato dallo Spirito Santo». Nessun maltrattamento ha la sanzione del cielo, e meno che mai ne ha origine. Quest’uomo sembra anche aver dimenticato che non molto tempo fa si è inginocchiato davanti a un sacro altare nel tempio e si è impegnato con la sua dolce compagna e con Dio a osservare tutti i comandamenti del Signore. Nessun uomo – e in particolare colui che detiene il sacerdozio – ha il diritto di trattare crudelmente una donna, e in particolare la moglie con la quale spera di condividere la gioia eterna. Certamente il dominio ingiusto non può essere scusato con l’errata nozione che il permesso di esercitarlo proviene dalla sua qualifica di marito, di capo famiglia e, in particolare, sotto lo scudo o l’autorità del sacerdozio. Le Scritture indicano chiaramente che quando si abusa di questa autorità, l’autorità del sacerdozio viene ritirata (vedi DeA 121:34-37).

L’anziano Russell M. Ballard, membro del Quorum dei Dodici, ha sottolineato questo fatto nella conferenza dell’ottobre scorso:

«L’uomo che richiede gli speciali poteri del cielo per i propri fini egoistici e cerca di usare il sacerdozio con un qualsiasi grado d’ingiustizia nella Chiesa o nella casa, semplicemente non capisce la natura della sua autorità. Sacerdozio significa servizio, non servitù, compassione, non costrizione, cura, non controllo. Coloro che pensano altrimenti operano fuori dei parametri dell’autorità del sacerdozio.

Fortunatamente la maggior parte dei nostri padri e dirigenti del sacerdozio guidano con amore, proprio come fanno la maggior parte delle nostre madri e i dirigenti delle organizzazioni ausiliarie. Una guida basata sull’amore esercita un potere incredibile. È reale e porta a risultati duraturi nei figli del nostro Padre» (La Stella, gennaio 1994, pag. 90).

Paolo spiegò succintamente: «Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (Efesini 5:25). Quando tra i coniugi esiste il vero amore, essi desiderano donarsi l’un l’altro e vivere l’uno per l’altro, come Cristo donò Se stesso. Noi ci doniamo l’un l’altra ogni giorno quando ci sforziamo di renderci reciprocamente felici. Allora ci liberiamo di ogni pensiero egoistico e non pensiamo più alle nostre necessità personali; allora pensiamo veramente non soltanto a quello che avviene quaggiù, ma anche all’aldilà. Il Salvatore ha impartito questi insegnamenti: «Se un uomo sposa una donna mediante la mia parola, che è la mia legge, e secondo la nuova ed eterna alleanza … e se voi rimanete fedeli alla mia alleanza … sarà fatto loro in ogni cosa tutto ciò che il mio servitore ha promesso loro, nel tempo e per tutta l’eternità; e ciò avrà pieno vigore quando sono fuori del mondo; ed essi passeranno accanto agli angeli e accanto agli dei che sono là preposti per entrare nella loro esaltazione e gloria in ogni cosa, come è stato suggellato sulle loro teste, gloria che sarà una pienezza ed una continuazione dei loro posteri in eterno» (DeA 132:19). Queste sono le grandi e meravigliose benedizioni dell’esaltazione, della gloria e della vita eterna. Queste benedizioni vengono suggellate su di noi soltanto nei sacri templi. Esse possono davvero essere nostre. Davanti a questa eterna prospettiva soltanto pensieri e azioni affettuosi devono esistere nelle nostre case, dove ci aiutiamo reciprocamente a percorrere la strada che porta all’esaltazione. Questa prospettiva non soltanto ci prepara per l’eternità, ma rende più felice e più produttiva la nostra vita attuale quaggiù.

Ho osservato i Fratelli, coloro che conoscono i diritti del sacerdozio e le implicazioni dell’eternità forse più chiaramente di chiunque altro. Ho veduto come parlano e trattano le loro mogli. Essi ci danno un esempio di amore, di rispetto e di gentilezza che faremo bene a emulare.

I bambini imparano a emulare il comportamento dei genitori. Se i genitori onorano la santità della domenica, se vanno in chiesa, se servono fedelmente nelle loro chiamate senza criticare i dirigenti, se osservano la Parola di Saggezza, se pagano volentieri la decima e le offerte, se rispettano le alleanze che hanno stipulato nel tempio, se osservano e insegnano gli altri comandamenti, i loro figli edificheranno su fondamenta sicure. In futuro i loro figli e figlie tratteranno le loro mogli e i loro mariti come hanno veduto trattarsi l’un l’altro i loro genitori. Possiamo davvero fare della nostra casa un angolo di cielo quaggiù, come disse il presidente McKay. Prepareremo anche il terreno perché siano tali anche le case dei nostri figli.

Amo tanto mia moglie Marilyn, e sono tanto grato di avere lei, per gli anni che abbiamo trascorso insieme e per l’amore che ella mi dà in tanti modi. È una meravigliosa moglie, madre e nonna e una fedele ancella del Signore a buon diritto. Le mie preghiere quotidiane sono piene di sentimenti di gratitudine per lei e di invocazioni perché io possa essere per lei il genere di marito che devo e voglio essere. Sono grato per i nostri figli e per i nostri nipoti, e per l’amore che tutti sentiamo l’uno per l’altro.

Porto la mia testimonianza che Dio vive e che Gesù Cristo vive. So che se Li ameremo, osserveremo i comandamenti e ci ameremo reciprocamente – in particolare tra marito e moglie e tra genitori e figli – saremo più felici in questa vita e staremo più al sicuro per l’eternità. Sono grato per questi grandi Fratelli che ci guidano, e porto testimonianza delle loro sacre chiamate. Sono umilmente grato per la possibilità che mi è data di servire insieme con loro. Prego per loro e per ognuno di voi. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.